08 NOV - In Lombardia esiste qualche problema di governance della cronicità soprattutto in termini di presa in carico e accompagnamento dei pazienti, ma anche di strumenti disponibili per i professionisti coinvolti.
Questa la comune denuncia di chi, chiamato alla cura della patologia diabetica, a Milano, ha animato l’incontro organizzato da Quotidiano Sanità con il sostegno di Msd, nell’ambito del più ampio progetto Dialogo (Diabetes Local Governance), per indagare sul campo, in tutte le regioni italiane, luci ed ombre della governance del diabete quale paradigma del più ampio universo delle patologie croniche.
All’incontro di Milano, quarta tappa del “viaggio” di QS, hanno partecipato Maurizio Bersani, Direttore programmazione Regione Lombardia, Annalisa Giancaterini, Presidente Amd Lombardia, Giuseppe Lepore, Presidente Sid Lombardia, Roberto Stella, Presidente Snamid, Walter Valsecchi, Dir. Cure primarie, ATS Brianza, Ovidio Brignoli, Vice presidente Simg e Coop Mmg, Ats Bs, Tamara Grilli, Fand e Gabriella Levato, Segretario regionale Fimmg.
Problemi di governance che sono in ogni caso abbastanza presenti ai decisori istituzionali ma che, alla luce dell’impianto complessivo della riforma sanitaria lombarda, agli occhi dei professionisti, sembrano tutt’altro che in via di risoluzione. A cominciare proprio dalla necessità di essere maggiormente ascoltati per non cedere il passo ai consueti allarmi delle voci di bilancio che se lette, come di consueto, in maniera scollegata (farmaci, dispositivi, percorsi, etc…) e quindi per silos, rischiano di rendere inefficace la pur presente e consolidata volontà di medici di medicina generale e specialisti di attivare percorsi di collaborazione e integrazione professionale efficaci ai fini dell’accompagnamento del paziente diabetico lungo tutta la sua vita.
Peraltro, e questa è un’istanza sottolineata a chiare lettere sia dai Mmg sia dagli stessi specialisti, se da un lato entrambi hanno bisogno di strumenti informatici efficaci ed efficienti capaci di sostenere le fondamenta di una rete di presa in carico estesa sul territorio, dall’altro hanno denunciato senza mezzi termini l’assurdità di dover limitare le possibilità terapeutiche più efficaci ai pazienti per meri motivi economicistici. In particolare il riferimento è ai cosiddetti farmaci “innovativi”, i nuovi antidiabetici orali, che potrebbero fare la differenza nella cura dei pazienti e che ancora sono preclusi in termini di prescrivibilità (senza alcuna motivazione scientifica o di complessità terapeutica) ai medici di famiglia.
Regione Lombardia, dal canto suo, si è detta fortemente impegnata nella definizione di nuovi modelli di ragionamento che abbiano come paradigma principale i percorsi di presa in carico del paziente e che riescano a fare sintesi (nonché assicurare il soddisfacimento) dei rispettivi bisogni. Percorsi di efficientamento che dovranno dare maggior valore alla rete clinico assistenziale più che a quella meramente organizzativa.
Una prospettiva questa, accolta certamente con favore ma che, ancora oggi, si scontra con la realtà dei singoli territori spesso alle prese con scelte e dinamiche più orientate alla sostenibilità economica immediata che ad una visione strategica omnicomprensiva di tutte le voci di spesa nella cura di un paziente diabetico. Un approccio quest’ultimo che farebbe pendere la bilancia della stessa sostenibilità dalla parte di una maggiore aperture, come detto, all’armamentario teraputico del Mmg oltre che da una maggior efficienza di una rete informatizzata estesa tra professionisti e sistema sanitario regionale. La chiusura di alcuni centri diabetologici sul territorio o l’allungamento delle liste di attesa per visite specialistiche, agli occhi dei pazienti costituiscono un campanello di allarme importante che non fa traguardare con ottimismo la dichiarata volontà di investire in reti cliniche e di collaborazione tra professionisti.
Ed anche il sistema informativo lombardo, agli occhi dei professionisti ancora non riesce a soddisfare le istanze dei clinici, vi sono problemi di interoperabilità dei sistemi, non vi sono cartelle condivise ed anche il fascicolo sanitario elettronico non è totalmente completato.
Sembrerebbe dunque mancare la reale gestione del paziente anche a causa di una frammentazione degli interventi che costituiscono essi stessi un dispendio economico notevole. E se la dinamica tra primo e secondo livello di cura in Lombardia è certamente importante, non è considerata assolutamente sufficiente.
