Alzheimer. Individuati due nuovi biomarker per valutare il decadimento cognitivo
di Will Boggs
Individuati due nuovi biomarker che faciliterebbero la valutazione tramite PET del decadimento cognitivo lieve. A evidenziarli sono stati due gruppi di ricercatori, che hanno pubblicato due ricerche su JAMA Neurology.
17 MAG -
(Reuters Health) - Nel primo caso,
David Wolk e colleghi, dell’Università della Pennsylvania di Philadelphia, hanno valutato la capacità del flutemetamolo F18, un tracciante della beta-amiloide, e altri biomarkers, nel valutare il rischio di progressione da aMCI a probabile malattia di Alzheimer in 232 pazienti. Alla fine dello studio, il 53,6% dei pazienti con risultati positivi alla scansione era progredito alla diagnosi di probabile Alzheimer, rispetto al 22,8% dei pazienti con risultati della PET negativi. Il tasso di progressione annuale era in media del 12,1% ed era più alto nei pazienti con scansione positiva, 17,5%, rispetto a quelli con risultati di scansione negativa, 7,9%.
Una scansione beta-amiloide positiva, inoltre, sarebbe stata associata a un aumento del rischio di progressione verso la demenza di 2,51 volte a 36 mesi. Lo stato della beta-amiloide e la neurodegenerazione, valutata come perdita di volume dell’ippocampo, erano indipendentemente associati con la progressione verso un probabile Alzheimer. I pazienti con scansioni positive e neurodegenerazione avevano 5,6 volte più probabilità di progredire ad Alzheimer rispetto ai pazienti con scansioni negative e nessuna neurodegenerazione.
“Mentre i farmaci sono al momento limitati, questi miglioramenti a livello diagnostico possono avere un impatto sulle decisioni delle famiglie, come dove vivere o se far entrare il paziente in uno studio clinico”, spiega Wolk. E un altro risultato importante evidenziato dal team americano sarebbe stato che “nei pazienti che non avevano evidenza di Alzheimer, quelli che avevano scansioni PET ‘normali’ ma che continuavano a progredire verso la demenza, tendevano a mostrare un più elevato grado di malattia cerebrovascolare”. Un dato che sottolinea “l’importanza della malattia vascolare nel declino cognitivo e il potenziale beneficio della riduzione del rischio”, conclude l’esperto.
Il secondo studio.
Nel secondo studio, il team guidato da
Sang Won Seo, della Sungkyunkwan University di Seul, in Corea del Sud, ha usato un nuovo ligando, 18F-AV1451, per rilevare i grovigli neurofibrillare per indagare l’estensione e il ruolo della proteina tau nei pazienti con compromissione cognitiva vascolare subcorticale. I pazienti con compromissione cognitiva vascolare subcorticale avrebbero mostrato un maggior uptake di AV1451 nelle aree temporali inferiore rispetto ai controlli.
La positività della beta-amiloide era indipendentemente associata all’aumento dell’uptake di AV1451 nella regione temporale mediale, mentre la malattia dei piccoli vasi cerebrali era indipendentemente associata a un aumento dell’assorbimento nelle regioni temporali inferiori in pazienti con compromissione cognitiva vascolare subcorticale. Dunque, un aumento dell’uptake di AV1451 nelle regioni cerebrali indicate sarebbe correlato a un peggioramento della capacità di linguaggio e della funzionalità cognitiva in generale.
Fonte: JAMA Neurology
Will Boggs
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
17 maggio 2018
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