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Cambiamento climatico e inquinamento atmosferico, due facce della stessa medaglia

di Alessandro Miani

È tempo di agire, non possiamo attendere oltre per prendere seriamente in considerazione il problema ed affrontarlo al meglio delle nostre possibilità, con soluzioni evidence-based, economicamente sostenibili e socialmente accettabili

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L’estate 2022 è stata la stagione più calda registrata in Europa negli ultimi decenni e il mese di giugno 2023, con mezzo grado in più rispetto alla media degli ultimi trent’anni, ha registrato il picco di caldo e il record mai registrato da un osservatorio meteorologico. Uno studio appena pubblicato dall’Istituto di Salute Globale di Barcellona su Nature Medicine, stima in 61.672 le morti premature dovute all’ondata di calore dell’estate 2022 in 35 paesi europei, con l’Italia al primo posto (18.010 decessi). Più del 60% dei decessi dovuti al caldo estremo, registrati dallo studio dell’ISGGLOBAL, si sono verificati oltre gli 80 anni di età e l’Italia è il paese che in Europa vanta non solo la più elevata percentuale di grandi anziani rispetto alla popolazione generale (il 6,5% degli italiani ha più di 80 anni), ma anche il più alto numero di ultraottantenni, vale a dire oltre 3 milioni e mezzo di persone. Il cambiamento climatico aumenta la frequenza e l’intensità delle ondate di calore ed il ristagno dell’aria, con conseguenti ripercussioni in termini di aumento non solo dei livelli dell’ozono, e quindi dello smog fotochimico, ma anche dei livelli di particolato atmosferico, di per sé impattanti sulla mortalità.

Solo in Italia l’Agenzia Europea per l’Ambiente stima 66.000 morti premature l’anno dovute alle polveri sottili e agli ossidi di azoto, inoltre, le concentrazioni di polveri sottili sono in media di 2,6 µg/m3 più elevate nei giorni di stagnazione dell’aria. Le temperature più elevate e la mancanza di precipitazioni che caratterizzano i sempre più lunghi periodi siccitosi determinano un aumento del rischio di incendi, che sono a loro volta una delle principali sorgenti del particolato atmosferico, con effetti visibili anche centinaia di chilometri dal sito d’incendio. Ci sono poi le tempeste di polveri, che portano nel Mediterraneo grandi quantità di particolato atmosferico e che aumentano d’intensità e frequenza all’aumentare dell’inaridimento del suolo e dell’abbassamento della falda acquifera causato dal riscaldamento globale e dall’incontrollato emungimento per attività umane. Gli studi condotti dai ricercatori di Barcellona hanno anche evidenziato che ben 43.000 decessi annui per tutte le cause potrebbero essere evitati in Europa semplicemente garantendo l’accesso agli spazi verdi, secondo le linee guida OMS: circa mezzo ettaro entro 300 metri di distanza da ciascuna abitazione; mentre ulteriori 10.000 morti premature sarebbero evitate con il solo incremento del bike sharing di un fattore pari al 24%, come da stime calcolate su 167 città europee (su un totale di 75 milioni di persone).

I cambiamenti climatici nella storia del Pianeta sono in atto da milioni di anni ma il riscaldamento climatico a cui assistiamo da circa 150 anni è anomalo perché innescato dalle attività umane. Con la rivoluzione industriale l’uomo è stato responsabile della produzione di milioni di tonnellate di anidride carbonica e altri gas serra che hanno portato la quantità di CO2 presente in atmosfera al doppio rispetto ai minimi degli ultimi 700 mila anni. Si chiama effetto serra antropico e si aggiunge all’effetto serra naturale. Inquinamento atmosferico e cambiamento climatico sono quindi strettamente collegati tra loro ed il meccanismo che si instaura è duplice: le variazioni delle condizioni meteorologiche, dovute ai cambiamenti climatici, possono alterare il trasporto, la dispersione, la deposizione e la formazione di inquinanti nell’atmosfera e la loro ricaduta al suolo. Inquinanti che a loro volta interagiscono con i gas serra potenziandone gli effetti e accelerano, come nel caso delle polveri, lo scioglimento dei ghiacciai, riducendone la capacità di riflessione dei raggi solari.

Inquinamento atmosferico e cambiamenti climatici rappresentano gravi rischi per la salute pubblica e necessitano di politiche integrate volte a contrastarli ed a mitigarne gli effetti, soprattutto nel bacino del Mediterraneo ed in Italia in particolare, considerati hot-spot mondiali del riscaldamento globale, con vantaggi ottenibili sostanzialmente maggiori rispetto ai costi necessari alla loro attuazione. Le attività antropiche proprie degli insediamenti urbani (combustioni per il riscaldamento degli edifici, traffico veicolare, centrali termoelettriche, industria, zootecnia e agricoltura) sono i principali responsabili dell’immissione in atmosfera di sostanze inquinanti che alterano la qualità dell’aria, sia di natura primaria, cioè direttamente emessi dalle sorgenti, quali SO2, NO2, CO, benzene (C6H6), benzo(a)pirene, sia di natura secondaria, cioè che possono formarsi in atmosfera dalle interazioni con altri inquinanti, quali il particolato fine (PM10 e PM2.5), e l’ozono troposferico (O3). Negli strati bassi dell'atmosfera, la cosiddetta "troposfera", l’ozono è presente in basse concentrazioni, tranne nelle aree in cui la presenza di alcuni inquinanti chimici, in concomitanza di fattori meteo-climatici favorevoli (alte temperature estive), può indurne la formazione con conseguente aumento della concentrazione.

