La linfocitopenia potrebbe indicare un aumento del rischio di morte
di Camilla de Fazio
Secondo uno studio danese, un basso livello di linfociti nel sangue è associato ad un aumento della mortalità del 60%. Questa condizione potrebbe quindi diventare un fattore di rischio da prendere in considerazione nella pratica clinica quotidiana.
13 GEN - I linfociti sono dei globuli bianchi necessari alla difesa dell’organismo. Un gruppo di ricercatori dell’università di Copenhagen ha scoperto che una riduzione patologica del numero di linfociti nel sangue è associata ad un aumento del rischio di morte per tutte le cause.
La ricerca è stata pubblicata sul Canadian Medical Association Journal.
Per lo studio, prospettico, di coorte, i ricercatori hanno analizzato i dati di 108.135 persone di origine danese di età compresa tra 20 e 100 anni che hanno partecipato al
Copenhagen General Population Study tra il 2003 e il 2015. L’età media dei partecipanti era di 68 anni.
L’obiettivo era di valutare un’associazione tra la presenza di linfocitopenia e il rischio di morte. Durante il periodo di osservazione sono morte 10.372 persone. Gli autori hanno osservato che i partecipanti con linfocitopenia (che corrisponde ad una conta dei linfociti inferiore a 1,1 × 109 per litro di sangue) presentavano in generale una mortalità più elevata di 1,63 volte rispetto alle persone con una conta di linfociti che rientrava nell'intervallo di riferimento (1,1–3,7 × 109 per litro). Dall’analisi delle diverse cause di morte è emerso che le persone con linfocitopenia avevano un rischio di 1,67 volte maggiore di sviluppare tumori non ematologici, di 2,79 volte maggiore di sviluppare tumori del sangue, di 1,88 volte maggiore di essere affetti da malattie cardiovascolari e malattie respiratorio e di 1,86 volte di sviluppare malattie infettive.
"Il nostro studio ha dimostrato che i partecipanti con linfocitopenia presentavano un rischio elevato di morire per qualsiasi causa, indipendentemente da qualsiasi altro fattore di rischio di morte per tutte le cause”, hanno precisato gli autori.
Non si sa a cosa sia dovuta questa associazione, i ricercatori hanno comunque proposto delle ipotesi. Una ridotta sorveglianza immunitaria (a cui sono deputati i linfociti) potrebbe rendere i pazienti più vulnerabili alle malattie, d’altra parte la linfocitopeina potrebbe essere un marker passivo di una fragilità generale. È vero che con l’avanzare dell’età il numero dei linfociti si riduce, gli autori hanno però osservato che il rischio di mortalità più elevato è stato riscontrato nei pazienti con linfocitopenia di età inferiore ai 70 anni.
La scoperta di questo potenziale fattore di rischio per un aumento della mortalità potrà essere utile nella pratica clinica quotidiana, concludono gli autori, poiché permette di identificare i pazienti “che potrebbero beneficiare di una sorveglianza particolare”.
Camilla de Fazio
13 gennaio 2020
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