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BY PASS AORTOCORONARICO. In alcui casi mortalità 8 volte superiore alla media


03 OTT - L’intervento by-pass aorto-coronarico (Bpac) consiste nella sostituzione del tratto dell’arteria cronarica compromesso da una lesione aterosclerotica, attraverso l’innesto di un segmento di vaso che permette di aggirare l’ostruzione. È indicato per alleviare i sintomi anginosi, quando questi resistono alla terapia medica, e dà risultati migliori delle cure mediche nel prolungare la sopravvivenza dei pazienti con malattia coronarica avanzata.
I rischi potenziali sono essenzialmente condizionati da fattori legati allo stato generale di salute del paziente (che riguardano un 5% dei pazienti trattati), ma si stima che in un paziente in buone condizioni generali e senza gravi malattie il rischio di decesso sia intorno al 2%. È peraltro una procedura molto diffusa e poco rischiosa, tanto che è l’intervento cardochirurgico più eseguito al mondo e la mortalità a breve termine può rappresentare quindi un ottimo indicatore della qualità dell’attività delle strutture di cardiochirurgia.
L’esito a breve termine può rappresentare un buon indicatore di qualità dell’attività della strutture di cardiochirurgia. La valutazione si riferisce all’intero processo assistenziale ospedaliero e post-ospedaliero (a 30 giorni dall’intervento) ed è relativa al Bpac isolato, cioè non associato ad altri selezionati interventi cardiochirurgici o ad endoarteriectomia. La scelta di considerare gli interventi isolati è legata al fatto che sia il livello di mortalità sia i fattori di rischio sono diversi nel caso degli interventi associati.
 
Intervento Bypass Aortocoronarico: mortalità a 30 giorni – valore medio 2,45%  (Vedi tabella)
L’intervento di B-ypass Aortocoronarico è quello cardiochirurgico più eseguito al mondo e la mortalità a breve termine può rappresentare quindi un ottimo indicatore della qualità dell’attività delle strutture di cardiochirurgia. Da notare come le prime dieci performance positive si attestino tutte sotto la soglia dell’1%, rispetto alla media nazionale del 2,45%. In cima alla graduatoria troviamo 5 strutture (l’AO Civile S. Antonio e Biagio di Alessandria, l’IrccsPr Fond. Monzino di Milano, l’ospedale C. Poma di Mantova, l’AOUU di Udine e l’AOUU Careggi di Firenze) tutte con una percentuale pari a 0. Dal lato degli esiti sfavorevoli, invece, molto negativa risulta la performance dell’AO S. Anna e S. Sebastiano di Caserta con il 16% (otto volte sopra la media). Al secondo posto si attesta la CCA Gavazzeni di Bergamo con il 14,3% di decessi a 30 giorni dall’intervento. A distanza ma sempre con un esito più di tre volte maggiore rispetto alla media c’è l’AO Colli P. Monaldi di Napoli con il 9,1%.
 
 
Legenda
Per facilitare la lettura abbiamo selezionato le prime dieci e le ultime dieci strutture a livello nazionale con esiti favorevoli e sfavorevoli rispetto alla media nazionale. Le diverse strutture sono state collocate, così come realizzato dagli epidemiologi dell’Agenas, in tre fasce: quella blu, i cui dati aggiustati (ossia quei dati per i quali sono state considerate le possibili disomogeneità tra le popolazioni come l’età, il genere, presenza di comorbità croniche, etc..) e favorevoli, sono statisticamente certi; quella rossa in cui dati aggiustati sfavorevoli non presentano margini di errore statistico; quella grigia dove invece c’è un rischio relativo di errore di un risultato (quello che i tecnici chiamano fattore “p”).


03 ottobre 2012
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