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Fumo: secondo diversi esperti la riduzione del danno funziona, ma istituzioni, politica e alcuni scienziati la ostacolano


L’approccio di riduzione del danno nell’ambito del fumo è visto con favore da diversi medici, scienziati e istituzioni, ma ostacolato da altri. Gli esperti intervenuti al Global Forum on nicotine sottolineano l’utilità delle e-cigarette e dei prodotti a tabacco riscaldato nel ridurre i rischi.

24 GIU - Nel mondo ci sono ancora più di un miliardo di fumatori. Da diversi anni molti scienziati, medici, istituzioni si battono per un approccio di riduzione del danno: chi non riesce a smettere con la dipendenza da nicotina può ridurre i rischi con la sigaretta elettronica o prodotti a base di tabacco riscaldato. Questo approccio è contrastato a molti livelli, secondo gli esperti intervenuti all'ottava edizione del Global Forum on nicotine (Gfn), che ha dedicato una sessione proprio a questo fenomeno. Il punto nodale, secondo questi esperti, è che le alternative per la riduzione del danno funzionano e ci sono diversi studi che lo dimostrano.

“Le istituzioni, la politica e un certa parte di scienziati puntano a screditare l’approccio di riduzione del danno da fumo con attacchi che screditano coloro che hanno un'opinione diversa dalla loro", secondo Konstantinos Farsalinos, dell’Università di Patras e della School of Public Health dell'University West Attica in Grecia.

Nel suo intervento il fisico Roberto Sussman, della National University of Mexico, hai sostenuto che "nella scienza del tabacco e della nicotina, la politica ha preso il sopravvento e la scienza è in secondo piano".
"Il dibattito sulle strategie di riduzione del danno è dominato dai tentativi di screditarci con prove su immaginari conflitti di interesse e con studi senza nessuna solida base”, secondo Farsalinos.

Brad Rodu, docente di Medicina ed esperto di politiche di riduzione del danno da tabacco dell'University di Louisville (Kentucky), ha portato all'attenzione della sessione l'analisi della disparità di risorse economiche investite in Usa da enti pubblici sul tema del fumo e quelle investite sulla sicurezza delle sigarette elettroniche e degli Ends, Electronic Nicotine Delivery Systems.

Secondo il giornalista britannico Christopher Snowdon, autore dell'articolo The Impact of Cop9 on vapers, a dispetto delle ricerche che dimostrano che il vaping sia meno dannoso del fumo convenzionale e “che lo svapo non sia una porta di accesso per il consumo di sigarette, l'Oms ha progressivamente irrigidito la propria posizione, spingendo per il divieto assoluto o per una regolamentazione estremamente stringente nei confronti di questi prodotti”.
La Commissione europea, nel preparare la nuova direttiva sui prodotti del tabacco ha citato proprio le dichiarazioni dell'Oms". Secondo il giornalista, “i governi che riconoscono l'importanza del contributo del vaping in contrasto ai danni provocati dal consumo di tabacco, dovrebbero cogliere l'occasione della conferenza per ribadire nuovamente il loro punto di vista".
 
Gerry Stimson
, professore emerito dall'Imperial College di Londra e direttore del forum, ha ricordato come "si stima che 98 milioni di fumatori adulti in tutto il mondo siano già passati a prodotti a base di nicotina ma con meno sostanze dannose" e che nonostante l'oppsizione dell'Oms alle politiche di riduzione del danno, "le Autorità Sanitarie del Regno Unito incoraggiano il passaggio dei fumatori che non smettono alle sigarette elettroniche, che oggi sono l'aiuto più diffuso per abbandonare le sigarette. In Giappone le vendite di sigarette sono diminuite di un terzo grazie all'introduzione dei prodotti a tabacco riscaldato. Ora la sfida sta nel rendere accessbili questi prodotti anche a chi vive in Paesi a basso reddito".

24 giugno 2021
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