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Ogni paziente deve avere uguali possibilità di accesso alle cure

di Carlo. M. Petrini

20 NOV - La pandemia di CoViD-19 ha reso di drammatica attualità i profondi interrogativi suscitati dall’esigenza di operare una selezione nell’ammissione a trattamenti intensivi quando le risorse non siano sufficienti rispetto alle necessità.
 
L’articolo 32 della costituzione “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo” e ogni medico ha il dovere di rispettare l’articolo 36 del Codice di Deontologia Medica in base al quale “(i)l medico assicura l’assistenza indispensabile, in condizioni d’urgenza e di emergenza, nel rispetto delle volontà se espresse o tenendo conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento se manifestate”. 
 
Tuttavia, vi sono situazioni in cui è impossibile trattare tutti. In tali casi la sola etica ippocratica risulta insufficiente: occorre, dunque, applicare il triage. Il termine “triage” deriva dal verbo francese “trier”, in uso dal XIV secolo con il significato di “classificare” o “selezionare”.
 
Nella lingua inglese un’espressione simile compare all’inizio del XVII secolo per indicare la suddivisione della lana ricavata dalla tosatura in base alla qualità. L’edizione del 1825 dell’Oxford English Dictionary riporta la ripartizione dei chicchi di caffè in base alla qualità (buona, mediana, scadente) come esemplificazione del significato di “triage”.
 
In ambito sanitario il termine venne introdotto da Dominique Jean Larrey, capo-chirurgo nell’esercito di Napoleone, che codificò uno dei primi sistemi di classificazione dei feriti sulla base della loro gravità. Purtroppo, non solo in guerra ci si può trovare nella necessità di stabilire priorità nell’allocazione delle risorse.
 
Negli ultimi decenni, in ambito sanitario, si tendeva a dare al termine “triage” una connotazione almeno parzialmente negativa: nel “Time” dell’11 novembre 1974, si leggeva che “triage” è un “concetto crudele che insegna che, quando le risorse sono scarse, bisogna allocarle dove producono la maggiore utilità”. Il triage veniva, quindi, esplicitamente associato ad un approccio utilitarista.
 
Come ogni atto medico, il triage deve basarsi innanzi tutto sui criteri di appropriatezza e proporzionalità. In condizioni di emergenza e mancanza di risorse, però, può essere necessario un bilanciamento diverso tra i vari criteri clinici (beneficio atteso, gravità, etc.).
 
A seconda della prospettiva da cui ci si pone, si potrebbero considerare anche criteri non clinici. Si potrebbe, per esempio, valutare l’importanza del paziente per il benessere altrui, oppure procedere secondo l’ordine d’arrivo (first come, first served), oppure ancora adottare il modello della lotteria (casualità nell’assegnazione).
 
Simili criteri, e ogni criterio basato su una valutazione di valore sociale della persona, devono essere rifiutati. Privilegiare uno o più criteri rispetto ad altri comporta l’adozione di diversi modelli di etica.
 
La deontologia medica pone al centro la persona malata che il medico si trova a curare, privilegiando il criterio terapeutico. Esso prende in considerazione anche l’urgenza e la possibilità di riuscita.
 
L’etica centrata sulla persona non trascura la dimensione sociale: in particolare, promuove l’equità, al fine che ogni paziente abbia uguali possibilità di accesso. L’etica centrata sulla persona, però, rifiuta di anteporre l’utilità sociale al bene della persona.
 
Conformemente al decreto ministeriale 27 febbraio 2018, istitutivo del Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG) presso l’Istituto Superiore di Sanità, il documento è stato redatto dalla Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva (SIAARTI) e dalla Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni (SIMLA), selezionate tra le Società Scientifiche e delle Associazioni Tecnico Scientifiche delle Professioni Sanitarie riconosciute ai sensi della legge 8 marzo 2017 “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”.
 
Carlo. M. Petrini
Direttore dell’Unità di Bioetica
Presidente Comitato Etico
Istituto Superiore di Sanità


20 novembre 2020
© Riproduzione riservata

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