Disordini alimentari. Da una nuova molecola una possibile risposta alle “abbuffate” fuori controllo
Il 3,5% delle donne e il 2% degli uomini è affetto dal Binge Eating Disorder. Gli antidepressivi non sono abbastanza efficaci. All’orizzonte una nuova molecola testata dai farmacologi della Sif che hanno firmato in articolo pubblicato su Neuropsycopharmacology Springer Nature Journal. Se ne parla al 40° Congresso Nazionale della Società Italiana di Farmacologia, in corso fino al 13 marzo
09 MAR - Novità in arrivo per quanti sono vittime del
Binge Eating Disorder (Bed), il disturbo alimentare caratterizzato da episodi ricorrenti di abbuffate fuori controllo, analoghe a quelle della bulimia. Una molecola potrebbe allontanarli dalle abbuffate: si chiama oleoiletanolamide, un farmaco che servirà a prevenire e contrastare il disturbo da alimentazione incontrollata.
È quanto emerge da un articolo pubblicato sulla rivista scientifica
Neuropsychopharmacology e firmato dalla
Società Italiana di Farmacologia riunita in questi giorni in Congresso nazionale.
“Molti alimenti, soprattutto quelli ricchi di zuccheri, costituiscono una fonte di energia immediatamente disponibile per l’organismo e allo stesso tempo stimolano il rilascio di dopamina nel cervello, il neurotrasmettitore associato alla motivazione e al senso di gratificazione”, spiega il team guidato dai farmacologi
Silvana Gaetani dell’Università Sapienza di Roma e
Carlo Cifani dell’Università di Camerino), nonché coordinatori del Gruppo di Lavoro “Obesità, Sindrome Metabolica e Disordini Alimentari” della Società Italiana di Farmacologia riunita in questi giorni in Congresso.
Nell’ambito dei disordini alimentari, il problema sorge quando mangiare non è più utile o un comportamento conviviale pro-sociale, ma diventa compulsivo, incontrollabile e ripetitivo, tanto da sfociare in una vera e propria patologia. “Binge Eating Disorder è caratterizzato da episodi ricorrenti di abbuffate fuori controllo non seguiti da atti compensatori o di eliminazione, come l’induzione del vomito o l’auto-somministrazione di lassativi – spiega Cifani – chi ne è affetto spesso sviluppa nel tempo obesità, oltre a un marcato disagio psicologico, caratterizzato da depressione, ansia, bassa autostima o altri problemi che possono influenzare notevolmente la qualità della vita”.
I trattamenti più significativi e attualmente disponibili per il Bed prevedono una combinazione di psicoterapia e farmacoterapia e quest’ultima generalmente è basata su farmaci antidepressivi. Tuttavia, il tasso di ricaduta è ancora molto elevato perciò la ricerca ha drizzato le antenne. “Nel nostro laboratorio del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia della Sapienza – spiega Gaetani, docente alla Facoltà di Farmacia e Medicina – da molti anni studiamo le proprietà farmacologiche dell’oleoiletanolamide, un lipide prodotto dal nostro intestino, in seguito a un pasto, e che segnala al nostro cervello una condizione di sazietà, in modo da limitare il consumo eccessivo di cibo e da stimolare il nostro metabolismo a bruciare i grassi”.
Con questo nuovo studio, continuano
Adele Romano e
Maria Vittoria Micioni Di Bonaventura, ricercatrici di Sapienza e di Università di Camerino, rispettivamente, e co-primi autori della pubblicazione “suggeriamo che questa molecola potrebbe essere in grado di prevenire e contrastare il Bed, modulando le funzioni di specifiche aree del cervello attivate dallo stress o da stimoli gratificanti. In Europa e in Italia non esistono farmaci approvati per il Bed, a fronte del fatto che, nel nostro Paese il 3.5% per cento delle donne e il 2% per cento uomini ne è affetto. Gli antidepressivi, di fatto, non sono efficaci per questo disturbo perché le ricadute che si registrano sono troppo elevate”.
09 marzo 2021
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Scienza e Farmaci