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Rene. Senza farmaci ESA migliori le prognosi dei pazienti in dialisi

di Will Boggs MD

Dal 2011 negli USA si è deciso di ridurre l’utilizzo degli agenti stimolanti dell’eritropoietina per i pazienti in dialisi. I dati raccolti evidenziano un miglioramento della prognosi dei pazienti con malattia renale allo stadio terminale.

03 MAR - (Reuters Health) – Secondo una ricerca pubblicata dal Journal of the American Society of Nephrology,la diminuzione dell’utilizzo di agenti stimolanti dell’eritropoietina (ESA) negli Stati Uniti, in seguito a cambiamenti nelle politiche di pagamento della dialisi e di etichettatura del farmaco, non ha modificato in modo sfavorevole la prognosi dei pazienti che ricevono dialisi.
 
Nel 2011, la Food and Drug Administration (FDA) aveva emanato un avvertimento riguardo l’uso degli ESA nei pazienti con malattia renale allo stadio terminale (ESRD) e concentrazione dell’emoglobina di 11,0g/dL o superiore. Il Dr. Glenn M. Chertow della Stanford University School of Medicine di Palo Alto, (California) ed i suoi colleghi hanno utilizzato i dati di Medicare per valutare se i cambiamenti nella prescrizione degli ESA dopo queste nuove politiche di regolamento e pagamento fossero associati con cambiamenti nella mortalità ed eventi cardiovascolari importanti in pazienti che ricevono dialisi.
 
I risultati della ricerca
Gli anni più recenti sono stati segnati da una maggiore durata delle dialisi, una maggiore proporzione di pazienti con diabete, ed una minore proporzione di pazienti con glomerulonefrite come causa primaria della ESRD. Tra il 2005 ed il 2012, la proporzione dei pazienti in dialisi che ricevevano l’epoetina alfa, la dose media di epoetina alfa, e la concentrazione media di emoglobina, sono diminuite, mentre le percentuali di trasfusioni di sangue sono aumentate.
La mortalità per tutte le cause e quella per cause cardiovascolari erano all’interno dei range previsti durante il 2011 ed il 2012, e lo stesso vale per le percentuali di infarto, di infarto del miocardio, scompenso cardiaco, tromboembolismo venoso (VTE) nel corso del 2011. Durante il 2012, tuttavia, le percentuali di infarto, VTE e scompenso cardiaco erano significativamente più basse di quanto ci si aspettava. “Questo studio fornisce una prima prova del fatto che l’azione della FDA per mitigare i rischi associati agli ESA ed i cambiamenti nel pagamento da parte dei Centers for Medicare & Medicaid Services (CMS) non sono risultati in un non desiderato aumento relativo dei decessi o di un qualsiasi importante evento cardiovascolare e possono riflettersi in un miglioramento per quanto riguarda gli infarti, il VTE, e lo scompenso cardiaco”, concludono i ricercatori.

Il commento italiano
Il dottor Francesco Locatelli, dell’Ospedale Manzoni di Lecco, Italia, ha scoperto risultati simili in un recente confronto internazionale dei vari trattamenti con ESA negli Stati Uniti, in Europa, ed in Giappone. “Maggiore attenzione dovrebbe essere rivolta al tentativo di limitare un utilizzo di dosi troppo alte di ESA, evitando il più possibile le trasfusioni”, ci ha detto Locatelli. “Perciò, le comorbidità dei pazienti, in particolare i fattori che influenzano l’infiammazione, dovrebbero essere valutati attentamente; per esempio, riducendo l’utilizzo dei cateteri ed aumentando l’utilizzo delle fistole arterio-venose, come nel caso del periodo di osservazione di questo studio. L’osservazione attenta dei pazienti è il modo migliore per migliorare la prognosi, inclusa la sopravvivenza”.

Fonte: Journal of the American Society of Nephrology

Will Boggs MD

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
 

03 marzo 2016
© Riproduzione riservata

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