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Uscire dalla crisi del Ssn: tra politiche fiscali e regolazione del rapporto pubblico-privato

di Roberto Polillo, Mara Tognetti

La rivisitazione del SSN, là dove necessario è possibile e richiede risorse che ci sono (evasione fiscale, ecc.) ma il cui recupero a favore della salute pubblica richiede una chiara volontà del decisore pubblico. E poi richiede anche una diversa declinazione del rapporto pubblico/privato.

06 MAR -

Aldilà delle inutili discussioni su cui spesso ci si attarda, c'è un solo modo per riportare la sanità a un livello accettabile: destinare parte di quanto recuperato dalla lotta all'evasione fiscale al finanziamento del SSN, il cui valore rispetto al PIL dovrebbe essere fissato per legge al 7%.

Oggi ciò è possibile facendo uscire dall'inattività forzata gli strumenti informatici di cui dispone il Ministero delle Finanze con cui è possibile il tracciamento totale delle attività economico finanziarie di ogni codice fiscale. Il loro mancato utilizzo è uno dei misteri del nostro Paese.

La situazione attuale
I principali istituti di ricerca hanno già da tempo evidenziato come il livello di finanziamento del nostro SSN sia drammaticamente inadeguato a garantire i livelli essenziali di assistenza in un paese come il nostro; un paese caratterizzato da un sostenuto invecchiamento della popolazione e degli individui, dalla prevalenza delle malattie croniche e invalidanti ad alto impatto assistenziale, a cui si aggiunge una denatalità altrettanto importante con un incremento del rapporto tra pensionati e attivi tale da portare a enormi problemi di sostenibilità futura

Questi dati vanno poi incrociati con altri elementi di rilievo: la mancata crescita del Paese, ferma a livelli bassissimi da oltre 25 anni; il tasso di evasione fiscale, di cui abbiamo già parlato, e che sottrae allo stato, secondo cifre aggiornate 120 miliardi annui, i bassissimi salari rispetto agli altri paesi europei (meno 40 % rispetto alla Francia e meno 60% rispetto alla Germania) che costringono milioni di cittadini alla rinuncia delle cure per lo shift in atto verso l'assistenza a diretto pagamento e ad ultimo e paradossalmente un risparmio privato estremamente superiore a quello degli altri paesi.

Se volessimo usare una metafora, gli italiani o almeno quelli trattati con benevolenza dal fisco, e non certo i dipendenti pubblici o privati che invece da fisco sono vessati, preferiscono tenere i loro soldi sotto il materasso piuttosto che contribuire in modo trasparente al finanziamento dello stato sociale di cui poi dispongono criticandone spesso l’inadeguatezza.

L’esplosione della spesa privata

A fronte di una situazione di progressiva dismissione di servizi e strutture ospedaliere pubbliche, drammaticamente all’ordine del giorno, i cittadini sono sempre più costretti a fare ricorso al settore privato pagando di tasca propria per ottenere quello che lo Stato, non dà o non può dare loro. Gli ultimi dati disponibili e relativi al 2021 esprimono in modo chiaro quanto sia compromessa la situazione attuale.

Nel complesso l'intera spesa sanitaria pubblica e privata italiana è stata di 168 miliardi, pari al 9,5% del Pil. La componente privata è stata di circa 40,5 miliardi di cui 4,5 miliardi intermediata da fondi, mutue e imprese di assicurazione e 36 miliardi di spesa diretta delle famiglie (out-of-pocket) corrispondente al 22% del totale.

Già da soli questi dati dimostrano come l’esplosione della spesa privata sia dipendente dal “ritiro” della componente pubblica e in misura estremamente modesta dall’incremento dei fondi assicurativi che rimangono di fatto del tutto residuali.

I cittadini dunque pagano di tasca propria perché non trovano nelle strutture pubbliche i servizi di cui necessitano o perché sono infinitamente lunghi i tempi di attesa, o perché sono molto distanti da dove abitano.

Altra cosa è ovviamente lo sviluppo della spedalità privata registrata in Lombardia e altre regioni del nord in cui, per la legge dei vantaggi comparati, l’eccesso di offerta è resa possibile da una forte domanda “spinta” dalla mobilità passiva da altre regioni del Sud incapaci di fornire servizi di qualità ai propri cittadini

Del tutto esclusi dai servizi invece i soggetti veramente poveri e non solo nominalmente tali che, non disponendo di risorse personali o risorse sempre più scarse, rinunciano semplicemente alle cure.

Le politiche per il rilancio del SSN
È sufficientemente chiaro a tutti come il rilancio del SSN debba inevitabilmente passare dalla messa a disposizione di ulteriori risorse. Altrettanto chiaro tuttavia è che tale misura è difficilmente attuabile per lo stato disastroso dei nostri conti pubblici.

Bisogna infatti ricordare come la montagna del debito pubblico sia ulteriormente cresciuta per fare fronte all'emergenza pandemica e ad alcune misure di rilancio del paese (bonus edilizi, ecc.). Oggi, secondo l'ultima rilevazione Istat il rapporto deficit/PIL è all' 8 % ben oltre il 5,6 % previsto dal Nadef. Un valore talmente elevato da non consentire ulteriori scostamenti.

