Ho letto ieri con grande interesse l’intervento di Ettore Jorio sul pericoloso binomio “politica prevalentemente modesta” e “ceto burocratico troppo fiduciario e spesso esente da valori meritocratici” che governa la sanità. Questo binomio “ha fatto sì che una sanità disegnata bene nel 1978 divenisse un sistema assistenziale precario a tutti i livelli, con la prevenzione e il territorio messi da due decenni in soffitta. Ciò perché si va avanti a naso, senza programmi e seri controlli”.
Per citare ancora una vota quel noto calciatore che affermava di essere “pienamente d’accordo a metà col mister” (dichiarazione ripresa anche in un esilarante e dotto articolo sul linguaggio nel calcio recuperabile dal sito della Treccani), anche io sono completamente d’accordo a metà con il pregevole intervento del Professor Jorio. Anzi, più della metà perché il mio parere differisce dal suo solo nella parte che riguarda quello che lui chiama ceto burocratico in cui faccio rientrare anche i ruoli manageriali e quindi direzionali delle Aziende. Il mio parere al riguardo è che il management (chiamiamolo per comodità così) del SSN sia per lo più di buon livello culturale e di adeguata esperienza professionale. Questo è quello che deriva dalla mia esperienza nelle Marche, una Regione che per tanti versi è sufficientemente rappresentativa della sanità regionale italiana essendo più o meno “mediana” per collocazione geografica, livello di performance e dimensioni.
Ma il buon livello del management delle Aziende delle Marche non riesce a tradursi il più delle volte in un buon governo e in una buona gestione della sanità e non credo che questo succeda solo nelle Marche.
Tanto per fare un esempio, mi ha colpito di recente il fenomeno della dissoluzione della rete epidemiologica regionale delle Marche che poteva contare su un robusto Servizio di Epidemiologia Ambientale dell’ARPAM (di fatto quasi soppresso), sull’Osservatorio Epidemiologico Regionale e sulle competenze presenti nella Azienda Sanitaria Unica Regionale (dal 1 gennaio di quest’anno trasformata in 5 Aziende Sanitarie Territoriali). Ciò è avvenuto nonostante spingessero nella direzione contraria sia l’esperienza della pandemia che la presenza di diverse emergenze ambientali da affrontare e gestire e nonostante - questo è forse quello che mi colpisce di più - che una delle caratterizzazioni professionali principali del management aziendale sia da sempre nelle Marche di natura igienistica. Come è potuto succedere allora?
Debbo ad un collega la conoscenza di un esperimento che mi ha illuminato al riguardo e cioè su come si giochino i rapporti tra politica e management: l’esperimento del buon samaritano. Ne riprendo qui la descrizione: “Nel 1973 al Seminario Teologico di Princeton, gli studenti parteciparono a un esperimento che apparentemente era uno studio sull'educazione religiosa. In un edificio i partecipanti erano prima chiamati a compilare un questionario, poi incaricati di recarsi in un'altra struttura per tenere un sermone sul lavoro o sulla parabola del Buon Samaritano. Ai partecipanti è stato detto di sbrigarsi, ma in misura diversa. Sulla strada verso il secondo edificio, un membro del seminario (attore che fa parte dello studio) fa finta di star male e di aver bisogno di aiuto. L'esperimento ha dimostrato che a influenzare il comportamento degli altri seminaristi non è il discorso che dovevano tenere nell'edificio (sul buon samaritano o sul lavoro), ma il fattore determinante nell’offerta di aiuto è il tempo disponibile. Il 63% dei giovani che non sono sotto pressione per limiti di tempo aiutano il soggetto in difficoltà, mentre coloro che si credono in ritardo non si fermano. Da ciò si evince che gli atti di gentilezza siano maggiormente influenzati da fattori situazionali e non dall'indole delle persone.”
Folgorante: i manager specialisti in Igiene sanno che l’epidemiologia è importante, ma “se ne scordano” se chi gli dà i tempi e gli obiettivi fa fretta su altri temi. Così come i manager che escono dai Master abilitanti ai ruoli direzionali sanno cosa sono le reti cliniche o che è il territorio che va potenziato o che se non si lavora sull’appropriatezza provare a ridurre le liste di attesa è come provare a svuotare il mare con un secchiello. Ma poi il più delle volte non lavorano sulle reti cliniche “vere”, non investono sul territorio e sulle liste di attesa si limitano a potenziare le agende. Il rimedio a tutto questo ci sarebbe: non possono essere i politici a dare in autonomia e senza controllo tempi e obiettivi. L’esperimento del buon samaritano ce lo spiega benissimo.
PS In una situazione così i 18 milioni di euro del PNRR destinati ai corsi di formazione manageriale approvati dalla Conferenza Stato-Regioni (notizia di ieri di QS) saranno per lo più soldi buttati. Brutto dirlo, ma è così.
Claudio Maria Maffei