La prudenza non è mai troppa. Sembra proprio essere questo il leit motiv sull’addio alle mascherine. Nonostante la recente ordinanza del ministro della Salute Orazio Schillaci - che ne rimuove, a partire dal 1 maggio, l’obbligo generalizzato negli ospedali (ma lascia discrezionalità alle direzioni) e demanda a medici e pediatri la decisione sul loro utilizzo negli ambulatori medici - il ricorso alla mascherina continua ad essere considerato da molti un baluardo di difesa al quale è meglio non rinunciare. E così le bocche rimangono coperte nei reparti e tra medici e pazienti in attesa, anche oltre quanto disposto dal Ministro. Almeno è questa la decisione presa in Veneto e in alcune delle grandi aziende ospedaliere da Nord, al Centro fino al Sud. Ma anche medici di famiglia e pediatri non sembrano intenzionati ad abbassare la guardia.
Il Veneto ha voluto conservare, in aggiunta alle indicazioni ministeriali, una linea di maggiore prudenza. E così, fino al 31 maggio, come precisa una circolare diramata oggi dalla Regione, verrà mantenuto in vigore l’obbligo di utilizzo della mascherina in tutti i locali interni delle strutture sanitarie e ospedaliere, anche se non adibiti espressamente all’attività sanitaria e assistenziale, ed anche nelle strutture socio-assistenziali anche non residenziali, limitatamente agli operatori. Per quanto riguarda invece pediatri e medici di base si raccomanda l’utilizzo per pazienti, accompagnatori ed operatori.
Il presidente della Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, ha recepito con propria ordinanza quella del ministro della Salute, ma stabilisce l’obbligo d’indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie ai lavoratori, agli utenti e ai visitatori delle strutture sanitarie all’interno dei reparti che ospitano pazienti fragili, anziani o immunodepressi, specialmente se ad alta intensità di cura, identificati dalle direzioni sanitarie delle strutture sanitarie.
L’obbligo di indossare le protezioni delle vie respiratorie vige anche nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali, comprese le strutture di ospitalità e lungodegenza, le Rsa, gli hospice, le strutture riabilitative, le strutture residenziali per anziani, anche non autosufficienti, negli ambiti e nelle situazioni che vengono definite a rischio dal direttore medico della struttura. Negli altri reparti delle strutture sanitarie, la decisione sull’utilizzo di dispositivi di protezione delle vie respiratorie da parte di operatori sanitari e visitatori resta alla discrezione delle direzioni sanitarie, che possono disporne l’uso anche per tutti coloro che presentino sintomatologia respiratoria. In sostanza si rimanda alle direzioni degli ospedali la decisione.
Tra Medici di famiglia e pediatri di libera scelta la parola d’ordine è, almeno per il momento, “prudenza”, anche perché la stagione influenzale non sembra voler cedere il passo. Le mascherine negli studi dei medici di famiglia “per il momento vanno mantenute, in attesa di indicazioni operative per i medici che verranno emanate a breve” ha detto segretario generale della Federazione italiana dei medici di medicina generale (Fimmg), Silvestro Scotti,
“Stiamo lavorando – ha spiegato Scotti all‘Ansa – alla messa a punto di indicazioni operative per i medici di base, una sorta di linee guida che saranno pronte a breve e invieremo al ministero della Salute”. L’obiettivo, chiarisce, è dare un’indicazione scientifica ai medici affinché “non si crei una discrezionalità eccessiva negli studi e la scelta se utilizzare o no le mascherine sia basata su considerazioni scientifiche ed epidemiologiche”. Ad esempio, durante la stagione influenzale sarebbe dunque preferibile l’utilizzo dei dispositivi di protezione.
