Diabete in 1 casa italiana su 8. Curarsi costa troppo per il 30% delle famiglie
Sono i primi risultati della ricerca DAWN2. Otto persone su 10 che hanno un familiare malato di diabete provano “ansia”. Una famiglia su 4 denuncia che il proprio familiare con diabete ha subìto discriminazioni a causa della malattia. Al via il progetto “Il diabete vede te, tu non vedi il diabete”.
13 DIC - Sono circa 3 milioni in Italia le persone con diabete. Questo vuol dire che 1 famiglia su 8 ha almeno un congiunto con la malattia e deve affrontare il problema diabete: un vero e proprio fardello dal punto di vista psicologico, finanziario ed emotivo. Che il diabete stia diventando un serio problema sociale, in Italia come in tutto il mondo, lo confermano i dati dello studio internazionale DAWN2 (Diabetes Attitudes Wishes and Needs) realizzato con il contributo non condizionato di Novo Nordisk e i cui risultati sono stati presentati ieri a Roma presso la sede della Fondazione Censis.
“Si tratta dell’indagine più ampia mai svolta, con lo scopo di fotografare e interpretare il mondo del diabete dal duplice punto di vista della persona e del medico, per evidenziare in particolare l’impatto della malattia sulla vita di tutti i giorni e il rapporto della persona con diabete con le strutture sanitarie e sociali, pubbliche e private. L’obiettivo dichiarato del DAWN2 è quello di spingere le Istituzioni dei vari Paesi a costruire modelli di sanità centrati sulla persona”, spiega Marco Comaschi, coordinatore per l'Italia dello studio DAWN2.
Lo studio ha coinvolto oltre 15.000 tra persone con diabete, familiari e operatori sanitari (medici, infermieri, dietisti), intervistati in 17 Paesi di 4 continenti. In Italia è stato condotto sotto l'egida dell'Associazione Parlamentare per la promozione e la tutela del diritto alla prevenzione e in collaborazione con il Comitato per i diritti della persona con diabete, Diabete Italia, Italian Barometer Diabetes Observatory e Consorzio Mario Negri Sud.
“È il primo studio di queste dimensioni che ponga particolare attenzione agli aspetti psicosociali della gestione del diabete, coinvolgendo non solo le persone con la malattia, ma tutti coloro che hanno a che fare con il diabete, familiari per primi. E i dati emersi sono preoccupanti”, afferma Massimo Massi Benedetti, Presidente del Comitato scientifico DAWN Italia.
“I risultati dello studio DAWN2 mettono in evidenza innanzitutto il peso psicologico che grava sui familiari di chi ha il diabete”, spiega Antonio Nicolucci, coordinatore data analysis board dell’Italian Barometer Diabetes Observatory e Responsabile Dipartimento farmacologia clinica ed epidemiologia del Consorzio Mario Negri Sud, centro scelto per elaborare e analizzare i dati provenienti dai vari Paesi.
In Italia infatti l’80% dei componenti delle famiglie si dichiara “ansioso” per il fatto che il proprio congiunto con diabete possa sviluppare gravi complicanze legate alla malattia. Dato di gran lunga superiore alla media riscontrata negli altri Paesi oggetto dell’indagine, che si assesta intorno al 60%. Anche la paura che il proprio familiare in cura con l’insulina possa avere un episodio di ipoglicemia notturna è molto sentita in Italia (69%) come nel resto del mondo (66%). La persona con diabete “sente” e vive questa preoccupazione; infatti 1 su 3 riporta che i familiari discutono con loro e si intromettono nella gestione della malattia.
Altri dati rivelano che anche dal punto di vista finanziario la malattia pesa sulle famiglie: oltre il 30% riscontra che il diabete ha un impatto finanziario negativo sulla famiglia. Da non trascurare l’aspetto sociale, che pare preoccupare molto gli italiani: 1 su 4 ha sperimentato che il proprio familiare con diabete ha subito discriminazioni a causa della malattia e che la comunità in cui vive è intollerante, contro 1 su 5 della media internazionale.
