Anatomia di un Accordo Stato-Regioni. Uno strumento obsoleto?
di Filippo Palumbo e Maria Giuseppina La Falce
Il sistema delle Conferenze e innanzitutto la Conferenza Stato-Regioni avranno un ruolo rilevante soprattutto nel campo della tutela della salute e dell’organizzazione sanitaria e sociosanitaria. Se la Conferenza Stato-Regioni non assolverà a questa funzione ci sarà il rischio che venga vanificata una parte cospicua di quanto si spera di raggiungere con il PNRR. E lo strumento dell’Accordo forse non basta più
22 NOV - Stiamo lavorando ad un aggiornamento del volume a nostra firma edito da
QS edizioni ormai più di un anno fa, intitolato “
Aspetti teorici e applicativi dei Lea in campo sanitario. Il SSN e i Lea alla prova del pandemia da CoViD 19”. In quella pubblicazione, avevamo posto l’attenzione sul ruolo della Conferenza Stato Regioni (o, meglio, del Sistema delle Conferenze) nella governance del SSN.
La nuova ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, dopo l’entrata in vigore delle modifiche al Titolo V della Costituzione, ha avuto immediati riflessi sull'attività della Conferenza Stato-Regioni con particolare riferimento alla materia della "tutela della salute".
La Conferenza, dunque, ha svolto nel percorso "dalla sanità alla salute" un ruolo di cerniera istituzionale, strutturando una tipologia di atti, di crescente valenza amministrativa, attraverso i quali esercitare:
a) una funzione consultiva (espressione di Pareri);
b) una funzione di concertazione (stipula di Accordi e espressione di Intese).
In questo modo la Conferenza ha rappresentato la sede dove gli indirizzi di programmazione sanitaria nazionale trovano la sintesi del raggiungimento di obiettivi comuni nell'interesse del paese e dei cittadini e dove numerose questioni giuridiche legate all'esercizio della potestà regolamentare dopo le modifiche apportate al Titolo V della costituzione sono state superate mediante gli "accordi".
Con l'entrata in vigore della legge 5 giugno 2003, n.131 è stata introdotta, all'articolo 8, comma 6, una ulteriore disciplina delle "Intese" tra Stato e Regioni, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni ed è stato dato un nuovo impulso all'attività di concertazione.
In riferimento a questa situazione, la nostra riflessione ci portava a considerare che, accanto agli aspetti fortemente positivi del lavoro svolta dalla Conferenza, nel tempo sono emersi alcune fattori di criticità, che vanno segnalati e corretti. Alcuni fattori attengono a questioni generali e sistemiche, altri ad aspetti più specifici.
Sul piano generale e sistemico, veniva in primo luogo evidenziato che la mancata approvazione del Piano Sanitario Nazionale stia privando il SSN di un quadro programmatico generale senza il quale inevitabilmente i Piani di settore di più ampia portata tendano a candidarsi come il Piano di riferimento. Il che può generare un paradosso: il massimo della pianificazione settoriale porta a nessuna pianificazione complessiva.
Si evidenziava anche che i programmi settoriali hanno una maggiore esposizione nei confronti di elementi di consenso sociale, professionale o politico e il conseguente indebolimento della tensione verso approcci generali più ancorati alle evidenze e ad una definizione di priorità su scala di popolazione.
Sul piano specifico si notava che:
A) la crescente rilevanza degli atti prodotti dalla Conferenza non è stata sempre adeguatamente sostenuta da una crescente attenzione all’esigenza di trasparenza e certezza dei procedimenti istruttori;
B) accade così che, col passare del tempo, nella formulazione di pareri, nella stipula degli Accordi e nella espressione delle Intese si registra sempre più frequentemente la mancata o insufficiente tracciatura dei vari passaggi che portano al testo finale e non paiono sufficientemente documentati, gli aspetti tecnici e pro-cedurali formali , che dovrebbero consentire di risalire alla individuazione dei responsabili dei procedimenti. per conto dei Ministeri, delle Regioni, della Segreteria della Conferenza Stato Regioni. Ciò anche al fine di tenere ben distinte le responsabilità di tipo po¬litico e quelle di tipo tecnico e procedurale;
C) è crescente la numerosità degli accordi sanciti in materia di Livelli essenziali di as-sistenza ma è mancata la sistematizzazione dei contenuti degli stessi, nel momento in cui è stato emanato il nuovo DPCM dei LEA nel 2017;
D) molti di questi hanno anche per oggetto linee guida scientifiche. Va verificato come questo si raccordi con l’art 5 comma 3 della legge 24 /2017 sulla responsabilità professionale, che attribuisce all'Istituto superiore di sanità un compito rilevante e specifico nell'ambito del sistema nazionale delle linee guida;
E) un’ulteriore criticità, riguarda la co¬genza degli Accordi Stato Regioni in riferimento ai Lea.