Nell’attesa di indicazioni operative, sottolinea Scotti, l’indicazione è comunque di continuare a prevedere l’obbligo di mascherina negli studi. Dunque, conclude il segretario della Fimmg, è bene non abbassare la guardia e riteniamo importante contribuire con l’utilizzo delle mascherine alla protezione dei pazienti più fragili, che resta una priorità”
Sulla stessa linea la Società italiana di pediatria. “Riteniamo al momento prudente consigliare l’uso delle mascherine negli ambulatori pediatrici per proteggere i bambini fragili non soltanto dal Covid ma anche da altri virus e batteri circolanti. Se la situazione epidemiologica avrà ulteriori conferme, per quanto riguarda il Covid l’utilizzo delle mascherine potrà essere rivalutato” ha sottolinea all’Ansa Luigi Greco, consigliere nazionale della Sip. “Ai pediatri – ha affermato Renato Turra, vicepresidente della Sip – suggeriamo di valutare in base a come è organizzato lo studio del pediatra di famiglia cosa consigliare ai familiari e ai bambini di età superiore a 6 anni in merito all’uso delle mascherine. Particolare attenzione deve essere posta ai pazienti fragili, non solo attraverso le mascherine, ma anche mettendo in atto le altre misure di contenimento dei virus e batteri circolanti, come ad esempio l’aerazione frequente degli ambienti”.
Anche Antonio D’Avino, presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp), sottolinea come “discrezionalità non vuol dire assenza di regole ma autogovernarsi in modo responsabile. La Fimp è al lavoro per elaborare dei criteri operativi omogenei ai quali i pediatri di famiglia dovranno attenersi scrupolosamente su tutto il territorio nazionale”. In tal senso, ha aggiunto Martino Barretta, coordinatore nazionale Fimp dell’area Vaccinazioni, “abbiamo avviato, insieme alla Federazione dei medici di medicina generale, un tavolo tecnico che valuterà le migliori soluzioni da implementare negli studi medici, che tengano conto sia di criteri scientifici oggettivi, a partire dall’andamento della curva dei contagi Covid attestata dalle autorità sanitarie nazionali, sia delle caratteristiche strutturali e organizzative degli studi professionali. Il nostro obiettivo resta quello di garantire le condizioni di massima sicurezza negli studi medici, a tutela della salute di pazienti e operatori”.
Dal Nord passando per il Centro fino al Sud molte Aziende sanitarie, anche se con modalità più o meno stringenti, non intendono rinunciare ai dispositivi di protezione.
I principali ospedali del capoluogo lombardo hanno recepito l’Ordinanza del ministri, ma consigliano di prendere precauzioni anche negli altri reparti. E così il Niguarda, raccomanda comunque l’utilizzo delle mascherine anche “in tutte le altre aree di degenza”, gli ospedali San Paolo e Carlo consigliano di igienizzare le mani e di prestare attenzione “alle situazioni di rischio, specie dove c’è presenza di fragili”. Al Policlinico di Milano l’utilizzo delle mascherine nei soggetti sintomatici per patologia respiratoria rimane fortemente raccomandato.
Negli ospedali bolognesi prevale la prudenza: in attesa di definire con precisione le regole sul tema, l’indicazione è di continuare a mantenere le vecchie abitudini favorendo e incoraggiando l’uso della mascherina anche dove non sarebbe espressamente previsto, a tutela soprattutto dei pazienti più fragili, oltre che del personale sanitario. E anche la stragrande maggioranza degli utenti ha sostanzialmente deciso di uniformarsi a questo comportamento, comprendendo l’importanza della mascherina in luoghi delicati come gli ospedali.
Nell’Aou delle Marche-Ancona si mantiene l’obbligo di indossare le mascherine per operatori, utenti, visitatori all’interno di tutti i reparti di degenza, inclusi Pronto soccorso e relativa sala d’attesa, mentre al di fuori dei reparti di degenza si raccomanda l’uso delle mascherine per tutti coloro che presentino una sintomatologia respiratoria. Nella Asl Teramo è fatto obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie ai lavoratori, agli utenti e ai visitatori delle Unità Operative ad alta intensità di cura.