Al livello del suolo la molecola di ozono si forma quando altri inquinanti, principalmente ossidi di azoto e composti organici volatili, reagiscono a causa della presenza della radiazione solare. Le sorgenti di questi inquinanti detti "precursori" dell'ozono sono di tipo antropico (i veicoli a motore, le centrali termoelettriche, le industrie, i solventi chimici, i processi di combustione, etc.) e di tipo naturale, quali boschi, foreste ma anche giardini e parchi urbani, che emettono terpeni, sostanze organiche volatili molto reattive. Le concentrazioni di ozono sono influenzate da diverse variabili meteorologiche come l'intensità della radiazione solare, la temperatura, la direzione e la velocità del vento che determinano sistematiche variazioni stagionali nei valori di ozono. Nei periodi tardo-primaverili ed estivi, le particolari condizioni di alta pressione, elevate temperature e scarsa ventilazione, favoriscono il ristagno e l'accumulo degli inquinanti. Il forte irraggiamento solare innesca una serie di reazioni fotochimiche che determinano concentrazioni di ozono più elevate rispetto al livello naturale, compreso tra i 20 e gli 80 microgrammi per metro cubo di aria. I valori massimi sono raggiunti nelle ore più calde della giornata, dalle 12 alle 18, per poi scendere durante le ore notturne.

La dinamica di formazione dell'ozono e degli altri inquinanti fotochimici è tale per cui grandi masse d'aria possono spostarsi anche a decine o centinaia di chilometri di distanza dalle fonti di emissione degli inquinanti precursori. Se cerchiamo refrigerio nei parchi o nei giardini cittadini durante le ore più calde ed in presenza di smog, bene verificare che le essenze verdi sotto cui passeggiamo o riposiamo non siano pini, abeti, larici o altri alberi resinosi. Tra gli effetti acuti derivanti dall’esposizione all’ozono si devono ricordare le irritazioni agli occhi, al naso, alla gola e all'apparato respiratorio, un senso di pressione sul torace e la tosse.

I rischi per la salute dipendono dalla concentrazione di ozono presente e dalla durata dell'esposizione. In caso di sforzi fisici l'azione irritante risulta più intensa e le prestazioni fisiche possono diminuire. Le più recenti indagini scientifiche mostrano inoltre che lo smog estivo ed il forte inquinamento atmosferico possono portare ad una maggiore predisposizione ad allergie delle vie respiratorie. In ogni caso occorre ricordare che gli effetti dell'ozono sono contraddistinti da grandi differenze individuali e gli eventuali disturbi sanitari non hanno carattere cumulabile, ma tendono a cessare con l'esaurirsi del fenomeno di concentrazione acuta di ozono. Le sostanze inquinanti emesse in atmosfera dalle attività antropiche sono responsabili di diversi problemi ambientali: piogge acide, effetto serra, impoverimento dell'ozono stratosferico, degrado della qualità dell'aria.

Nello specifico, l’inquinamento atmosferico è considerata la prima emergenza sanitaria di origine ambientale al mondo con oltre 7 milioni di morti l’anno, di cui 400mila in Europa e circa 80mila in Italia, primo paese UE per morti premature dovute alla cattiva qualità dell’aria. L’inquinamento atmosferico è anche il primo fattore di rischio ambientale in termini di Disability-Adjusted Life Year (DALY), indicatore utilizzato dall’OMS, risultante dalla somma degli anni di vita persa per morte prematura rispetto all’aspettativa di vita e degli anni vissuti con l’invalidità causata dalla malattia. Le stime elaborate con la metodologia usata dall’OMS, attribuiscono ad esempio al PM2.5 in Italia più di trentamila decessi l’anno, pari il 7% di tutte le morti (esclusi gli incidenti). Le ricadute economiche in costi sanitari diretti dovute all’inquinamento atmosferico sono state calcolate dagli economisti della Commissione Europea ed incidono mediamente per il 10% del PIL di ogni Stato membro.

Considerati i tempi necessari per attuare una transizione energetica ed ecologica adeguata a contrastare gli effetti del cambiamento climatico e dell’inquinamento atmosferico, e considerata la scarsità di piante nei vivai italiani ed europei, utili, secondo scienza, a contenere l’effetto delle Isole di Calore Urbano e di mitigazione degli inquinanti aerodispersi, come SIMA abbiamo suggerito al Governo ed ai Ministeri competenti di attivarsi con una Mitigation Action su larga scala, a partire dalla Pianura Padana, l’area più inquinata d’Europa anche secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, che preveda l’implementazione di coating fotocatalitici al biossido di titanio a base etanolo, che hanno dimostrato in numerosi studi scientifici la capacità di ridurre gli inquinanti atmosferici in sottoprodotti innocui per la salute umana. Si tratta di vernici trasparenti applicabili su superfici murarie di edifici, vetrate (plexiglass compreso), mezzi di trasporto, in grado di ridurre l’inquinamento sino al 30% e, una volta implementate, senza necessità di manutenzione e di consumo energetico per 20 anni.

Oltre ai coating trasparenti che come Società Italiana di Medicina Ambientale consigliamo per l’ambiente costruito urbano e per i mezzi di trasporto di superficie, sempre prodotta in Italia, vi è anche un’altra formulazione industriale di vernice, su cui SIMA ha contribuito scientificamente alla determinazione, in grado di abbattere i principali inquinanti sino all’84%, anche in presenza di sola luce visibile. Quest’ultima potrebbe essere rapidamente implementabile su tutte le superfici delle infrastrutture extraurbane, comprese le gallerie e le barriere di cemento divisorie delle strade ed autostrade. È tempo di agire, non possiamo attendere oltre per prendere seriamente in considerazione il problema ed affrontarlo al meglio delle nostre possibilità, con soluzioni evidence-based, economicamente sostenibili e socialmente accettabili.

Alessandro Miani
Presidente Sima



14 luglio 2023
© Riproduzione riservata


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