Come fare dunque fronte all'emergenza del sotto finanziamento denunciato con veemenza anche dall'OCSE? Come trovare i 25 miliardi annui indispensabili per garantire che i LEA non siano solo una espressione verbale ma un diritto esigibile senza dover ricorrere al privato?

Le possibili soluzioni
Per risollevare il nostro SSN serve una terapia d’urto dal punto di vista delle politiche fiscali e una nuova regolazione del rapporto pubblico/privato.

Le politiche fiscali: il reperimento delle risorse necessarie non può avvenire come già detto attraverso il ricorso a ulteriore indebitamento. Serve invece l’attivazione immediata degli strumenti di cui dispone il MEF per la lotta all’evasione (Serpico e la volontà di lottare contro l’evasione fiscale) con l’obbiettivo di recuperare parte dei 120 miliardi di evasione annuale e con l’impegno di utilizzare quanto recuperato in modo vincolato per la riduzione del carico fiscale sul personale dipendente e per il finanziamento della sanità.

Le misure immediate
Nell’immediato andrebbe attuata, come suggerito da politici dalla CGIL e ad ultimo dall’ ing Carlo De Benedetti, una patrimoniale sui grandi patrimoni finalizzata, a nostro giudizio, al finanziamento del SSN. Misure che sembrano non trovare spazio in un governo in carica che, al contrario, ha rinunciato con la flat tax al principio di progressività dell'imposizione, ma che sono l’unica strada praticabile per rianimare la nostra sanità ormai al collasso.

Una nuova regolazione del rapporto pubblico/privato
Siamo convinti che non sia la mera posizione di principio o tutto pubblico o tutto privato la possibile soluzione, il SSN che non può che essere pubblico si avvale e valorizza sia le strutture pubbliche che quelle private, senza cadere in aperture o prebende verso l’uno o verso l’altro. L ‘insieme di strutture di natura diversa sono sempre più importanti anche per valorizzare le eccellenze e l’innovazione. Il pubblico e il privato accreditato però debbono godere delle medesime regole di funzionamento, gli stessi parametri strutturali, le medesime forme di controllo e valutazione.

Tutto ciò presuppone una presenza attiva dei livelli di governo sia nella fase di implementazione, di erogazione delle prestazioni onde evitare di caricare atti impropri su richieste di prestazioni definite, di monitoraggio e valutazione sistematica.

Lo Stato e i diversi livelli di governo non possono delegare ad altri il principio della tutela della salute per tutti, indipendentemente dal soggetto erogatore.

I vantaggi della cooperazione virtuosa
Perché l’erogazione deve essere pubblica pur ricorrendo anche a strutture private accreditate? La pandemia lo ha mostrato chiaramente nel momento in cui si è dovuti intervenire su un problema ancora sconosciuto, è stato lo Stato con le sue scelte a fare la differenza, anche ricorrendo seppur in misura molto limitata (ma vigeva ancora l’idea che la concorrenza pubblico privato fa bene alla salute) a strutture private. La collaborazione virtuosa fra pubblico e privato accreditato poi diventa importante in territori non ancora sufficientemente attrezzati di risorse pubbliche.

Quando pensiamo alle risorse pubbliche escludiamo l’intramoenia perché la cura deve essere garantita da personale remunerato in modo adeguato e che opera in spazi e strutture adeguatamente attrezzate. I rischi e gli spazi in cui possono insorgere conflitti di interesse debbono essere eliminati o ridotti al minimo.

Vincoli e modalità organizzative
Un sistema in cui pubblico e privato accreditato operano in modo virtuoso non può che essere un sistema che ha i medesimi vincoli e libertà organizzative.

La pluralità di attori è importante in qualsiasi campo e fa bene al sistema stesso se non si creano posizioni di vantaggio e favoritismi per chi considera la salute un mero business e non un bene pubblico. Ma come abbiamo più volte sottolineato non basta la buona volontà sono necessarie procedure di controllo e di valutazione sistematiche. Attività che dispone sia di strumenti che risorse umane adeguate e che ben si sono sperimentate nel tempo anche nel nostro Paese.

Conclusioni
La rivisitazione del SSN, là dove necessario è possibile e richiede risorse che ci sono (evasione fiscale, ecc.) ma il cui recupero a favore della salute pubblica richiede una chiara volontà del decisore pubblico.

Richiede anche una diversa declinazione del rapporto pubblico/privato

La concorrenza pura in sanità infatti aumenta solo le disuguaglianze in salute. Altro è la presenza di un sistema sanitario pubblico che collabora con un privato accreditato monitorato al pari del pubblico, altro è l’offerta anche di mercato ma purchè sia autonoma e non foraggiata dal pubblico (vedi la scuola ad esempio).

La libera scelta in sanità non esiste sia per le competenze profane del cittadino, sia perché la salute non è tanto o solo un bisogno estetico ma un bisogno sostanziale che va valutato congiuntamente da cittadino e addetto alla cura (medico di base, specialista, ecc.). Inoltre il ruolo del marketing in sanità è sempre più centrale nelle decisioni di dove e da chi farsi curare, almeno per coloro che hanno capacità reddituali essenziali

Gli investimenti in sanità non solo fanno bene agli individui e alla collettività ma anche all’economia di un Paese e non volerlo riconoscere significa non avere a cuore il bene pubblico e la sicurezza di una collettività.

Roberto Polillo
Mara Tognetti



06 marzo 2023
© Riproduzione riservata


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