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Disturbo ossessivo compulsivo. Tra i trattamenti di prima linea anche la terapia cognitivo-comportamentale

di Megan Books

Un gruppo di ricercatori statunitensi ha condotto una revisione della letteratura scientifica per valutare i progressi diagnostici e terapeutici rispetto al disturbo ossessivo-compulsivo. Sono sempre più robuste le evidenze circa l’efficacia della terapia cognitiva comportamentale.

05 APR - (Reuters Health) – La terapia cognitiva-comportamentale (CBT) sta accumulando evidenze sempre più robuste per il trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo, tanto da giustificarne la diffusione attraverso piattaforme online e in contesti di gruppo. A dirlo un team di psichiatri USA che ha recentemente pubblicato uno studio su JAMA. Il disturbo ossessivo-compulsivo comporta un significativo deterioramento della qualità della vita e a una riduzione dell’aspettativa di vita dall’1 al 3%. Rappresenta una patologia con un forte impatto sociale ed economico.
 
”Questa patologia è una malattia nascosta – dice Carol Mathews del Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Gainsville in Florida, principale autrice dello studio – I sintomi spesso non sono visibili ad un osservatore esterno; si tratta per lo più di idee fisse, pensieri e paure che, a meno che lo stesso paziente non li racconti, non possono essere raccolti da un medico”. Le gravi compulsioni possono essere più facili da individuare (per esempio un eccessivo lavaggio delle mani o rituali superstiziosi messi in atto per prevenire eventuali contaminazioni o scongiurare eventi nefasti).
 
Lo studio
Il team coordinato da Carol Mathews ha condotto una revisione degli articoli on line pubblicati da PubMed, EMBASE e PsycINFO. I dati evidenziati mostrano come la terapia cognitiva-comportamentale (CBT), con o senza inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI), rimanga una strategia di trattamento iniziale elettiva e come la letteratura a riguardo ne evidenzi sempre più l’efficaci. Le attuali evidenze sostengono che gli SSRI sono da ritenersi una terapia farmacologica di prima linea, efficaci e in generale ben tollerata.
 
Per i pazienti che non rispondono ai trattamenti di prima linea per il disturbo ossessivo-compulsivo, le prove emergenti suggeriscono, come approccio efficace, l’aumento di un SSRI e, per le forme più gravi e refrattarie ai trattamenti farmacologici, la neurochirurgia e la stimolazione cerebrale profonda. I risultati della recensione del team di ricercatori statunitensi si allineano alle linee guida correnti per il disturbo ossessivo-compulsivo redatte dalla American Psychiatric Association: screening generale e indagini diagnostiche, terapia comportamentale come prima linea e approccio farmacologico, tra cui l’impiego dei nuovi farmaci neuromodulanti.
 
Fonte: JAMA
 
Megan Books
 
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

05 aprile 2017
© Riproduzione riservata

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