C’era una volta una azienda ospedaliera universitaria nel salernitano, che sarebbe dovuta essere la terza della Campania (dopo la Federico II e la Vanvitelli) che ebbe a vivere una esperienza che è sintomatica del disordine istituzionale che vige da tempo nella materia.
La Regione campana, assumendo - erroneamente - di possedere la competenza di disporre la costituzione di un’Azienda Ospedaliera Universitaria, ebbe a deliberare la nascita della terza in quel di Salerno (DGR n. 1110 del 12 febbraio 2010).
A seguito di una impugnativa degli atti avanti al TAR di Napoli, quest’ultimo sentenziò (sentenza n. 4425/2012, che si allega) l’annullamento degli stessi e, di conseguenza, rese priva di efficacia la costituzione. Un decisum divenuto definitivo.
L’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti applicò la legge. Lo fece adottando un DPCM del 31 gennaio 2013, in G.U. 55 del 6 marzo 2013, che si allega), cofirmato unitamente al ministro dell’allora MIIUR Profumo e della sanità Balduzzi, di costituzione della «Azienda Ospedaliera Universitaria “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona – Scuola Medica Salernitana”», che finalmente divenne a tutti gli effetti tale.
Un evento che avrebbe dovuto concretizzare l’esempio da imitare in relazione a tutte le altre ventinove Aziende Ospedaliere Universitarie del Paese. Ciò in quanto in quanto prive, nella loro quasi totalità, di provvedimento costitutivo, perfezionato a mente del d.lgs. 517/99, cui il legislatore dell’epoca rimise, nella contestualità della riforma c.d. Bindi del 1999, la «Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della legge 30 novembre 1998, n. 419».
Si fece invece tutt’altro. Si continuò a vivere così come avrebbe fatto anche la pregevole AOU salernitana, se non ci fosse stato l’intervento dell’attento Giudice amministrativo napoletano.
Insomma, le AAOOUU ad essere così considerate tali, erroneamente, senza il previsto Dpcm. Per non parlare di quelle formatesi a seguito di fusione ex art. 2501 del codice civile del tipo quella di Torino (Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza, anche essa erratamente costituita con un DPGR n. 45/2012), non resasi destinataria del Dpcm di riconoscimento dell’intervenuta fusione, modificativo di quello di originaria costituzione (qualora esistente!), ancorché destinato ad incidere quanto a consistenza civilistica e fiscale sulla medesima azienda incorporante, estinguendo quelle incorporate.
Dunque, vi è l’esigenza di regolarità nel campo delle AOU. Un ministro che è del mestiere, perché tra l’altro già Rettore di Tor Vergata, ha tutte le carte per dare finalmente ordine al sistema. Peraltro attraverso procedimenti amministrativi brevi, ricorrendone ovviamente i presupposti, le condizioni e le volontà.
Un caso a parte è rappresentato dalla AO Mater Domini di Catanzaro, autoproclamatasi da due decenni AOU, senza rintracciare neppure un benché minimo provvedimento regionale che la definisse come tale. Ciò in quanto tale sconosciuta all’ordinamento, tanto da essere riportata come mera Azienda Ospedaliera sia in Open Data che nel report ministeriale al 2022, così come letteralmente “proclamata” da un decreto del presidente della Regione (n. 170/1995).
Anche qui è presto facile pervenire alla soluzione, evitando inutili fantasiose scorciatoie che metterebbero in seria difficoltà l’adozione di provvedimenti “alternativi” in senso lato, con responsabilità da definire al seguito.
Il percorso per la Calabria è semplice, simile a quello che dovranno fare le altre sine titulo:
C’est fini. Il tutto ovviamente da combaciare con la programmazione ospedaliera regionale, filo conduttore indiscusso del protocollo d’intesa afferente alla collaborazione didattica, di ricerca e di assistenza tra commissario ad acta e università. Il tutto con la previsione di istituzione del pronto soccorso, mai reso funzionante, e Dea di secondo livello. Così la Calabria avrà presto la sua prima AOU, che assumerà la denominazione “Renato Dulbecco”.