Ictus, le cure in Italia. Quasi la metà delle Regioni prive di Pdta. Aceti (Cittadinanzattiva): “Istituire un Sistema nazionale sui Pdta”
Poco meno di 200.000 casi di ictus in Italia ogni anno, dei quali circa un terzo porta al decesso nell'arco di un anno e circa un terzo ad invalidità seria o significativa. La conseguenza di questo dato è che le persone che attualmente vivono con gli effetti invalidanti di un ictus in Italia hanno raggiunto la cifra di quasi un milione.
07 GIU - Le persone cardiopatiche in Italia sono pari a sette milioni e mezzo, la percentuale rispetto all'intera popolazione è di oltre il 12%. Per ciò che concerne le patologie cerebrovascolari, l'ictus cerebrale rappresenta la prima causa di invalidità nel mondo, la seconda causa di demenza e la terza causa di mortalità nei paesi occidentali. Nel nostro Paese si registrano ogni anno poco meno di 200.000 casi di ictus, dei quali circa un terzo porta al decesso nell'arco di un anno e circa un terzo ad invalidità seria o significativa. La conseguenza di tale dato è che le persone che attualmente vivono con gli effetti invalidanti di un ictus in Italia hanno raggiunto la cifra di quasi un milione.
A fronte di questi dati, sono ancora poche le stroke units (o unità cerebrovascolari) sul territorio, a scapito delle Regioni del Sud: su 300 unità cerebrovascolari, sono operative circa 160, di cui l'80% ubicate nelle Regioni del settentrione d'Italia. Molto si potrebbe fare con la prevenzione, ma nel nostro Paese la percentuale di investimenti ad essa destinati è pari al 4,9% della spesa sanitaria, con una spesa pro-capite annua di 88,9 euro contro, ad esempio, la spesa della Svezia pari a 123,4 euro. Spagna e Francia si arrestano rispettivamente a 39,7 euro e 46,2 euro, mentre la Germania arriva a 108,3 euro.
Con il Report “Ictus: le cure in Italia. Analisi civica dei Percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali”, presentato oggi a Roma, Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato fornisce un’analisi civica dei Percorsi diagnostici, terapeutici ed assistenziali (Pdta) messi a punto dalle Regioni, in ambito cerebro-vascolare. L’indagine è stata realizzata con il sostegno non condizionato di Bayer.
Poco più della metà delle Regioni ha prodotto in Italia un formale Percorso diagnostico, terapeutico ed assistenziale per i pazienti con malattie celebro-vascolari. Il Friuli Venezia Giulia risulta essere la realtà che ha elaborato percorsi più completi; avanti, anche se con modalità differenti, Trentino Alto Adige, Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Marche, Basilicata Sicilia; Lazio; Puglia ed Umbria dovrebbero pubblicare a breve Pdta specifici; mentre indietro appaiono Sardegna e Molise.
Fra le 13 Regioni “virtuose”, soltanto Piemonte e Friuli Venezia Giulia hanno attivato un processo virtuoso di informazione e partecipazione dei cittadini/pazienti in questi percorsi. Sul fronte della prevenzione primaria, le Regioni più virtuose nell’attivare percorsi di coinvolgimento degli operatori e dei cittadini sono FVG, Piemonte. Emilia Romagna e Basilicata.
Risultano essere ben definite le equipe multidisciplinari, anche se, sul fronte della riabilitazione, appaiono più avanti sempre FVG, Piemonte, Emilia Romagna, Basilicata, Marche.
Dettagliata anche la definizione dei tempi per eseguire le prestazioni, ma restano linee di ombra sull’effettiva copertura dei servizi e del personale a disposizione nei diversi ambiti. Reperire informazioni dettagliate sull’uso dei nuovi anticoagulanti orali nei Pdta, sulle modalità di gestione e sul loro peso economico, non è risultato semplice. Questo probabilmente perché la maggior parte dei Pdta in ambito cerebro-vascolare è antecedente all’utilizzo dei Nao. Quelli più recenti, infatti, come ben illustrato dai Pdta realizzati nel Veneto e in Sicilia, appaiono più dettagliati, ricchi e centrati su tale risposta. Permane il tema dell'equità di accesso a queste terapie soprattutto in alcune aree del paese, ad esempio quelle nelle quali sono meno presenti i centri abilitati alla loro prescrizione. E' il caso delle aree interne più disagiate che fanno i conti con il tema più generale dell'erosione dei servizi sanitari e sociali pubblici.
“I Pdta devono diventare una vera strategia nazionale del Ssn. Devono essere lo strumento per la migliore presa in carico in tutte le Regioni delle persone con malattie croniche e rare - commenta
Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva -. Per questo proponiamo l’istituzione di un "Sistema nazionale PDTA", guidato dal Ministero della Salute insieme alle Regioni. La finalità è quella di garantire l'elaborazione e l'aggiornamento costante di Pdta nazionali, con l'individuazione dei punti irrinunciabili del percorso da garantire in tutti i territori regionali e nel rispetto delle competenze delle Regioni”.
“Il Sistema nazionale - prosegue Aceti - dovrà inoltre garantire la loro omogenea diffusione sul territorio, oltre che la valutazione degli esiti di salute ed economici che questi strumenti producono. Per dare gambe al “Sistema nazionale Pdta” chiediamo anche l’attivazione di una “Rete nazionale” composta da operatori sanitari, associazioni di pazienti, organizzazioni civiche, costantemente presente nei diversi luoghi, livelli e fasi di governo degli stessi Pdta, e che promuova scambi di buone pratiche e la messa in rete delle informazioni. Per rendere però realmente esigibili i Pdta, e non farli rimanere solo sulla carta, è necessario che le Regioni cambino passo sia rispetto alle loro strategie di comunicazione e informazione rivolte ai cittadini, sia riguardo allo sviluppo dei loro sistemi informatici, al fine di garantire il dialogo e l’integrazione in tempo reale tra tutti i professionisti e le Istituzioni coinvolti”.
Lorenzo Proia
07 giugno 2017
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