Negli ultimi 20 anni tra medici e infermieri sono ‘fuggiti’ all’estero quasi in 180 mila. Secondo un’elaborazione dei dati contenuti nel Database Ocse, estratti e elaborati da Quotidiano Sanità, è questa una stima verosimile dei professionisti sanitari che nel nuovo millennio hanno scelto di lavorare fuori dall’Italia.
I numeri non segnalano quanti poi siano tornati o quanti invece sono andati in pensione ma evidenziano in ogni caso come il fenomeno, soprattutto a partire dal 2009 con l’inizio del blocco del turnover e dei contratti, sia molto rilevante e abbia impattato sulla carenza di personale che oggi vive il Ssn.
La fuga durante gli anni della pandemia. Secondo il database OCSE aggiornato nel 2022, negli ultimi tre anni disponibili – 2019, 2020 e 2021 - sono all’estero 15.109 infermieri (ma manca il dato della Germania dove, secondo altre stime, sono al lavoro circa 2.700 infermieri italiani) e 21.397 medici.
Una “fuga” oltre confine quindi di quasi 40mila laureati nelle università italiane nell’ultimo triennio che, oltre ad aggravare pesantemente le carenze di personale, hanno costi elevati e nessun ritorno: la formazione di un infermiere costa circa 22.500 euro sui cinque anni (13.500 sul triennio: circa 4.500 euro/anno) e quella di un medico 41.000 euro sui sei anni di laurea che con i costi per la specializzazione sale a circa 150-160.000 euro pro-capite. Questo si tradurrebbe negli ultimi anni in circa 3,5-3,6 miliardi “investiti” nella formazione di medici e infermieri che sono ormai patrimonio di altre nazioni.
C’è da dire che dopo l’emergenza Covid il flusso di medici e infermieri che hanno scelto di lavorare fuori dei confini italiani si è ridotto, probabilmente per la nuova politica di aperura del Ssn e per la ricerca di professionisti necessari a colmare le carenze messe in evidenza soprattutto con la pandemia.
Nel 2021 infatti risultavano all’estero poco più di 4mila medici contro circa il doppio degli anni precedenti, mentre sono “partiti” circa 3.800 infermieri contro i 6mila degli anni precedenti.
La somma è riferita agli ultimi tre anni, in quanto verosimilmente chi è partito è ancora all’estero (se fossero anche solo il 25% si tratterebbe di circa ulteriori 7.500 infermieri e 27.400 medici), ma andando indietro nel tempo (il database OCSE fornisce dati a partire dal 2000), si vede che la “fuga” è andata via via aumentando soprattutto negli anni subito successivi al blocco dei contratti e ai primi blocchi del turn over.
Mentre infatti fino al 2009 compreso risultavano all’estero circa 350-400 infermieri italiani l’anno e 2-3000 medici l’anno, negli anni successivi il numero è aumentato raggiungendo per i medici il culmine di oltre 9.700 presenze all’estero nel 2016 e per gli infermieri di oltre 6.600 nello stesso anno.
La fuga tra il 2000 e il 2018. Per quanto riguarda gli anni dal 2000 in poi, il database OCSE non riporta il numero di medici e infermieri che hanno fatto ritorno in patria, né quello di quanti all’estero sono andati in pensione o hanno abbandonato la professione attiva, ma comunque fino al 2018 erano andati all’estero nei vari anni quasi 37mila infermieri (manca sempre il dato della Germania per cui verosimilmente il numero sale a circa 43.000) e oltre 100mila medici.
In totale quindi sommando i dati tra il 2000 e il 2022 si arriva a quasi 180 mila professionisti, di cui circa circa 131mila medici e circa 48mila infermieri.
Le mete preferite da medici e infermieri. Per quanto riguarda le nazioni più ambite, per gli infermieri il numero maggiore di “italiani all’estero” è nel Regno Unito (da un minimo di 3.100 circa l’anno nel post pandemia a un massimo di 4.700 nel 2015, considerando solo gli ultimi anni), seguito dalla Svizzera (sempre intorno ai 1.100-1.200 l’anno) e, secondo altre stime, dalla Germania (intorno ai 1.000 l’anno), ma nelle altre nazioni la cifra raggiunge difficilmente i 100 l’anno.
I medici invece hanno concentrazioni minori in un singolo Stato, ma si sono distribuiti in numeri maggiori in più stati: si va dai 1.500-1700 l’anno in Francia ai 1.000-1.050 in Belgio. Un numero comunque superiore a mille il database OCSE lo segnala in Germania, Israele, Svizzera e Regno Unito e fino al 2016 (successivamente non sono fornite rilevazioni) il dato è registrato anche oltreoceano con circa 2.200 medici italiani negli Stati Uniti che tuttavia non solo l’unica nazione extraeuropea dove si registrano presenze di laureati in Italia.
Il dato generale potrebbe essere comunque sottostimato perché, come nel caso della Germania per quanto riguarda gli infermieri ad esempio, non tutti i Paesi rispondono necessariamente alla domanda di dati dell’OCSE, anche se nella rilevazione disponibile sono comunque presenti i paesi principali dove è verosimile l’emigrazione.
Giulio Nisi