Tumori. Fondazione Nibit Onlus: “Melanoma e metastasi cerebrali, il 41% dei pazienti è vivo a 5 anni”
Il Presidente Michele Maio: “Dall’inizio della pandemia, sono stati sviluppati 6 trial clinici in diversi tipi di neoplasia. Per la prima volta al mondo, abbiamo dimostrato che la combinazione di 2 molecole immunoterapiche, nivolumab più ipilimumab, funziona a lungo termine nelle persone in cui il cancro della pelle ha attaccato anche il cervello”. E nel mesotelioma il carico mutazionale indica in anticipo chi risponde all’immunoterapi.
06 MAG - Negli ultimi 12 mesi la Fondazione NIBIT ha sviluppato 6 studi clinici, tutti coordinati dal Centro di Immuno-Oncologia (CIO) dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese. Il risultato di questo impegno si concretizza in particolare in tre sperimentazioni.
Innanzitutto, lo studio NIBIT-M2 evidenzia che il 41% dei pazienti con melanoma e metastasi cerebrali è vivo a 5 anni, grazie alla combinazione di due molecole immunoterapiche, nivolumab e ipilimumab. E, in un tumore raro e molto difficile da trattare come il mesotelioma, lo studio NIBIT-MESO-1 dimostra il valore del ritrattamento con l’immunoterapia e la possibilità di utilizzare il carico mutazionale del tumore (Tumor Mutational Burden, TMB) per prevedere la risposta a questo approccio di cura. Infine, lo studio NIBIT-ML1 vuole indicare una nuova via per vincere la resistenza all’immuno-oncologia nel tumore del polmone e nel melanoma. Le ricerche e l’impegno di Fondazione NIBIT sono presentati oggi in una conferenza stampa virtuale.
“Questi studi, che pongono le basi per cambiare la pratica clinica quotidiana, sono la testimonianza della dedizione dei ricercatori di Fondazione NIBIT che, anche in questi mesi difficili a causa del Covid-19, hanno continuato a lavorare per rendere disponibili ai pazienti oncologici nuove sperimentazioni cliniche - spiega
Michele Maio, Presidente Fondazione Nibit, Direttore della Cattedra di Oncologia dell’Università di Siena e del Centro di Immuno-Oncologia (CIO) dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese -. Oggi nel Centro di Siena sono circa 300 i pazienti, il 25% in più rispetto al 2019, coinvolti in oltre 50 studi clinici attivi. Le conseguenze della pandemia cominciano a essere evidenti nei nostri reparti in cui osserviamo persone con neoplasie molto avanzate, perché hanno ritardato le cure o ignorato sintomi sospetti, evitando di andare in ospedale. Non possiamo vanificare gli sforzi compiuti dalla comunità oncologica in questi anni, la ricerca scientifica non deve arrestarsi e la Fondazione NIBIT è in prima linea”.
Lo studio NIBIT-M2 ha arruolato 80 pazienti con melanoma e metastasi cerebrali. “Il melanoma è un tumore della pelle, molto aggressivo in fase avanzata – afferma
Anna Maria Di Giacomo, Coordinatore del Programma Sperimentazioni Cliniche di fase I e II del CIO -. Nel 2020, in Italia, sono stati stimati 14.900 nuovi casi. Circa il 50% dei pazienti con melanoma metastatico sviluppa metastasi cerebrali. Per la prima volta al mondo abbiamo infranto il ‘dogma’ per cui l’immunoterapia non funziona in questi casi. Lo studio di fase 3 NIBIT-M2 ha coinvolto 9 centri coordinati dal CIO di Siena. I pazienti, mai trattati prima, sono stati divisi in tre gruppi. Al primo è stato somministrato un farmaco chemioterapico, la fotemustina, al secondo la combinazione ipilimumab più fotemustina ed al terzo la combinazione nivolumab più ipilimumab. NIBIT-M2 rappresenta la prosecuzione ideale dello studio NIBIT-M1, pubblicato nel 2013 su ‘Lancet Oncology’, che aveva incluso solo i primi due bracci. Per la prima volta al mondo sono disponibili i dati sul trattamento immunoterapico a lungo termine in questa popolazione. Il 41% dei pazienti trattati con la combinazione nivolumab e ipilimumab è vivo a 5 anni rispetto al 10,9% con fotemustina”.
“Le metastasi cerebrali sono un fattore prognostico assolutamente sfavorevole, con una sopravvivenza mediana di circa 6 mesi – sottolinea Maio -. Grazie ai risultati dello studio NIBIT-M2, possiamo affermare che i pazienti con metastasi cerebrali rispondono alla combinazione di molecole immunoterapiche in prima linea in modo simile alle persone colpite da melanoma metastatico ma prive di metastasi al cervello”.
