La lunga marcia dei Distretti. I passaggi normativi in Italia
30 MAR -
La prima apparizione nella 833
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I Comuni singoli o associati articolano le Unità sanitarie locali in Distretti sanitari di base, quali strutture tecnico-funzionali per l’erogazione dei servizi di primo livello e pronto intervento” (art. 10, Legge 23 dicembre 1978, n. 833).
Con il 502 si passa alle Regioni
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Spetta alla Regione disciplinare le modalità organizzative e di funzionamento delle Aziende Usl, definendo, tra l’altro, l’articolazione delle USL in Distretti” (art. 3, c. 5, D. leg.vo 30 dicembre 1992, n. 502).
Una spinta in avanti: il Psn 1998-2000
Sebbene già il Psn 1994-1996 indicasse già la realizzazione dei Distretti tra gli obiettivi prioritari del triennio, il passaggio fondamentale avviene con il successivo Psn 1998-2000, che dà indicazioni sia sul ruolo che esso deve avere sia sui modelli organizzativi. Il Distretto deve essere:
“centro di servizi e prestazioni dove la domanda di salute è affrontata in modo unitario e globale” e “punto di riferimento unico per il soddisfacimento dei bisogni di salute dei cittadini”;
“centro organizzativo e di gestione dell’assistenza sanitaria di base e di tutti i servizi del territorio di competenza”.
Con il 229 il Distretto prende forma
Con la “riforma Bindi” si definiscono i contorni, le funzioni, le autonomie e gli ambiti di attività del Distretto, anche se saranno le Regioni a dover definire le forme organizzative.
In particolare si stabilisce:
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Il D. dovrà avere una popolazione minima di 60.000 abitanti;
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Il D. avrà autonomia economica e finanziaria nell’ambito delle risorse assegnate
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Il D. si occuperà di: assistenza di base, assistenza specialistica ambulatoriale, prevenzione e la cura delle tossicodipendenze, consultori la tutela della salute di infanzia, donna e famiglia; attività o servizi rivolti a disabili ed anziani, Adi.
Finanziaria 2001: arriva il budget di Distretto
La Finanziaria 2001 prevede la sperimentazione del “budget di Distretto”, ovvero che le Regioni possano assegnare, in via sperimentale, a uno o più Distretti, una “
dotazione finanziaria virtuale, calcolata sulla base del numero di abitanti moltiplicato per la parte della quota capitaria concernente le spese per prestazioni farmaceutiche, diagnostiche, specialistiche, ospedaliere e residenziali, che si presumono indotte dall’attività prescrittiva dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, degli specialisti ambulatoriali e convenzionati e dei medici di continuità assistenziale” (art.6, c. 2, Legge 23 dicembre 2000, n. 388).
Solo il Piemonte e la P.A. di Bolzano utilizzano questa formula in tutte le Asl, ma un’altra decina di Regioni avviano sperimentazioni secondo i criteri della L.388/2000 (Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Molise, Campania, Puglia, Basilicata). Friuli Venezia Giulia, Marche e P.A. di Trento fanno sperimentazioni secondo proprie leggi regionali.
Psn 2011-2013: il Distretto per la “centralità delle Cure Primarie”
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Il coordinamento e l’integrazione di tutte le attività sanitarie e socio-sanitarie a livello territoriale vengono garantiti dal Distretto al quale sono altresì affidati i compiti di ricercare, promuovere e realizzare opportune sinergie tra tutti i sistemi di offerta territoriale e di fungere da strumento di coordinamento per il sistema delle cure primarie (mmg e altre professionalità convenzionate)”.
30 marzo 2011
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