Osteoporosi. Ecco le linee guida per il trattamento dei pazienti proposte dalle Società scientifiche
di Giancarlo Isaia
Con l’obiettivo di superare le numerose criticità presenti a livello nazionale nella gestione dell’Osteoporosi, una Commissione paritetica composta dai rappresentanti di alcune delle Società Scientificheche si occupano dei pazienti con osteoporosi ha prodotto un al fine di fornire indicazioni essenziali per un comportamento diagnostico e terapeutico omogeneo e condiviso. IL DOCUMENTO
13 LUG - È ben noto che l'osteoporosi in Italia non viene gestita sempre in maniera ottimale, in quanto sono spesso riscontrabili importanti criticità e comportamenti non conformi alle Linee Guida relativamente alla diagnostica ed alla terapia: in particolare, non vengono prescritti in maniera sistematica gli esami biochimici specifici di I o di II livello e la valutazione del rischio individuale di frattura non viene usualmente applicata.
Le conseguenze di questo comportamento sono la frequente mancata diagnosi delle non rare forme di osteoporosi secondaria ed un eccessivo ricorso a trattamenti farmacologici che vengono prescritti a pazienti a basso rischio fratturativo. La carenza più importante è tuttavia quella dell'inappropriatezza terapeutica in quanto è stato documentato che solo una minoranza di Pazienti fratturati o ad alto rischio (30%) riceve un trattamento farmacologico corretto che peraltro viene abbandonato da molti di essi dopo pochi mesi.
I messaggi scientificamente corretti emanati dagli opinion leader stentano ad essere recepiti e messi in pratica dalla maggioranza di Medici che a vario titolo sono chiamati a gestire questa malattia. Per questo motivo abbiamo pensato di coinvolgere in un dibattito operativo le principali società scientifiche che in Italia si occupano di osteoporosi: esse hanno costituito una Commissione paritetica che ha rapidamente prodotto un documento sinottico che è stato approvato dalle Società Scientifiche aderenti al progetto (Sie, Sigg, Simfer, Simi, Sir, Siot, Siommms) le quali si sono impegnate a diffondere capillarmente fra i rispettivi Soci; in tal modo potrà essere raggiunto un considerevole numero di Medici (oltre 20.000) a cui proporre un comportamento più adeguato per la gestione dell'Osteoporosi.
L'idea è stata apprezzata anche dal responsabile sanità Pd,
Federico Gelli, che ha definito questo lavoro un buon esempio di ciò che si prefigge come obiettivo il disegno di legge sulla resposabilità professionale ed il rischio di clinico del quale è relatore per la commissione Affari Sociali della Camera. In particolare, Gelli ha apprezzato questo lavoro di coordinamento di più società scientifiche nell'elaborazione di linee guida unitarie.
In sintesi, nel documento viene affrontato innanzitutto il tema della
diagnosi, a cominciare dall'
individuazione dei soggetti ad alto rischio di frattura. Il primo obiettivo è infatti quello di individuare i soggetti ad elevato rischio assoluto di frattura per i quali è più forte l’indicazione al trattamento: infatti, con l’aumento del rischio di frattura si riduce il NNT (Numero di Pazienti da trattare per prevenire una frattura) e migliora il rapporto rischio-beneficio per ogni opzione di terapia.
In tutti i soggetti a rischio elevato di frattura, prima di iniziare un trattamento farmacologico, è indispensabile eseguire una valutazione clinica per evidenziare l’eventuale presenza di malattie causa di
osteoporosi secondaria, che presentano prognosi e modalità di trattamento diverse dall’osteoporosi primitiva.
Passando poi alla
terapia, il ruolo degli approcci non farmacologici è fondamentale nella prevenzione della patologia osteoporotica in Pazienti ad alto rischio fratturativo, ma anche nella popolazione in generale e fin dall‘età infantile. Occorre promuovere anzitutto la cessazione del fumo di tabacco e la moderazione nel consumo di alcolici, entrambe condizioni molto dannose per l’osso. Inoltre un’adeguata introduzione con la dieta di nutrienti essenziali (proteine, calcio, altri minerali) durante tutte le fasi della vita è indispensabile per mantenere l’osso resistente. Infine, l’attività fisica, che va promossa ad ogni età.
La prescrizione di farmaci a
soggetti depleti di vitamina D e con insufficiente apporto di calcio può compromettere l’efficacia della terapia farmacologica e può causare Ipocalcemia ed Iperparatiroidismo secondario, soprattutto quando si utilizzano i più potenti inibitori del riassorbimento (Denosumab e Zoledronato). Tutti i trial che hanno dimostrato l’efficacia di farmaci per la prevenzione delle fratture hanno previsto del resto la somministrazione di calcio e di vitamina D.
Infine, viene ricordato come i
farmaci vadano sempre utilizzati nei Pazienti ad elevato rischio.Relativamente alla durata del trattamento, essa non può superare i due anni per Teriparatide e, per gli altri farmaci, è di alcuni anni consecutivi. Trascorsi 3-5 anni di terapia continuativa con aderenza sufficiente (>80%), occorre rivalutare caso per caso il rapporto tra i benefici di una prosecuzione del trattamento (ulteriore riduzione del rischio di frattura) ed i possibili rischi da eventi avversi.
Giancarlo Isaia
Director, Unit of Geriatrics and Metabolic Bone Diseases. Molinette Hospital
AOU Città della Salute e della Scienza di Torino
Director, School of Geriatric Medicine, University of Torino
Past President, Italian Osteoporosis and Metabolic Bone Diseases Society (SIOMMMS)
13 luglio 2016
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