Un’altra strada aperta da Fondazione NIBIT va nella direzione di indentificare con sempre maggior precisione i pazienti che possono rispondere all’immunoterapia, come evidenziato dallo studio NIBIT-MESO-1, che ha coinvolto 40 individui affetti da mesotelioma. “I nostri obiettivi sono, da un lato, fornire la migliore terapia a ogni persona con diagnosi di cancro, dall’altro utilizzare al meglio le risorse disponibili – continua Maio -. Per raggiungere questi risultati, serve un biomarcatore ‘solido’ e TMB, che misura il numero di mutazioni molecolari nel tumore, va proprio in questa direzione. Per valutare il carico mutazionale è necessario analizzare una quantità elevata di geni. Il test è eseguito su tessuto tumorale, grazie alle moderne tecniche di analisi del genoma che si avvalgono del sequenziamento genico di nuova generazione. E deve essere effettuato al momento della diagnosi: così il clinico dispone di una ‘fotografia’ molecolare completa per ogni paziente e può individuare quali risponderanno meglio all’immunoterapia”.
Il mesotelioma è una neoplasia rara ma molto aggressiva. In Italia, nel 2020, sono stati stimati circa 1.900 nuovi casi. “Presenta un fortissimo legame con l’esposizione professionale alle fibre di asbesto e per trent’anni non vi sono stati avanzamenti nella terapia – sottolinea
Luana Calabrò, Responsabile neoplasie toraciche del CIO -. Il nostro gruppo di Siena, ha sviluppato, nel 2009, le prime ricerche al mondo di immunoterapia con anticorpi diretti contro differenti check-point immunologici proprio nel mesotelioma. Lo studio NIBIT-MESO-1, pubblicato ad aprile 2021 su ‘Lancet Respiratory Medicine’, innanzitutto ha dimostrato che una percentuale rilevante di pazienti, circa il 50%, ritrattati con una combinazione di molecole immuno-oncologiche, risponde nuovamente al trattamento immunoterapico. La sopravvivenza globale mediana è stata di 25,6 mesi rispetto a 11 mesi in quelli non ritrattati. Fino a oggi mancavano dati sull’efficacia del ritrattamento con l’immunoterapia nel mesotelioma. Nello studio NIBIT-MESO-1, abbiamo anche analizzato, retrospettivamente, il carico mutazionale del tumore e abbiamo osservato risultati migliori sia in termini di risposta che di sopravvivenza nei pazienti trattati con l’immunoterapia che presentavano un TMB superiore alla mediana. In particolare la sopravvivenza ha raggiunto 30,9 mesi nei pazienti con TMB più alto rispetto a 14,9 mesi nei pazienti con un valore più basso di TMB”.
“Il carico mutazionale del tumore – spiega Maio - può quindi aiutare a predire la probabilità che un paziente con mesotelioma tragga beneficio dal trattamento immunoterapico. Le cellule tumorali con elevato TMB presentano alti livelli di neoantigeni, che aiutano il sistema immunitario a riconoscere il tumore come ‘estraneo’ provocando un aumento delle cellule T deputate a combattere il cancro e, di conseguenza, stimolando la risposta antitumorale”.
Il terzo studio che testimonia l’impegno di Fondazione NIBIT nella ricerca è NIBIT-ML1, promosso grazie anche al contributo di Bristol Myers Squibb ed Astex Pharmaceuticals. “Lo studio è partito a ottobre 2020, durante la seconda ondata della pandemia – afferma
Anna Maria Di Giacomo, Principal Investigator di NIBIT-ML1 -. Saranno coinvolti complessivamente circa 20 centri italiani ed è previsto l’arruolamento di 160 pazienti, 80 con melanoma avanzato e 80 con tumore del polmone, che non hanno risposto a un precedente trattamento immunoterapico. L’obiettivo della ricerca è comprendere i meccanismi di resistenza all’immuno-oncologia per superarli”.
“Sappiamo che circa il 50% dei pazienti con melanoma risponde all’immunoterapia a lungo termine – continua Maio -. Nel tumore del polmone la percentuale è pari a circa il 35%. Per aumentare questi numeri, una delle strategie da seguire è rendere le cellule tumorali maggiormente ‘visibili’ al sistema immunitario, ad esempio utilizzando farmaci ipometilanti. Vogliamo analizzare l’efficacia della combinazione di nivolumab e ipilimumab con una molecola ipometilante in pazienti che hanno fallito una precedente terapia con anticorpi diretti contro PD-1/PD-L1 già disponibili nella pratica quotidiana. La base scientifica di questo studio è stata sviluppata nell’ambito del progetto 5 per mille di AIRC, che include 5 importanti Istituzioni italiane ed è coordinato dal Centro di Siena. E grazie all’impegno dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese, a maggio 2020, abbiamo anche inaugurato il nuovo Centro di Sperimentazioni Cliniche di fase I, che permetterà di accogliere e seguire in modo sempre più efficace i pazienti oncologici che ad essa afferiscono da tutta Italia”.
06 maggio 2021
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