La Conferenza continua ad essere la sede privilegiata di raccordo tra lo Stato e le Regioni rafforzata, in epoca di pandemia, dal notevole rilievo che viene dato al ruolo delle Regioni, per l’ovvia necessità di una forte collaborazione per contrastare l’avanzata dell’epidemia. Ma ciò è stato spesso e paradossalmente perseguito con il ricorso a modalità concertative che anziché valorizzare quello che è stata definito (Carpani, 2011) “
uno strumento per l’esercizio coordinato delle competenze dell’amministrazione dello Stato e delle amministrazioni delle Regioni” hanno puntato su strade che portano ad un indebolimento istituzionale della concertazione tra Stato e Regioni. Ciò è avvenuto in maniera anche formalmente evidente con il ricorso al parere del Presidente della Conferenza delle Regioni per le decretazioni emergenziali CoViD.
Vi è però un'altra via che porta ad una dequalificazione dello spessore istituzionale della concertazione tra Stato e Regioni.
Si tratta dell’indebolimento procedurale (che è altra cosa , negativa, rispetto alla semplificazione che invece è cosa positiva).
Ha senso parlare di queste cose in un giornale che si occupa di sanità perché la sanita è stato il settore in cui la concertazione Stato Regioni ha avuto ed avrà un ruolo assolutamente rilevante.
Come esemplificazione di questo processo di snaturamento della teoria e pratica degli Accordi Stato Regioni in materia sanitaria, nel citato volume sui LEA sono stati presentati alcuni casi specifici nel punto 8.1.2.
Oggi si deve registrare che questo processo continua, anche per l ’incalzare della crisi connessa alla pandemia da CoViD 19. Si è ritenuto opportuno allora non solo richiamare quanto già affermato nel volume sui LEA, ma di andare oltre analizzando nel dettaglio un più recente Accordo Stato Regioni, per evidenziare gli aspetti e gli elementi che ci sembrano costituiscano fattori di criticità,
Si tratta dell’Accordo Stato Regioni stipulato il 20 maggio 2021,
repertoriato al n. 58/CSR 20.05,2021. Formalmente, l’Accordo, così come repertoriato, reca la dizione “in materia di interventi strategici a favore delle Regioni e Province autonome” ma nella sostanza è arduo qualificare tale accordo con la classica espressione “Accordo in materia di …..”, perché in effetti manca un vero elemento unitario che dia coerenza all’insieme delle questioni affrontate.
L’Accordo propone un mix di norme e di diverse tematiche a partire dalla necessità di accelerare la campagna vaccinale coinvolgendo gli erogatori privati accreditati, ripartizione della quota premiale, incremento fondo dotazione trasporto pubblico locale, risorse a sostegno dei comuni a vocazione montana, risorse finanziaria per il servizio sanitario nazionale 2021 e infine disposizioni in materia di liste di attesa e rimodulazione dei piani regionali con deroghe al regime tariffario.
In particolare per la parte sanitaria, l’Accordo prevede che le Regioni godano di un’ampia flessibilità nell’utilizzare le risorse stanziate dai decreti legge n.18, 34 e 104/2020 per la realizzazione di tutti gli interventi dagli stessi individuati, tra cui quelli in materia di liste di attesa, prevedendo un monitoraggio da parte del Ministero della salute entro il 15 giugno 2021.
Più specificamente, nell’allegato all’accordo, si prevede la possibilità di recuperare le prestazioni di ricovero ospedaliero per acuti, quelle di specialistica ambulatoriale, integrando gli acquisti da privato. A tal fine l’impegno a rimodulare il piano delle liste di attesa adottato ai sensi dell’articolo 29 del decreto legge 14 agosto 2020, n.104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n.126
Il documento è composto da:
- una parte narrativa(A)
- una parte dispositiva (B)
- un allegato (C)
L’analisi è stata condotta procedendo ad un raffronto tra tre serie di tabelle rispettivamente riferite:
- alla parte narrativa (i presupposti normativi e le motivazioni),
- alla parte dispositiva (le iniziative prospettate dall’Accordo),
- alla parte contenuta nell’allegato.