Le mascherine restano obbligatorie al Policlinico Umberto I di Roma, in tutti gli ambienti dove ci siano pazienti in cura e medici impegnati ad assisterli, a prescindere dal reparto. La circolare della direzione, successiva alle disposizioni del Ministero, prevede infatti l’obbligo di uso della mascherina in tutti i servizi di assistenza, dal pronto soccorso, ai reparti di degenza e gli ambulatori. Le mascherine non sono più obbligatorie solo nei corridoi, nelle sale d’aspetto, negli uffici amministrativi e negli ambienti come bar e mense.
Idem all’Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma, dove nonostante il recepimento dell’ l’ordinanza del ministro si continua, in ogni caso, a non togliere la mascherina. Le regole restano ferree nei reparti più delicati, come Rianimazione e Terapia Intensiva: sulle porte, cartelli non più vecchi di una settimana indicano l’obbligo di indossare la ffp2, se non proprio il camice e i guanti. Unica eccezione sembra la sala d’attesa del Pronto soccorso, dove di volti coperti se ne vedono pochi.
Al Policlinico Gemelli, invece, anche nella sala d’attesa del Pronto soccorso si rispettano le regole di sicurezza: nessuno attende il suo turno senza la mascherina addosso ma in generale nella struttura tutti continuano a rispettare le vecchia abitudini acquisite durante la pandemia.
All’ospedale Cardarelli di Napoli resta obbligatorio indossare la mascherina in tutti i reparti e per l’accesso al pronto soccorso dove viene effettuato anche il tampone. La direzione sanitaria del più grande ospedale del Mezzogiorno ha infatti deciso di rendere più stringente l’uso dei dispositivi di sicurezza personale all’indomani dell’entrata in vigore dell’ordinanza del ministero della Salute che lascia alle direzioni sanitarie la discrezionalità rispetto all’uso delle mascherine in reparti non indicati nel provvedimento. Una scelta quella del Cardarelli - fanno sapere dalla direzione sanitaria - maturata in virtù “della complessità dei pazienti che si affidano alle nostre cure e anche in ragione di dati epidemiologici”. Nelle aree comuni invece si potrà stare senza mascherina.
Per quanto riguarda le strutture della Asl Napoli 1 invece vige quanto stabilito dall’ordinanza ministeriale, ma la direzione del singolo presidio ospedaliero “qualora ravvisi un caso particolare può disporre l’uso della mascherina”.
Mascherine obbligatorie per tutti (medici, pazienti e visitatori) che invece devono accedere all’Istituto dei tumori `Pascale´ di Napoli in virtù della presenza e del trattamento di pazienti oncologici. Per quanto riguarda l’Azienda dei Colli (Cotugno-Cto-Monaldi) la direzione sanitaria applica l’ordinanza ministeriale e adotta “un principio di precauzione” vista la fragilità della quasi totalità dei pazienti che si recano presso le tre strutture che accolgono pazienti prevalentemente fragili con malattie infettive, cardiologiche e anziani.
A Campobasso la direzione Asrem (azienda sanitaria regionale del Molise) e il Dipartimento Salute stanno definendo il protocollo da adottare ma, per quanto riguarda le mascherine ha dichiarato il direttore generale facente funzione Asrem Evelina Gollo “siamo orientati a mantenere l’obbligo ovunque, in tutti i reparti degli ospedali tranne che nelle aree comuni e nei bar interni ai nosocomi. Più problematico - dice ancora Gollo - decidere sui tamponi perché da questo punto di vista l’ordinanza è molto meno chiara. Stiamo decidendo”.
Tirando le somme, le aziende ospedaliere stanno applicando l’ordinanza e in alcuni casi stanno adottando un approccio più restrittivo. “Le Aziende hanno adottato misure in funzione del rischio presente nelle strutture ospedaliere, a seconda del grado di complessità dei degenti e della specificità degli ambienti ospedalieri, con l’obiettivo di garantire il massimo livello di sicurezza dei pazienti, in particolare di quelli più fragili, degli operatori e dei caregiver” ha chiosato il presidente della Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), Giovanni Migliore.