Pelle. Scoperti due biomarcatori che “predicono” la vitiligine
di Marilynn Larkin
Secondo un gruppo di ricercatori belgi, i livelli nel sangue di CD25 e CD27 solubili risultano associati a vitiligine attiva e il secondo marker potrebbe indicare una futura progressione della malattia. Speeckaer (Ghent University): ”La vitiligine è una malattia della pelle relativamente frequente che causa depigmentazione e colpisce l’1-2% della popolazione. La sua gestione clinica è difficile poiché non esiste un segno di attività inequivocabile”.
01 SET - (Reuters Health) – Secondo un gruppo di ricercatori belgi, i livelli nel sangue di CD25 e CD27 solubili risultano associati a vitiligine attiva e il secondo marker potrebbe indicare una futura progressione della malattia.”La vitiligine è una malattia della pelle relativamente frequente che causa depigmentazione e colpisce l’1-2% della popolazione. La sua gestione clinica è difficile poiché non esiste un segno di attività inequivocabile”, dichiara
Reinhart Speeckaert della Ghent University, responsabile del team che ha condotto lo studio .
Nella vitiligine non sono presenti eritemi o desquamazione, al contrario di quanto accade in molte altre malattie infiammatorie della pelle come la psoriasi. Pertanto, trovare un buon biomarcatore per valutare l’attività della malattia è molto importante per scegliere il trattamento più appropriato.
Lo studio
Speeckaert e colleghi hanno misurato i livelli di CD25, CD27 e CD40L solubili nei campioni di sangue di 93 pazienti con vitiligine. I pazienti hanno riferito informazioni su attività e stabilità della malattia e ripigmentazione nei precedenti tre, sei o dodici mesi. Livelli più elevati di CD27 e CD25 solubili sono risultati significativamente associati all’attività della malattia durante l’anno precedente alla rilevazione.
Per il recettore CD27, i livelli medi sono saliti a 21.5 ng/mL durante l’attività della malattia, rispetto a 18.4 ng/mL. I livelli di CD25 sono invece passati da 2.2 ng/mL a 2.6 ng/mL. Inoltre, i livelli di CD27 solubile erano significativamente associati alla progressione della malattia dopo tre-sei mesi (21.7 versus 16.6 ng/mL), al contrario di quelli di CD25 solubile (2.8 versus 2.3 ng/mL).
Successive analisi in vitro hanno mostrato una correlazione tra livelli di CD25 solubile e maggiore produzione di interferone gamma e interleukina 10, nonché secrezione di CD27 solubile. Non sono state riscontrate associazioni per i livelli di CD40L solubili.
Le conclusioni
“Anche se i marcatori CD solubili sono già stati riconosciuti nella malattia infiammatoria della pelle, il loro ruolo è stato chiarito solo da poco tempo – aggiunge Speeckaert – I CD solubili non sono solo spettatori, ma esercitano anche attività immunologiche dirette che probabilmente sono importanti nelle malattie autoimmuni come la vitiligine”.
“I modelli predittivi – conclude Speeckaert – hanno mostrato che i CD solubili sono promettenti biomarcatori per prevedere la progressione della malattia in pazienti con vitiligine e che circa metà dei pazienti con vitiligine attiva possono essere individuati con un solo marcatore. Questo metodo ha un tasso di falsi positivi accettabili di circa il 12%. Futuri studi con prelievi di sangue sequenziali probabilmente mostreranno risultati ancora migliori tenendo in considerazione le differenze individuali nella produzione al basale di CD27 e CD25”.
Fonte: JAMA Dermatology 2016
Marilynn Larkin
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
01 settembre 2016
© Riproduzione riservata
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