Come riferimento si è assunto il classico schema di adozione dei provvedimenti amministrativi e un suo adattamento al caso della stipula di un Accordo Stato Regioni.
Schema di conduzione di un procedimento amministrativo
- Procedimento amministrativo: percorso fatto da un susseguirsi di atti amministrativi finalizzato alla emanazione di un atto finale
- Principi generali
Efficacia
Efficienza
Imparzialità
Economicità
Pubblicità
Trasparenza
- Responsabile del procedimento
- Fasi
Fase di iniziativa (di ufficio o di parte)
Fase istruttoria (Acquisizione pareri ed elaborazione dati Valutazione dei fatti e degli elementi di diritto)
Fase decisoria (predisposizione e sottoscrizione provvedimento)
Fase integrativa dell’efficacia (Controlli – Pubblicazione o Comunicazione
Per un adattamento dello schema al caso della Conferenza Stato regioni che sancisce un Accordo proponiamo qui di seguito un prospetto:
Per posizionare l’Accordo del 20 maggio 2021, di cui stiamo parlando abbiamo rappresentato i suoi contenuti in alcune tabelle e poi si è proceduto a operare un raffronto tra i punti della parte dispositiva contenenti le varie misure concordate (comprese quelle riportate nell’allegato 1) e i punti della parte narrativa contenenti elementi di analisi di merito, considerazioni e motivazioni oltre a riferimenti normativi pertinenti e specifici al di là di un generico richiamo della normativa.
In particolare in una tabella (Tab A) è contenuta la lista dei presupposti normativi e delle motivazioni indicate nella parte narrativa, mentre in una tabella (Tab B) e in tre ulteriori tabelle (Tabb. C1-C2- C3) le misure approvate con l’Accordo come presentate nella parte dispositiva e quelle indicate nell’Allegato 1.
Per comodità espositiva le citate tabelle A, B, C1, C2 e C3)
sono riportate in una Appendice al presente contributo.
Sulla scorta di questa classificazione di tutti gli elementi disponibili abbiamo cercato di condurre quella che abbiamo denominato
analisi di coerenza tra il contenuto dell’accordo che si è sancito e i fattori a monte che ne hanno fatto nascere l’esigenza e ne hanno consentito la stipula. Fin da ora dobbiamo precisare che, nell’Atto per l’Accordo in questione, per il testo dell’Allegato non viene utilizzata la formula che lo avrebbe qualificato come parte integrante dell’Accordo stesso.
Il quadro che emerge è quello di una forte criticità almeno per la parte che riguarda gli interventi sanitari. Il centro di questa criticità è costituito da questi elementi:
- Vi è una sorta di circolo vizioso ovvero di un approccio tautologico che è costituito dall’allegato 1 – parte sanitaria. Le iniziative ivi indicate sono riconosciute come opportune o necessarie perché indicate dall’allegato. A sua volta l’allegato appare necessario perché contiene quelle misure. Non si evince quale sia stata l’istruttoria seguita per la formulazione di quelle ipotesi e a chi farne risalire la responsabilità.
- La problematicità dell’impianto è poi confermata dalla clausola fantasma : cioè quel monitoraggio (ancora in corso alla data della stipula) cui si vincola la flessibilità nell’utilizzo delle risorse per la sanità di cui al punto 3 dell’Accordo di cui si dice che è conditio si ne qua non ma poi si registra che su di esso non c’è ancora accordo, in quanto sono necessari degli approfondimenti.
- Altra condizionalità incerta è quella segnalata dall’ultimo frase dell’Accordo , dopo il punto 7: Per la realizzazione del presente Accordo sono condivise le ipotesi normative di cui all'allegato n.1, previa definizione, ove necessario. di idonea forma di compensazione degli effetti finanziari.
La domanda è: può tutto questo considerarsi una forma di leale collaborazione? Ma soprattutto in questo caso era proprio l’Accordo lo strumento adatto a stabilire questo impegno tra il Governo e le Regioni?
Gli Accordi Stato-Regioni, infatti, sono stati disciplinati dal legislatore quali “
strumenti per sancire quelle regole condivise a cui si sarebbero attenute le regioni nell’esercizio delle competenze loro attribuite”.
