Il Parlamento apre, in via transitoria, all’attività libero professionale per infermieri e professioni sanitarie. Ma l’intramoenia è ancora lontana
di Saverio Proia
Con la conversione in legge del decreto sul Green pass esteso, il Parlamento ha previsto per infermieri, ostetriche, Tsrm e professioni sanitarie di poter svolgere 4 ore settimanali di attività al di fuori dell'orario di servizio anche presso altre strutture diverse da quella dove operano abitualmente. A parte il fatto che la norma, al momento, essendo agganciata allo stato di emergenza varrà solo fino al 31 dicembre, seppur meglio di niente, è ancora molto lontana da quel giusto riconoscimento dell'intramienia anche per queste professioni
18 NOV - Nella
definitiva conversione da parte dell'Assemblea della Camera dei Deputati in legge il d.l. 127 del 21.09.20 recante “Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l'estensione dell'ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening”, è stato confermato quanto era stato introdotto, tra l’altro, dall’Assemblea del Senato della Repubblica nel precedente esame del testo, con l’ articolo 3 quater prevedendo una norma transitoria, valida fino al termine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, in materia di compatibilità con altre prestazioni lavorative, rese dagli esercenti le professioni sanitarie di a cui alla legge 251/00, dipendenti pubblici di Aziende ed Enti i del Servizio sanitario nazionale, limitando, nel periodo suddetto, l'applicazione delle norme vigenti, ivi richiamate, che escludono la possibilità di svolgimento di altre attività lavorative da parte del personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale.
La possibilità transitoria, pertanto, concerne lo svolgimento, da parte di personale rientrante nelle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione nonché della professione di ostetrica ed appartenente al comparto contrattuale pubblico della sanità, di altre prestazioni al di fuori dell'orario di servizio e per un monte ore complessivo settimanale non superiore a quattro ore.
La possibilità transitoria in esame viene introdotta a condizione che gli incarichi esterni siano previamente autorizzati dal vertice dell'amministrazione di appartenenza; quest'ultimo, in sede di rilascio dell'autorizzazione, verifica: la compatibilità con le esigenze organizzative del Servizio sanitario nazionale e con l'obiettivo aziendale relativo allo smaltimento delle liste di attesa (nel rispetto della disciplina nazionale di recupero delle medesime liste, anche in relazione all'emergenza pandemica da COVID-19), nel il rispetto della normativa sull'orario di lavoro.
Non è ancora il giusto riconoscimento a queste professioni dello stesso diritto alla libera professione proprio delle altre restanti otto professioni sanitarie della dirigenza medica e sanitaria, della cui estensione ho più volte scritto qui su QS, per ovvi motivi di costituzionalità della norma e di benefici per la valorizzazione degli stessi professionisti, per un’ulteriore risposta all’utenza e per l’emersione di lavoro svolto in nero e extra legem: quindi si tratta, in buona sostanza, più che altro di un’estensione della possibilità, già prevista, di svolgere prestazioni aggiuntive su base oraria non solo presso la propria azienda sanitaria o in altra azienda sanitaria pubblica, ma anche in altre strutture sanitarie e sociosanitarie ad iniziare dalla RSA, sempre più carenti di personale infermieristico che, invece, per la normativa anti COVID è stato in prevalenza assunto dalle aziende sanitarie.
Il legislatore, forse perché è d’iniziativa parlamentare e non governativa, ha prodotto una norma migliore almeno nella forma in quanto abbandona il solo riferimento alle sole professioni infermieristiche ma comprende l’intero universo delle altre 19 professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e la professione di ostetrica, ricomponendo un’unitarietà del quadro professionale di riferimento; certo si era fatto trenta e si sarebbe potuto fare trentuno, prevedendo l’estensione anche alla professione sociosanitaria di assistente sociale ma sarà per un’altra volta…speriamo…
È certamente un piccolo spiraglio, meglio di niente certamente, verso l’estensione del diritto all’esercizio della libera professione e della conseguente indennità per il personale sanitario che a oggi è negato; però la stessa norma di 4 ore settimanali fino alla ultimazione dello stato di emergenza che oggi è ancora il 31 dicembre 2021, in una legge che è stata oggi licenziata il 20 novembre e che deve ancora andare in Gazzetta Ufficiale della Repubblica, se lo stato di emergenza non sarà, purtroppo prolungato, vuol dire sostanzialmente aver fatto poco in quanto se andrà bene e per avere l’autorizzazione dell’azienda possono passare pure 15 giorni...
Così come, tra l’altro 4 ore settimanali non coprono neppure un turno, diventa tutto di difficile utilizzo, si comprende di non superare le 40 ore settimanali, ma forse sarebbe bastato scrivere due turni al mese o comunque lasciare un margine d’azione prevedendo dodici o quattordici ore al mese da poter gestire come conviene; il rischio è che con quelle quattro ore settimanali messe così si sfoci in una rigidità del sistema tale da non riuscire ad utilizzare al meglio con il pericolo che così non si farà fronte adeguatamente al recupero delle liste d’attesa o peggio ancora alla carenza di infermieri e degli altri professionisti sanitari in generale, ma soprattutto nelle RSA.
Però è sempre meglio avere questi problemi per una soluzione non troppo perfetta che non avere neanche questa soluzione…forse con un circolare del Ministero della Salute, concordata con le Regioni, previa concertazione con i sindacati firmatari del CCNL del Comparto Sanità, si potrebbe dar la migliore interpretazione di questa norma nella forma più estensibile possibile, ma condivisa dalle parti.
Saverio Proia
18 novembre 2021
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