Anziani. La concentrazione nel sangue dell’acido ippurico indicatore predittivo di ‘fragilità’
È quanto emerge da uno studio condotto dal Mario Negri Irccs e pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Gerontology. La molecola di derivazione alimentare è in grado di predire lo sviluppo della fragilità, sindrome geriatrica, che si rivela in una minore capacità dell’anziano di rispondere a situazioni di stress, e attualmente valutata secondo 33 indicatori.
28 SET - Uno
studio, condotto dai ricercatori dell’
Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs, all’interno della “misson” dell’Italian Institute For Planetary Health (IIPH), in collaborazione con la Fondazione Golgi Cenci e la Fondazione Mondino e finanziato dalla Fondazione Cariplo, pubblicato sulla rivista
Journal of Gerontology, ha messo in luce il ruolo dell’acido ippurico come indicatore della fragilità nell’anziano in base al consumo di frutta e verdura in una popolazione italiana.
Lo studio metabolico, che, a partire dal 2012, ha valutato 433 soggetti di età compresa tra 76-78 anni, divisi equamente tra maschi e femmine e fragili e non fragili, ha evidenziato come la concentrazione, più o meno alta, nel sangue di acido ippurico, una molecola di derivazione alimentare, sia in grado di predire lo sviluppo della fragilità in una popolazione italiana anziana.
La fragilità è una sindrome geriatrica, che si rivela in una minore capacità dell’anziano di rispondere a situazioni di stress. Attualmente, il procedimento per diagnosticare la fragilità di un soggetto è particolarmente lungo dal punto di vista clinico. La fragilità, infatti, viene valutata secondo 33 indicatori, risultanti da test cognitivi, fisici e anamnesi clinica del soggetto. Anche se la fragilità è strettamente legata ai processi di invecchiamento umano, il grado con cui questa si manifesta varia notevolmente tra soggetti della stessa età. Per questa ragione identificare rapidamente persone anziane a rischio di fragilità prima che questa si manifesti è una importante necessità della tenuta del sistema sanitario.
“L’associazione tra le abitudini alimentari e l’indice di fragilità – spiega
Laura Brunelli, Coordinatrice della ricerca e Ricercatore dell’Unità di Bioindicatori Proteici e Metabolici dell’Istituto Mario Negri – è riconosciuta da tempo. È recente infatti la dimostrazione che la diminuzione dell’assunzione di polifenoli (molecole molto importanti per la salute dell'organismo) e, più in generale, la diminuzione dell’assunzione di frutta e verdura sia un evento sfavorevole nei soggetti fragili. Nel nostro studio, attraverso l’utilizzo di tecnologie sofisticate, quale la spettrometria di massa, abbiamo identificato l’acido ippurico, metabolita di derivazione polifenolica, come possibile indicatore oggettivo dell’assunzione di frutta e verdura”.
“Il nostro studio – aggiunge
Roberta Pastorelli, Capo dell’Unità di Bioindicatori Proteici e Metabolici - mostra che nei soggetti fragili vi è una significativa riduzione dei livelli plasmatici di acido ippurico e che questi sono associati a una diminuzione del consumo di frutta e verdura. Abbiamo, inoltre, osservato che, nell’arco di 4 anni, gli anziani che avevano alti livelli plasmatici di acido ippurico non sono divenuti fragili al monitoraggio del quarto anno”.
“La prospettiva futura - conclude Laura Brunelli - è di arricchire questo risultato allargando lo studio ad altre popolazioni anziane italiane e andando a investigare se l’acido ippurico stesso possa essere un determinante biochimico e abbia un ruolo fisiologico nel contrastare l’insorgenza di questa sindrome geriatrica”.
La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione Cariplo all’interno del bando “Research on Ageing diseases” (progetto 2017-0557)
28 settembre 2021
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Scienza e Farmaci