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Ictus e infarto. Allarme da uno studio Usa: cala consumo di aspirina per prevenirli

di Lisa Rapaport

Negli Usa sempre meno persone seguono le linee guida sulla prevenzione cardiovascolare, che prevedono l’assunzione giornaliera di acido acetilsalicilico (Aspirina) tra i 50 e i 59 anni. Gli esperti puntano il dito sull’asintomaticità delle forme iniziali di queste patologie

16 OTT - (Reuters Health) – Sempre meno adulti americani seguono il consiglio degli esperti, secondo i quali una dose quotidiana di acido acetilsalicilico (aspirina) servirebbe a prevenire ictus e infarto. A dimostrarlo è uno studio coordinato da Jeremy Van’t Hof, dell’Università del Minnesota, pubblicato dal Journal of the American Heart Association. Nel 2009, la U. S. Preventive Services Task Force (USPSTF), un gruppo di medici indipendenti consulenti del governo americano, aveva sottolineato l’importanza tra gli uomini di età compresa tra 45 e 79 anni e le donne tra i 55 e i 79 anni di assumere una dose quotidiana di aspirina per prevenire ictus e infarto, eccezione fatta per chi soffre di patologie che possono portare a emorragie.

Lo scorso anno, poi, l’USPSTF ha aggiornato le raccomandazioni, consigliando agli adulti di età compresa tra 50 e 59 anni – che hanno un rischio di almeno il 10% di avere un attacco di cuore o un ictus nei 10 anni successivi – di assumere acido acetilslicilico tutti i giorni. In questo caso, gli esperti avrebbero escluso le persone sopra i 60 anni perché con l’avanzare dell’età aumenterebbe anche il rischio di emorragie.

Lo studio
Per vedere se la gente ha effettivamente seguito il consiglio, Van’t Hof e colleghi hanno esaminato i dati dal 2007 al 2015 sull’utilizzo di acido acetilsalicilico in quasi 89 mila fra uomini e donne che non avevano problemi di emorragie o altri motivi che potevano rendere l’uso di questo farmaco pericoloso. Nel complesso, solo il 43% degli adulti avrebbe assunto acido acetilsalicilico nel periodo preso in considerazione. Dopo il 2009, l’uso del farmaco è sceso dal 45 al 40% tra le persone a basso rischio di infarto e ictus, dal 66 al 62% tra le persone a rischio intermedio e dal 76 al 73% tra le persone ad alto rischio.

“Ci sono molte terapie preventive che sono sottoutilizzate e poco raccomandate – spiega Van’t Hof -. La sfida è far cambiare idea a una persona che si sente bene e non ha alcuna manifestazione di malattia. Mentre è molto più facile trattare qualcuno che ha un braccio rotto o una polmonite” Secondo Ying Xian, del Duke University Medical Center di Durham, in Carolina del Nord, che non era coinvolto nello studio, “la gran parte delle persone sane non si fa visitare da un cardiologo, piuttosto vedrà più spesso il medico di base, e lo studio dimostra proprio che questi pazienti non stanno ricevendo il messaggio giusto, che potrebbe aiutarli”.

La cosa sorprendente, secondo l’esperto, “è che molti pazienti a rischio intermedio non assumono acido acetilsalicilico, apparentemente per nessun motivo e questa è un’occasione mancata per la prevenzione di malattie cardiache e ictus”.

Fonte: Journal of the American Heart Association

Lisa Rapaport

(Versione italiana quotidiano Sanità/Popular Science)

16 ottobre 2017
© Riproduzione riservata

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