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I pronto soccorso al collasso sono il risultato di anni di tagli al Ssn. In 20 anni chiusi 300 ospedali con 80 mila posti letto in meno. E dal 2007 ad oggi perse 50 mila unità di personale

di Luciano Fassari

Le cronache di questi giorni della crisi dei Pronto soccorso purtroppo non sono nuove e si ripetono ciclicamente da un ventennio. Oscurate dall'emergenza Covid tornano oggi a riempire le pagine dei giornali con casi eclatanti come quello del Cardarelli e del San Camillo. E dire che la china che stava prendendo il Ssn era sotto gli occhi di tutti, tra tagli ai letti, alle strutture e al personale. Ora c’è il Pnrr con cui si proverà a risalire la china nella speranza però che non sia già troppo tardi

10 MAG -

“Pronto soccorso al collasso”, “Manca personale”, “Non ci sono letti”, “Ambulanze ferme” e via dicendo. Quante volte in sanità abbiamo sentito queste notizie riferite a crisi vissute in alcune strutture non da ultima la vicenda del Cardarelli di Napoli o del San Camillo a Roma. Solo a guardare l’archivio più che decennale di Qs di notizie sulla crisi dei Pronto soccorso se ne trovano a bizzeffe ma salvo scandalizzarsi per qualche giorno, alla fine nel tempo si è deciso di fare ben poco per porre rimedio a questa situazione che però ogni anno è destinata inesorabilmente a diventare sempre più esplosiva.

I problemi ci sono sempre stati fin dalla nascita del Ssn ma una popolazione più giovane e più risorse per il sistema tra gli anni ’80 e i primi ’90 hanno de facto sommerso il problema organizzativo. Poi sono arrivate le crisi economiche di metà anni ’90 e poi quella di fine anni ‘0’ del 2000 ed è iniziato quel lento e inesorabile processo di riduzione dei finanziamenti della sanità pubblica che oggi tocchiamo con mano contro il quale ci si è mossi solo in questi due anni di pandemia ma con previsioni (vedi Def) di un ritorno frettoloso al contenimento dei costi a breve, almeno per la parte corrente delle risorse.

E dire che i numeri avrebbero dovuto insegnarci qualcosa. Meno ospedali, posti letto e personale: come le indagini e gli studi negli ultimi 20 anni ci hanno rivelato a più riprese. Facciamo degli esempi prendendo come riferimento gli Annuari del Ssn del Ministero della Salute. In totale il Ssn nel 2007 poteva contare su 259.476 posti letto contro i 190 mila del 2019, circa 70 mila in meno (il 27%). Un calo in tutti i comparti: degenza ordinaria, day hospital e day surgery. E se si confronta il dato con l’anno 2000 il calo è ancora più vistoso: nel 2000 c’erano di degenza ordinaria ben 272 mila posti letto (oltre 80 mila in più rispetto al 2019). Se non si trova un posto letto è facile quindi capire il perché, praticamente non ci sono quasi più.

Male anche il personale. Nel 2007 il Ssn poteva contare su 650 mila unità e risultava così ripartito: il 69,7% ruolo sanitario, il 18,3% ruolo tecnico, l’11,7% ruolo amministrativo e lo 0,2% ruolo professionale. Di questi vi erano 106,8 mila medici e 264,1 mila infermieri. Con la dieta di finanziamenti e il blocco del turnover nel 2019 tale personale ammonta a circa 600 mila unità (-50 mila) e risulta così ripartito: il 72,2% ruolo sanitario, il 17,5% ruolo tecnico, il 10,1% ruolo amministrativo e lo 0,2% ruolo professionale. Nell’ambito del ruolo sanitario, il personale medico è costituito da 102,3 mila unità (-4.500 rispetto al 2007) e quello infermieristico da 256,4 mila unità (-7.700 rispetto al 2007).

Ma la dieta ha colpito anche le strutture. Nel 2007 c’erano 1.197 ospedali che nel 2019 sono diventati 992 (205 in meno). E se si guarda ancora più indietro vengono i brividi: nel 2000 gli ospedali erano 1.321, oltre 300 in meno in quasi 20 anni.

Insomma i numeri sono impietosi. Negli anni 2000 l’ospedale è stato praticamente svuotato. E come ben sappiamo nulla è stato fatto per potenziare l’assistenza territoriale. Ora c’è il Pnrr che con il Dm 71 proverà a metterci una pezza, ma la riforma, prima di far vedere i suoi effetti dovrà essere realizzata (e non sarà per niente facile). E quindi come ha detto oggi il Ministro Speranza avremo ancora “qualche anno difficile da gestire”. Non ci resta che incrociare le dita e purtroppo continuare a leggere delle crisi dei Pronto soccorso che poi sono la crisi della nostra sanità.

Luciano Fassari



10 maggio 2022
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