Insomma un coordinamento concordato per realizzare quell’attività di indirizzo e coordinamento delle attività delle regioni, che lo Stato non poteva più realizzare, in quanto la Corte Costituzionale (sentenza n.391/1991) “
aveva rilevato che lo Stato non potesse esercitare più l’ attività di indirizzo per inidoneità della norma che lo aveva previsto, ma era necessario che la legge dettasse i principi e criteri direttivi idonei a limitare a discrezionalità del Governo nell’esercizio di tale potere.”
“
L‘Accordo però rimane un incontro di volontà tra le parti e per le parti. Non è una fonte normativa capace di produrre effetti verso terzi.” (Carpani, 2006)
Gli Accordi, quindi, diventano in sede di Conferenza Stato Regioni gli strumenti per realizzare la leale collaborazione.
Come richiamato nelle premesse di questo lavoro, a seguito dell’entrata in vigore delle modifiche al Titolo V della Costituzione, la legge n.131/2003 introduce una nuova disciplina all’articolo 8, comma 6: le Intese Stato Regioni dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni, che danno un nuovo impulso all'attività di concertazione tra Stato e Regioni.
“
Le Intese non si collocano all’interno di un procedimento e non hanno per oggetto uno schema di atto che una Amministrazione statale intende adottare, si collocano fuori di un procedimento e prima che lo stesso si avvii . Piuttosto sono tese a favorire, oltre che l’armonizzazione di legislazioni, il conseguimento di obiettivi politici e l’individuazione di obiettivi condivisi”, (Carpani, 2006).
Se questo è il quadro degli strumenti che la legge mette a disposizione del Governo e delle Regioni per il tramite della sede della Conferenza, l’analisi dell’Accordo oggetto del presente lavoro, induce a una profonda riflessione sulle modalità con cui la Conferenza Stato-Regioni è chiamata ad esprimersi,
La questione è rilevante in quanto nell’attuale fase di dibattito e di prospettazione di scenari istituzionali rilevanti per la materia della tutela della salute, si è aperta una discussione sul cosiddetto “
sbilanciamento e ribilanciamento” (Ricciardi, 2021 e Masala, 2021). Si tratta di un gioco terminologico che frequentemente si riscontra nelle discussioni in atto tra costituzionalisti circa l’assetto istituzionale che si consoliderà nella fase post pandemica. Assetto che non sarà certamente quello prepandemico, così come la situazione epidemiologica non sarà quella prepandemica.
In questo dibattito emergono valutazioni e proposte di vario segno rispetto al ruolo dello Stato e delle Regioni. Ma una valutazione comune è che il principio della leale collaborazione e del coordinamento operativo e sinergico interistituzionale tenderà ad espandersi. Ciò comporta che il sistema delle Conferenze e innanzitutto la Conferenza Stato Regioni avranno un ruolo rilevante soprattutto nel campo della tutela della salute e dell’organizzazione sanitaria e sociosanitaria. Se la Conferenza Stato Regioni non assolverà a questa funzione ci sarà il rischio che venga vanificata una parte cospicua di quanto si spera di raggiungere con il PNRR.
Ma allora, ferma restando l’esigenza di incrementare fin da subito lo spessore istruttorio dei procedimenti in corso, nel “pacchetto Resilienza” occorre una riflessione e delle decisioni per rafforzare e sostenere le sedi di concertazione. Certo sullo sfondo rimane l’ipotesi costituzionalizzazione del sistema delle Conferenze ma intanto occorre verificare l’ipotesi di arricchire, con legge ordinaria, il quadro degli strumenti a disposizione di questo sistema, anche per evitare approcci tipo milleproroghe, come quello da noi analizzato per l’accordo del 20 maggio 2021 rep 58/CSR che inevitabilmente sono fonte di confusione
Filippo Palumbo
Già Direttore Generale e Capo Dipartimento per la Programmazione sanitaria presso il Ministero della salute
Maria Giuseppina La Falce
Già Dirigente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri
Riferimenti bibliografici:
- Carpani G. La Conferenza Stato Regioni Il mulino 2006
- Masala, I diritti fra Stato e Regioni nell’emergenza sanitaria, a vent’anni dalla revisione del Titolo V: quali lezioni possono trarsi e quale “ribilanciamento” occorre realizzare, per una più efficace garanzia dell’uguaglianza sostanziale?, in Costituzionalismo.it, n. 1, 2021.
- Ricciardi G,C., Regionalismo della differenziazione e riordino delle autonomie infraregionali. Un gioco (istituzionale) “non a somma zero”, in Il Politico, n. 1, 2021.
22 novembre 2021
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Studi e Analisi