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Carenza di ferro, colpisce 1 persona su 3 ma è sottovalutata. Pazienti scompensati e nefropatici i più a rischio, insieme alle donne in gravidanza


C’è ancora scarsa consapevolezza del problema e bisogno di informazione sui possibili rischi per la salute correlati alla mancanza di adeguati livelli di ferro nell’organismo. L’Iron Deficiency Day (26 novembre) è stata l’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica a non trascurare questa condizione.

05 DIC - La carenza di ferro è un rilevante problema di salute pubblica, per l’impatto epidemiologico e sociale: colpisce 1 persona su 3 in tutto il mondo, in particolar modo donne in età fertile, bambini sotto i cinque anni e pazienti affetti a patologie croniche infiammatorie. Eppure, si tratta di una condizione ancora troppo sotto diagnosticata, principalmente per la difficoltà nella comprensione dei suoi sintomi.
 
Affaticamento, colorito pallido, fragilità alle unghie e caduta dei capelli, scarsa concentrazione, irritabilità, fiato corto dopo una breve corsa e maggiore esposizione alle infezioni, sono i segnali più comuni, che possono manifestarsi a qualsiasi età, anche se sono più frequenti in certe fasi della vita (ad esempio in gravidanza) e in presenza di alcune malattie (su tutte, scompenso cardiaco, insufficienza renale, malattie infiammatorie croniche intestinali).
 
La Giornata della Carenza di Ferro (Iron Deficiency Day), che si celebra ogni anno il 26 novembre, riaccende i riflettori su questa condizione che può essere molto debilitante e, se prolungata e non adeguatamente trattata, portare a un peggioramento della qualità di vita e gravi conseguenze di salute. La campagna è supportata da European Kidney Alliance, Heart Failure Policy Network e Anemia Alliance.
 
Le conseguenze della carenza di ferro per l’organismo sono molteplici: ne risentono il metabolismo, la salute mentale e fisica, la produttività e la funzionalità sessuale. Secondo l’OMS, il deficit marziale può causare una riduzione del 30% dell’attività fisica. Nei bambini, può compromettere seriamente lo sviluppo cognitivo e motorio. Anche in assenza di anemia, la carenza di ferro può aggravare il decorso di malattie croniche sottostanti, con conseguente aumento della morbilità e della mortalità.
 
L’infiammazione associata a patologie croniche come lo scompenso cardiaco e la malattia renale, determina l’aumento dei livelli di epcidina, una proteina prodotta dal fegato che blocca il ferro all’interno dei macrofagi e delle cellule epatiche e ne diminuisce l’assorbimento a livello intestinale, generando così carenza di ferro.
 
La carenza di ferro interessa fino al 50% dei pazienti con malattia renale cronica (stadio 2-5) e all’incirca il 70% dei pazienti che iniziano il trattamento dialitico. La sintomatologia clinica è caratterizzata da stanchezza fisica, cefalea, maggiore suscettibilità allo stress, dispnea, riduzione delle funzioni cognitive.
 
“La gestione del rischio di anemia richiede una particolare attenzione in quanto si associa a maggior rischio cardiovascolare che aumenta con la progressiva perdita della funzionalità renale, e peggioramento della qualità di vita - sottolinea Francesco Locatelli, Ospedale A. Manzoni, ASST Lecco, membro del board delle linee guida internazionali per il trattamento dell’anemia dei pazienti con malattie renali. Inoltre, la corretta gestione della carenza di ferro nei pazienti con insufficienza renale cronica non è solo importante per scongiurare il rischio di anemia, ma anche per il miglioramento dell’attività muscolare e della funzionalità cardiaca”.
 
“Il 50% dei pazienti affetti da scompenso cardiaco ha una qualche forma di carenza di ferro - aggiunge Maurizio Volterrani, Primario di Cardiologia presso l’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma -. In presenza di insufficienza cardiaca, la carenza marziale costituisce un problema molto serio perché interferisce con la produzione di energia muscolare che correla direttamente con i sintomi e la sopravvivenza del paziente. La carenza di ferro, infatti, aumenta il rischio di mortalità di oltre il 40%, causa un peggioramento della qualità di vita e riduce di oltre il 10% la capacità di esercizio fisico che è invece fondamentale per mantenere in buone condizioni la funzionalità cardiaca. Intervenire tempestivamente e in maniera appropriata rappresenta un obiettivo fondamentale, anche alla luce delle diverse strategie terapeutiche che oggi consentono di far fronte al problema, a seconda del livello di gravità e del fabbisogno di pronta supplementazione”.
 
A richiedere una particolare attenzione sono anche le gravi conseguenze della carenza di ferro sulla salute femminile, in particolare durante il periodo della gestazione (fino al 77% delle donne soffre di deficit marziale), che aumenta di tre volte il fabbisogno di ferro per lo sviluppo della placenta e del feto. Se importante e prolungato, lo stato anemico raddoppia il rischio di parto prematuroe triplica per il bambino il rischio di basso peso alla nascita. 

05 dicembre 2019
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