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Censis: “Donne con tumore al seno hanno più difficoltà quotidiane, ma maggiore autonomia”


15 MAG - Complessivamente in Italia vivono 522.235 donne che hanno ricevuto una diagnosi di tumore alla mammella, pari al 23,3% del totale dei pazienti che hanno ricevuto una diagnosi di tumore; in particolare, hanno avuto una diagnosi di tumore alla mammella da meno di 2 anni nel 16% dei casi, tra i 2 e 5 anni nel 21% dei casi, tra i 5 e 10 anni nel 25% dei casi ed oltre i 10 anni nel 38% dei casi. La prima reazione alla diagnosi è connotata dalla paura, indicata da oltre il 37% degli intervistati ma segue, con oltre il 30%, la voglia di reagire, e ancora incredulità (22,7%) e rabbia (20%). Un dato di particolare interesse riguarda il maggior grado di autonomia che caratterizza questi pazienti: quasi il 26% dichiara di non avere un caregiver, rispetto alla media del 17,3%. Per oltre il 40% dei pazienti i maggiori problemi sono emersi sul piano psicologico, per il 37% nel disbrigo di pratiche della vita quotidiana, seguono le problematiche in ambito familiare (24,7%) e nel lavoro (22%). Il 42% dichiara inoltre di avere “molti” o “abbastanza” problemi di sonno e il 35% di depressione; l’11,1% valuta negativamente la qualità delle proprie giornate, quota inferiore a quella degli altri pazienti. E' quanto emerso da un'indagine Censis illustrata questa mattina al Senato nel corso della presentazione del V Rapporto Favo sulla condizione assistenziale dei malati di cancro.
Ostacoli e difficoltà nel lavoro dopo la diagnosi di tumore. In seguito all’insorgenza della patologia è stato licenziato il 3,4% dei pazienti con tumore alla mammella intervistati (percentuale più alta del resto del campione, pari all’1,2%), e ad aver dovuto dare le dimissioni, cessare l’attività commerciale, professionale o artigianale è stato il 6,2% degli intervistati; oltre il 42% è stato costretto a fare assenze associate alla patologia ed alla cura (32,1% tra gli altri malati), il 33,1% rileva che si è ridotto il suo rendimento suo malgrado (il 29% per gli altri), il 16% circa ha dovuto mettere da parte propositi di carriera (il 6,2% tra gli altri) e quasi il 12% ha dovuto chiedere il part-time o altre modalità di lavoro flessibile o di riduzione dell’orario (rispetto al 4,3% degli altri pazienti).

Positiva la valutazione dei servizi sanitari. Forte il rapporto con l’oncologo (l’83,6% dei pazienti ha un proprio oncologo di riferimento) e buono il grado di informazione dei pazienti sui farmaci antitumorali con i quali è stato curato o con cui viene attualmente curato (indicato dall’86,8%). Rispetto alle terapie oncologiche ricevute emerge che più degli altri i malati di tumore alla mammella hanno subito interventi chirurgici (quasi l’87% contro il 69% degli altri), e hanno seguito cicli di chemioterapia (l’83,4% contro il 78% degli altri) e di radioterapia (il 51,2% contro il 32,7%). Oltre il 39% ha svolto attività riabilitative per disabilità fisica, deficit funzionale, cognitivo e psicologico (rispetto al 24% del resto del campione), e poco più di un quarto dichiara di averne ricevuto un impatto positivo. Riguardo alla valutazione dei servizi con cui il paziente è entrato in contatto, il 77% definisce ottimi o buoni i servizi sanitari di cui ha usufruito, mentre solo il 44% giudica positivamente i servizi sociali.

Le cure non sono uguali ovunque. E’ pari al 70% la quota di pazienti con tumore alla mammella che ritiene che vi siano opportunità di cura diverse tra i malati di tumore in Italia, secondo il 38% le diversità sussistono soprattutto tra le regioni, per il 31,6% anche all’interno delle singole regioni. Il 72% è convinto che, rispetto al servizio da cui si è seguiti al momento dell’intervista, ne esistano altri in contesti diversi che garantiscono cure e trattamenti migliori, ma per il 44% degli intervistati è condivisa la certezza che l’assistenza garantita dal proprio servizio è comunque di buon livello. Per il futuro, quasi il 72% ritiene priorità assoluta per la condizione dei malati di tumore le terapie innovative personalizzate, il 35,5% indica la necessità di attribuire maggiore attenzione ai risvolti psicologici della patologia, seguono i sussidi economici, le erogazioni monetarie e il bisogno di maggiori informazioni sulle varie fasi del percorso di cura. Anche la presente indagine conferma l'elevatezza del costo sociale relativo al tumore; infatti, per il tumore alla mammella il costo sociale totale complessivo annuo relativo all’insieme dei malati con una diagnosi di tumore di al massimo 5 anni, con e senza caregiver, e dei caregiver, risulta pari a 7,3 miliardi di euro, mentre il corrispondente costo sociale medio procapite è pari in media a 28 mila euro.
 

15 maggio 2013
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