Trattare l’ipotiroidismo subclinico o l’ipotiroxinemia in gravidanza serve? Medici divisi
di Maria Rita Montebelli
Due trial appena pubblicati sul New England Journal of Medicine danno una risposta negativa a questa domanda. Trattare l’ipotirodismo subclinico o i bassi livelli di fT4 isolati in gravidanza non migliora gli esiti della gravidanza ed è ininfluente sul quoziente d’intelligenza del bambino. Ma un editoriale pubblicato sullo stesso numero è di opinione contraria e in accordo con le ultime linee guida dell’American Thyroid Association ritiene ragionevole continuare a somministrare L-tiroxina in gravidanza in presenza di ipotiroidismo subclinico
03 MAR - Alcuni studi osservazionali hanno messo in evidenza una correlazione tra una condizione di ipotiroidismo subclinico in gravidanza ed effetti indesiderati sia sull’andamento della gravidanza stessa, che sul neonato e sul suo futuro sviluppo (basso punteggio QI, alterazioni dello sviluppo psico-motorio).
Alcune linee guida raccomandano dunque di sottoporre le donne incinte a
screening per ipotiroidismo subclinico e di somministrare L-tiroxina durante la gravidanza e questo in assenza di solide evidenze scientifiche.
Uno studio pubblicato sul
New England Journal of Medicine di questa settimana si è dunque posto il quesito se questa pratica fosse realmente in grado di ridurre questi ipotizzati effetti indesiderati. Per rispondere alla domanda il
network dello Eunice Kennedy Shriver
National Institute of Child Health - Unità
Human Development Maternal–Fetal Medicine ha organizzato due trial clinici paralleli, randomizzati e controllati versus placebo, presso 15 centri medici americani.
Le donne che si presentavano per gli esami pre-natali, venivano sottoposte a
screening della funzionalità tiroidea ed arruolate nel primo trial se presentavano ipotiroidismo subclinico (condizione caratterizzata da elevati valori di TSH e basso fT4); nel caso in cui fosse presente ipotiroxinemia (TSH normale ed fT4 basso) venivano invece arruolate nel secondo
trial. In entrambi i trial le donne venivano quindi randomizzate al trattamento con levotiroxina (il dosaggio era titolato in modo di raggiungere i valori target di TSH o di fT4) o placebo (nel primo trial 339 gruppo trattamento e 338 controlli; nel secondo trial 265 gruppo trattamento e 261 controlli). L’età media gestionale al momento della randomizzazione era di 17 settimane (range 8-20 settimane).
L’
endpoint primario per entrambi gli studi era il QI del bambino all’età di 5 anni e non sono state riscontrate differenze significative in ciascun
trial, per entrambi i gruppi (trattamento o controllo).
Non sono state riscontrate differenze neppure negli
outcome secondari, comprendenti una serie di
score volti a valutare le competenze cognitive, linguistiche, comportamentali e motorie, oltre al tasso degli effetti indesiderati sulla gravidanza e sul neonato.
Gli autori dei due
trial concludono dunque che il trattamento con L-tiroxina, iniziato a 17 settimane di gravidanza nelle donne con ipotiroidismo subclinico o con ipotiroxinemia isolata, non porta ad un miglioramento nello sviluppo nervoso del bambino, né sugli esiti della gravidanza o dello sviluppo neonatale.
Di diversa opinione un
editoriale pubblicato sullo stesso numero a firma di
David Cooper, endocrinologo della Johns Hopkins
University School of Medicine e di
Elizabeth Pearce, endocrinologa della Boston
University School of Medicine.
“Visto che il 75% delle donne negli USA effettua la prima visita pre-natale prima della dodicesima settimana di gestazione – scrivono gli autori – sembra fattibile iniziare prima il trattamento. Noi continuiamo a sostenere le recenti linee guida dell’
American Thyroid Association, poiché un inizio precoce di una terapia con L-tiroxina a basso dosaggio per il trattamento dell’ipotiroidismo subclinico può apportare benefici, non è costoso ed è assai improbabile che faccia danni”.
Maria Rita Montebelli
03 marzo 2017
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