Autonomia differenziata: l’Omceo Palermo avvia 6 gruppi di studio
Dalla formazione di nuovi medici al recupero di risorse per innovare il Ssr fino allo snellimento burocratico e amministrativo. Questi alcuni dei temi a cui dare risposta. Ma anche formulare proposte entro il prossimo semestre e analizzare la sostenibilità della spesa per realizzare la domiciliazione delle terapie oncologiche
10 DIC - Formazione di nuovi medici, stop alla fuga dei talenti, recupero di risorse per innovare il sistema sanitario regionale, riallocando i fondi interni e intercettando i finanziamenti europei, snellimento burocratico e amministrativo, contenimento della mobilità extra regionale, appropriatezza prescrittiva e governo della spesa farmaceutica. E poi, un progetto siciliano ambizioso: curare il paziente oncologico nella sua abitazione.
Sono
queste le sei grandi sfide della sanità regionale individuate dall’Ordine dei medici di Palermo, guidato da
Toti Amato, affidate per ambito allo studio di altrettanti gruppi di lavoro per formulare proposte entro il prossimo semestre e analizzare la sostenibilità della spesa per realizzare la domiciliazione delle terapie oncologiche, in modo da decongestionare le strutture ospedaliere in vista di una sanità italiana regionalizzata.
I sei gruppi di lavoro sono stati presentati in occasione della
giornata inaugurale “Sanità e autonomia differenziata in Sicilia”, che si è svolta lo nei giorni scorsi a Villa Magnisi, sede dell’Ordine dei medici di Palermo, per richiamare ad un confronto determinante istituzioni, esperti e Omceo delle altre regioni meridionali.
Secondo il rapporto Oasi 2019 del Cergas Sda Bocconi di Milano, Sicilia e Lazio nel 2018 hanno registrato un avanzo nel sistema sanitario, grazie al quale “hanno bilanciato il sostanziale disavanzo di Calabria e Puglia”.
Fermamente convinto che l’autonomia differenziata sia la strada giusta per rendere più efficiente la macchina sanitaria dello Stato è il vicepresidente del gruppo parlamentare della Lega, nonché componente della Commissione Finanze,
Alessandro Pagano: “Per la Sicilia non cambia niente – ha detto - avevamo già un’autonomia speciale. Negli anni, per la sanità la sfida fu rappresentata dal superamento della gestione clientelare. In verità la Sicilia da questo punto di vista ha fatto passi da gigante: la nostra sanità 10/12 anni fa era in deficit, ma oggi grazie a buoni negoziati e a molti tavoli tecnici, la Sicilia ha raggiunto il pareggio e va meglio di altri territori. Così non è invece nel mancato turn-over generazionale. I concorsi da noi si fanno molto pochi, o non si fanno, e i nostri medici si collocano altrove. Farli tornare dopo essersi ambientati, poi diventa problematico. Ma devo dire che la sofferenza riguarda l’intero sistema nazionale sanitario perché i tagli sono stati clamorosi. Mancano all’appello del SSN 39 miliardi di euro, rispetto ad una decina di anni fa, in quota parte anche alla Sicilia. Ecco spiegati i crolli di prestazioni in tutta Italia e con concorsi che non si fanno più o quasi, in Sicilia più che altrove”.
“La sanità regionalizzata come detto c’era già – ha aggiunto Pagano. Essa risponde alla logica di un sistema federale che consente a tutti, anche alle regioni a statuto ordinario di dotarsi di centri decisionali, i più vicini al territorio. Anche in altre materie auspichiamo che si raggiungano gli stessi obiettivi. Questa è la sfida complessiva dell’autonomia differenziata, che mira a dare alla popolazione che vi risiede, nel rispetto anche della loro storia e identità, analoghi livelli essenziali di prestazione”.
Della domiciliazione delle terapie oncologicheha parlato
Roberto Bordonaro, Direttore della Uoc di Oncologia medica P.O. Garibaldi-Nesima di Catania: “Qualunque progetto si voglia sviluppare, la sua sostenibilità non potrà prescindere da un’attenta analisi dei costi. Nell’affrontare il problema dei costi di gestione del cancro, bisogna considerare però che nel novero dei costi diretti e indiretti, ci sono costi che gravano direttamente sui pazienti correlati al trasporto, per raggiungere i luoghi di cura. In alcuni casi, sono spese alberghiere anche per chi li assiste, che si aggiungono ai costi correlati al tempo che il paziente e l’assistente perdono nelle strutture ospedaliere per seguire la terapia antitumorale. Una riduzione di spese, tempi e disagio sarebbe a loro vantaggio perché ne supporterebbe l’eventuale produttività. Spostare il trattamento dalla struttura ospedaliera al domicilio del paziente, qualora fattibile, rappresenterebbe, da una parte un riposizionamento dell’impegno di spesa, che passerebbe dal paziente e dalla famiglia al sistema sanitario, dall’altra però un riguadagno della capacità produttiva del paziente e del caregiver”.
Forti dubbi sono arrivati invece dal segretario regionale della Federazione italiana di medicina generale (Fimmg)
Luigi Galvano: “Dal 2010 al 2017 - ha detto - sono emigrati in Europa oltre settemila Medici (dati MinSal), moltissimi dalle regioni del Sud, solo qualche unità è tornata. Questo, non solo a causa del così detto ‘imbuto formativo’, dovuto al fatto che, nonostante il numero chiuso, si laureano più medici dei posti disponibili per le specializzazioni e il corso di formazione in Medicina generale, ma anche perché in Europa sono pagati molto meglio sia durante la formazione postlaurea che nella professione, anche in Paesi che hanno una ricchezza simile alla nostra. Inoltre, i corsi di specializzazione messi a bando non sono un’adeguata espressione dei bisogni del cittadino e quindi del Ssn, che è il primo committente”.
“Nutro fortissime perplessità che qualsiasi tipo di progettualità – ha aggiunto Galvano – possa avere una ricaduta positiva sulla qualità della salute e delle cure dei cittadini ed essere economicamente e finanziariamente sostenibile se non si investe in un sistema capillare delle nuove tecnologie che l’informatica evoluta e l’intelligenza artificiale ci mettono a disposizione, e che sta nella primaria capacità di rendere il dato clinico comprensibile da un essere umano in ogni contesto e quindi da un qualunque algoritmo , semplice o complesso che sia. Le ricadute sarebbero una trasparenza assoluta, un contenimento degli sprechi e un agire medico più a misura dei bisogni dei cittadini. La Medicina generale sta puntando la sua azione primaria in questa direzione”.
10 dicembre 2019
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