Cancro. Per fermarlo bisogna far morire di fame le cellule tumorali
Una ricerca danese spiega come alcune minuscole molecole che si trovano nel nostro organismo possono aiutare i medici a combattere i tumori a fegato, prostata e seno. Affamandole
10 OTT - Le cellule tumorali sono cellule il cui sistema di riproduzione è alterato, che costituiscono una massa che cresce a un tasso troppo alto rispetto agli altri tessuti. Nel cancro, infatti, non funziona l'apoptosi, il meccanismo di morte cellulare programmata che garantisce che le cellule si riproducano in numero normale e ad una velocità regolare. Per questo fermare la diffusione delle neoplasie risulta a volte così difficile. Ma da oggi alcuni ricercatori dell'Università di Copenhagen hanno scoperto un nuovo modo di interrompere questa riproduzione incontrollata. E l'idea è molto semplice: far morire di fame le cellule cancerose.
Lo studio è stato pubblicato sul giornale della
European Molecular Biology Organization (Embo) e incide su un meccanismo naturale del corpo umano chiamato autofagia. Questo processo regola la degradazione dei tessuti e il loro successivo “riciclaggio”: una sorta di cannibalismo interno alla stessa cellula che, in caso di necessità, redistribuisce risorse e nutrienti verso dove l'organismo ne ha più bisogno. Proprio come succede per l'apoptosi, le cellule tumorali assumono il controllo dell'ingranaggio volgendolo a proprio favore, in modo da rafforzarsi rispetto agli altri tessuti e poter resistere meglio ai trattamenti.
I ricercatori hanno però pensato di usare lo stesso processo per combattere il cancro, tramite l'uso di una molecola chiamata microRna-101. Questa, infatti, si trova naturalmente nel nostro organismo, ma non è presente nei tessuti di chi è affetto da tumore al fegato, alla prostata e al seno. Controllando il livello di espressione di microRna-101, gli scienziati hanno trovato il collegamento tra la molecola stessa e il processo di cannibalismo cellulare.
“Abbiamo scoperto che la micromolecola può bloccare l'autofagia in diversi tipi di cellule cancerose”, ha spiegato Anders H. Lund, ricercatore alla Bric University of Copenhagen che ha coordinato lo studio. “Nello specifico, abbiamo dimostrato che microRna-101 può migliorare la risposta delle pazienti affette da cancro al seno ad uno dei più comuni trattamenti usati nella cura di questa patologia.”
La molecola, infatti, agisce direttamente a livello genetico: perché il nostro Dna possa essere espresso, questo deve essere prima tradotto in una sorta di libretto di istruzioni per la creazione delle proteine all'interno del nostro organismo. All'interno di questo processo è cruciale proprio il ruolo dell'Rna.
Ecco il motivo per cui una micromolecola di quest'ultimo può essere così centrale per la cura delle neoplasie. “Abbiamo mostrato che microRna-101 può disattivare proprio i geni che innescano l'autofagia nelle cellule tumorali. Questa possibilità è piuttosto nuova - ha continuato il biologo - e i nostri studi potrebbero aprire prospettive molto importanti nel trattamento del cancro".
Laura Berardi
10 ottobre 2011
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