La categoria dei diabetologi è quella con cui i Mmg lavorano da molti anni con maggiore continuità e condivisione. Lo spirito che dovrebbe animare l’azione regionale, per gli intervenuti al tavolo di confronto, dovrebbe pertanto essere quello alla base di un intervento di riorganizzazione strumentale che consenta la sincronizzazione delle azioni evitando, come già detto, ragionamenti a silos. A giudizio dei partecipanti la riforma regionale di presa in carico del paziente cronico è stata scritta da economisti senza il coinvolgimento dei clinici; ed è per questo che denunciano problemi di coerenza concettuale, laddove i medici di medicina generale non possono prescrivere farmaci innovativi a basso rischio ma possono invece prescrivere farmaci non innovativi ad alto rischio.
Una logica che compromette la reale presa in carico del paziente a favore del miope contenimento della sola spesa farmaceutica.
Peraltro, abbandonare questa logica economicistica a silos dando ai Mmg maggiori capacità prescrittive nell’ambito di una collaborazione professionale con la specialistica reale e diffusa sul territorio, può certamente contribuire non soltanto alla migliore presa in carico del paziente ma anche alla razionalizzazione del sistema, liberando gli stessi centri specialistici da effetti “imbuto” per richieste di visite non necessarie.
Purché per integrazione non s’intenda un’integrazione soltanto strutturale. In tal caso, a giudizio dei partecipanti, se ne parlerà per i prossimi vent’anni. Mentre se all’integrazione s’intenderà dare invece un’accezione funzionale che possa appoggiarsi al fascicolo sanitario elettronico e legata alla domanda e non alle esigenze delle strutture, allora i termini di attuazione potrebbero essere di medio periodo.
Insomma, l’incontro di Milano ha testimoniato un forte senso critico nei confronti della visione e della progettualità istituzionale. Sentimento del resto ben leggibile anche nella declinazione per la regione Lombardia dei dati della Survey nazionale realizzata nei mesi precedenti sull’argomento.
La Survey in Lombardia. Se infatti in Lombardia la presa in carico del paziente diabetico è giudicata positivamente per oltre il 79% dei rispondenti; il 44,55% del totale dei giudizi lo definisce discreto, il 22,73% sufficiente e solo il 12% ottimo. Di contro giudizi insufficiente e pessimo si distribuiscono in misura pressoché uguale (rispetto al dato totale), attestandosi rispettivamente all’11,91% ed al 10%.
Il dato lombardo vede pertanto degli scostamenti rispetto alla media nazionale ed alla media dell’area Nord Ovest, attestando i medici lombardi meno generosi nel giudizio: quello “ottimale” della presa in carico risulta avere un differenziale negativo rispetto all’area Nord Ovest di circa 6 punti percentuali che non recupera del tutto dal +4 punti che si registra nel giudizio “discreto” (e superiore rispetto ai colleghi nazionali di poco più di un punto percentuale); il giudizio negativo registra uno scontento pessimo in Lombardia superiore sia rispetto all’area Nord Ovest sia rispetto alla media nazionale (rispettivamente quasi 3 e 5 punti percentuali).
Tra gli aspetti di governance che possono essere migliorati nella presa in carico del paziente diabetico proposti dal sondaggio, oltre il 45% dei rispondenti lombardi indica l’implementazione della rete tra medici di medicina generale e specialisti/centri diabetologi. Seguono, in ordine alle preferenze espresse, la “valorizzazione del ruolo del medico di medicina generale nella gestione integrata del paziente diabetico” (32,72%), la “gestione dei dati mediante una rete informatizzata condivisa e l’introduzione di specifici indicatori di monitoraggio delle relative performance” (18,52%); il “pieno recepimento del Piano nazionale diabete e Piano nazionale delle cronicità da parte di regione” raccoglie solo il 3,09%.
“Solo” il 36% dei rispondenti – un dato elevato ma comunque inferiore alla media nazionale di circa 8 punti percentuali – non vede un approccio regionale ragionato e condiviso che approfondisca il rapporto tra accesso all’innovazione e sostenibilità economica. Il restante dei rispondenti ne riconosce l’esistenza ma con gradi differenziati: Il 22% dichiara che vi è – con un + 8 punti percentuali rispetto alla media nazionale ed un + 4 rispetto alla media Nord Ovest; il 26% propende nel ritenere che comunque Regione Lombardia appare “sfavorevole all’introduzione di tecnologie innovative” – registrando un valore inferiore alle medie nazionale e di macro area - ed il 16% - con 4 punti percentuali superiori alle altre medie considerate ritiene che “comincia ad essere sufficientemente diffuso un approccio valued based attraverso strumenti e metodologie di Hta.
08 novembre 2018
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