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Linfomi. Importanti risultati dallo studio Gallium di fase III nella cura del linfoma non-Hodgkin


Per la prima volta un farmaco - obinutuzumab - dimostra un aumento della sopravvivenza libera da progressione nel linfoma non Hodgkin indolente, rispetto al trattamento standard a base di rituximab. Il linfoma follicolare è la forma più comune di linfoma non Hodgkin (LNH) indolente (a crescita lenta) e rappresenta circa un caso ogni cinque di LNH.1 È considerato incurabile e le recidive sono frequenti.

05 DIC - Lo studio registrativo di fase III GALLIUM, presentato in sessione plenaria al 58° Congresso annuale della Società americana di ematologia (ASH) dimostra come, nei pazienti colpiti da linfoma follicolare non precedentemente trattato, obinutuzumab associato a chemioterapia e successivamente somministrato in monoterapia riduca del 34 per cento il rischio di peggioramento della malattia o la morte, raggiungendo anticipatamente l’endpoint primario dello studio: sopravvivenza libera da progressione (PFS) valutata dallo sperimentatore. Il dato è stato ottenuto nel confronto con la terapia standard a base di rituximab associata a chemioterapia seguito da rituximab in monoterapia (hazard ratio [HR] = 0,66; intervallo di confidenza [IC] al 95% 0,51-0,85; p = 0,0012). Gli eventi avversi osservati tanto con obinutuzumab quanto con rituximab si sono rivelati in linea con gli studi precedenti.
 
“Il linfoma follicolare, la forma più comune di linfoma non Hodgkin a crescita lenta, è un tumore del sangue non curabile, caratterizzato da cicli di remissione e peggioramento della malattia, che diventa più difficile da trattare a ogni recidiva”, ha dichiarato Sandra Horning, M.D., Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche. “Ad oggi, questo studio sul trattamento a base di obinutuzumab è il primo e unico di fase III ad aver dimostrato un aumento della sopravvivenza libera da progressione rispetto al trattamento a base di rituximab, l’attuale terapia standard, nel linfoma follicolare non precedentemente trattato”.
 
“Lo studio Gallium è un importante passo avanti nella terapia dei pazienti affetti da linfoma follicolare. Tali pazienti hanno una ottima probabilità di risposta alla terapia, ma purtroppo le ricadute sono frequenti e si manifestano anche dopo parecchio tempo dalla fine della terapia – ha commentato Umberto Vitolo, Direttore SC Ematologia, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino. Alcuni ampi studi hanno dimostrato che una recidiva entro i primi due anni dalla fine della terapia riduce significativamente la sopravvivenza di questi pazienti. E’ quindi importante ridurre il rischio di recidiva. Nello studio Gallium, la sostituzione di rituximab con il nuovo anticorpo monoclonale antiCD20 obinutuzumab ha dimostrato, sempre in associazione a vari tipi di chemioterapia, una riduzione del rischio di recidiva del 34%. Tale riduzione è probabilmente dovuta al raggiungimento di una remissione di miglior qualità. Questa associazione rappresenta quindi una nuova opportunità per i pazienti affetti da linfoma follicolare in particolare per quelli considerati a rischio più elevato per le caratteristiche della malattia”.
 
Lo studio GALLIUM rappresenta il terzo studio positivo di fase III condotto con obinutuzumab, dopo lo studio CLL11, in pazienti affetti da leucemia linfatica cronica (LLC) non precedentemente trattata, e lo studio GADOLIN, in pazienti con linfoma non Hodgkin indolente (a crescita lenta) andati incontro a progressione della malattia durante o entro sei mesi dalla precedente terapia a base di rituximab. I risultati dello studio GALLIUM verranno presentati alle autorità sanitarie di tutto il mondo per valutare l’approvazione del farmaco in questa indicazione.

05 dicembre 2016
© Riproduzione riservata

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