Lo studio
Un gruppo di ricercatori della University Medical Center di Utrecht, guidati da Yassine Ochen, haesaminato i dati di 29 studi per un totale di quasi 15.000 pazienti. Dalla review è emerso che il 2,3% delle persone trattate con interventi chirurgici ha avuto un altro tendine di Achille lacerato dopo il trattamento, rispetto al 3,9% di coloro che avevano optato per approcci non chirurgici. Il 4,9% dei pazienti chirurgici ha avuto infezioni e altre complicanze come coaguli di sangue, rispetto a solo l’1,6% delle persone non sottoposte a chirurgia. “Questi risultati indicano che i pro associati al trattamento chirurgico non sempre superano i contro”, dice Yassine Ochen.
“Molti pazienti che si strappano un tendine d’Achille praticano sport. La ponderazione dei benefici e dei rischi della chirurgia può dipendere dal modo in cui i pazienti devono essere attivi dopo il trattamento e dal fatto che praticare alcune attività aumenta il rischio di lesioni ripetute”, ha aggiunto Ochen.”Le persone atletiche possono preferire un trattamento chirurgico per migliorare e accelerare il recupero, mentre una persona sedentaria può preferire un trattamento non chirurgico”.
Lo scopo di ogni trattamento è quello di far combaciare i tendini e mantenerli vicini l’uno all’altro mentre guariscono. Con l’intervento chirurgico, sono i punti di sutura a tenere insieme le estremità; i trattamenti non chirurgici si basano invece sulla naturale capacità di guarigione del corpo e possono imiegare un tutore o un bendaggio per limitare i movimenti che potrebbero separare le estremità dei tendini.
“La guarigione si ottiene anche con una gestione conservativa, ma il tendine può guarire rimanendo stirato”, spiega Nicola Maffulli, ricercatore presso la Queen Mary University di Londra, co-autore di un editoriale che accompagna lo studio. “Se questo accade, il tendine diventa molto simile a un elastico allungato: collega ancora i muscoli del polpaccio all’osso del tallone, ma non trasmette la forza sviluppata dai muscoli del polpaccio in modo appropriato, e il paziente finisce per non essere in grado di far forza con il piede. Saltellare, correre e saltare diventano azioni difficili o impossibili”.
Fonte: BMJ 2019
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
25 gennaio 2019
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