Infine, l’ultimo dato emerso riguarda il coinvolgimento dei familiari: il 79% dichiara di non aver partecipato a programmi educativi sul diabete, nonostante il 70% dei medici creda che il coinvolgimento dei familiari sia una parte importante nella cura della malattia.
"Lo studio dei determinanti sociali e della qualità di vita della persona con diabete appare oggi la strada percorribile per affrontare questa patologia e la cronicità in genere non solo come condizione clinica, ma come fattore socio-sanitario sul quale intervenire", commenta Renato Lauro, Rettore dell’Università di Roma Tor Vergata e Presidente dell’Italian Barometer Diabetes Foundation.
“I risultati dello studio DAWN2 mettono in evidenza alcune lacune ancora presenti nel processo assistenziale”, aggiunge Umberto Valentini, presidente di Diabete Italia. “Come già avviene nel caso di altre malattie come il morbo di Alzheimer e la malattia psichiatrica, emerge un forte disagio sociale correlato al diabete, un disagio che coinvolge soprattutto le famiglie. Il rischio è che possa aumentare. In un clima di recessione economica come quello che stiamo vivendo in questo momento, i governi stanno rivalutando le proprie politiche di cassa. È importante che queste manovre non facciano ricadere tutto il peso della malattia sulle famiglie”, conclude Valentini.
L’educazione e l’informazione possono fare molto in tal senso. “Il diabete rappresenta una patologia silente che è ancora poco conosciuta, spesso sottovalutata, e la non conoscenza del problema è il maggior alleato nell’avanzare pandemico della malattia”, dice Giuseppe De Rita, presidente della Fondazione Censis. “Bisogna tuttavia impegnarsi per arrivare al ‘cuore’ del problema: partire dall’informazione per poi affrontare in termini corretti il tema della prevenzione, questo perché il diabete vede noi ma noi non siamo in grado di vedere il diabete”.
Proprio dall’attenzione agli aspetti sociali della malattia, all’interno del progetto DAWN2, nasce l’iniziativa “
Il diabete vede te, tu non vedi il diabete” presentata oggi a Roma, in collaborazione con Diabete Italia e Censis, con il contributo non condizionato di Novo Nordisk. Progetto che, come sottolineato da Ketty Vaccaro, responsabile welfare e salute del Censis, vede coinvolto anche l’istituto di ricerca sociale e “parte dalla consapevolezza che, soprattutto in una fase in cui l’attenzione è centrata sulla compatibilità economica del Ssn, l’unica strategia per affrontare efficacemente una malattia come il diabete, che rappresenta in qualche modo un archetipo dell’impatto epidemiologico dell’invecchiamento, in termini di cronicità e bisogni socio-sanitari, è proprio la prevenzione. E’ fondamentale che questa diventi un obiettivo reale di politica, e non solo sanitaria, in grado di fare leva sull’importanza che ormai gli italiani attribuiscono allo stile di vita sano come fattore determinante della buona salute, ma soprattutto accompagnando i cittadini che hanno minori strumenti economici e culturali in concreti percorsi di responsabilizzazione sanitaria.”
Grandi attese, infine, derivano anche dal Piano nazionale diabete che, dopo molti anni, è stato approvato la scorsa settimana in Conferenza Stato-Regioni. Uno strumento attraverso il quale si dovrebbe ottenere un incisivo intervento sulla prevenzione della malattia e un netto miglioramento dell’assistenza. Il Piano si propone di ridurre l’impatto del diabete, limitando anche le ripercussioni sulla qualità della vita per la persona e la sua famiglia. “Gli obiettivi della persona con diabete e del Sistema sanitario coincidono”, spiega Paola Pisanti, presidente della Commissione nazionale diabete presso il Ministero della Salute, aggiungendo che “una persona con diabete meglio assistita, maggiormente resa consapevole della sua situazione e responsabilizzata, quindi in definitiva meglio curata, avrà sicuramente maggiore salute, ma anche migliore qualità della vita sua e della sua famiglia. Il Sistema sanitario deve porsi l’obiettivo di erogare insieme alle cure, le conoscenze e le attitudini necessarie e con questo piano lo stiamo facendo”.
13 dicembre 2012
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