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Alzheimer. La cura in un farmaco (Bexarotene) già in uso contro i linfomi


La nuova possibile indicazione terapeutica per il farmaco, già autorizzato dalla Fda per il trattamento dei linfomi, è stata rilevata negli Stati Uniti. Il medicinale, infatti, agisce in fretta ed efficacemente anche contro l’Alzheimer. Lo studio su Science.

11 FEB - Cosa hanno in comune cancro e Alzheimer? Oltre ad essere due patologie molto diffuse e conosciute, da oggi potrebbero condividere anche la cura. O meglio, nello specifico, un farmaco. Neuroscienziati della Case Western Reserve University School of Medicine di Cleveland, in Ohio, hanno infatti fatto una scoperta sensazionale: non solo il bexarotene, farmaco usato nelle terapie oncologiche, è efficace anche per il morbo di Alzheimer, ma su modello murino il suo effetto è visibile già a poche ore dalla somministrazione. Lo studio che rivela la notizia è pubblicato su Science.

Il medicinale è stato approvato addirittura più di dieci anni fa dalla Fda per il trattamento dei linfomi e dei cancri della pelle, ma i nuovi esperimenti dimostrano che potrebbe presto aggiungere un ulteriore uso clinico, se i risultati ottenuti sulle cavie vengono confermati sugli uomini.
In particolare, come già accennato, i ricercatori sono rimasti colpiti dalla velocità e dall’intensità dei miglioramenti nella memoria e nel comportamento, tanto che sembrava riuscire a invertire i segni patologici dell’Alzheimer a poche ore dalla somministrazione: entro sei ore le placche amiloidi – segno distintivo del morbo – si riducevano del 25% e il beneficio durava per tre giorni; in 72 ore più del 50%.

Il bexarotene funziona aumentando l’espressione del principale veicolo di colesterolo nel cervello, la proteina ApoE (Apolipoprotein E). Ma il farmaco sembrava avere anche un ulteriore effetto, stimolando le cellule del sistema immunitario a ‘mangiare’ i depositi amiloidei nell’organo del sistema nervoso, migliorava i sintomi dell’Alzheimer.
Ad esempio, riportano i ricercatori nello studio, i topi usati come cavie sembravano ritrovare la capacità di costruire le proprie tane. I roditori, infatti, quando trovano del materiale che può essere usato per preparare un giaciglio, tendono a prenderlo e lavorarlo. Questa capacità viene però cancellata dall’Alzheimer, tanto che i topi malati non sembrano riconoscere carta o altro come materiale utile per costruire una tana. Dopo 72 ore dalla somministrazione di bexarotene, invece, i roditori sembravano ritrovare quest’abilità.
Allo stesso modo, i topi ritrovavano il senso dell’olfatto, la cui perdita è uno dei primi sintomi del morbo. “Di solito quando si pensa all’Alzheimer vengono in mente problemi alla memoria o all’apprendimento”, ha spiegato Daniel Wesson, co-autore dello studio. “Invece le placche amiloidi si diffondono in tutto il cervello, creando problemi in molte altre funzioni, tra cui anche l’olfatto”.

La scoperta risulta quindi molto promettente, ma gli esperti ricordano che saranno necessari ulteriori accertamenti. “Lo studio rappresenta chiaramente un punto di svolta nella terapia per l’Alzheimer”, ha commentato Gary Landreth, docente della Case Western Reserve University. “Ma bisogna essere chiari: per ora è stato dimostrato solo che il farmaco funziona su modello murino, bisogna ancora dimostrare che abbia lo stesso effetto negli esseri umani. Quindi la strada per farne un trattamento è ancora lunga”.
Quel che c’è di buono, però, è che il farmaco è già approvato, ed ha un buon profilo per quanto riguarda sicurezza ed effetti collaterali. E questo, spiegano gli esperti, potrebbe accorciare i tempi.

Laura Berardi

11 febbraio 2012
© Riproduzione riservata

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