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Speciale cardiologia 5. Fibrillazione atriale e pacing. Novità e dintorni

di Maria Rita Montebelli

L’epoca del pacemaker senza fili è ormai alle porte e si profila rivoluzionaria. Si perfezionano intanto le procedure di ablazione transcatetere per il trattamento della fibrillazione atriale, isolando elettricamente anche l’auricola sinistra oltre alle vene polmonari. Il paziente in trattamento con i nuovi anticoagulanti orali infine sembra non aver bisogno di nessuno sforzo educativo supplementare per mantenere una buona aderenza alla terapia.

31 AGO - Studio AEGEAN. E’ un tormentone ricorrente che gira da quando sono arrivati i nuovi anticoagulanti orali, quelli che, non avendo bisogno di monitoraggio dell’INR, vengono affidati al buon cuore e alla maturità del paziente per la compliance. I dubbi che attanagliano prescrittori e comunità scientifica in generale sono ‘chi controlla questi pazienti’ e ‘chi ci assicura che prendano diligentemente le loro terapie salvavita giorno dopo giorno, visto che non sono più sottoposti ai controlli periodici dei centri TAO’? Da questo background prende le mosse lo studio Aegean (Assessment of an Education and Guidance program for Eliquis Adherence in Non -valvular atrial fibrillation), che ha studiato l’impatto di un progetto educativo sulla compliance alla terapia con un nuovo anticoagulante orale.
I risultati hanno deluso le aspettative o forse messo in luce la maturità dei pazienti. Sta di fatto che lo studio non ha evidenziato alcuna differenza tra i due gruppi dello studio, quello sottoposto ad un programma educativo ad hoc e il gruppo di controllo.
“In questo studio – commenta Gilles Montalescot, Istituto di Cardiologia, Centre Hospitalier Universitaire Pitié-Salpêtrière, Parigi – abbiamo utilizzato i migliori strumenti possibili per il programma educativo, coinvolgendo per questo lo staff e le procedure abituali dei centri anti-trombosi. Tutto ciò si è rivelato inutile. Lo studio ha mostrato una buona aderenza dei pazienti alla terapia anticoagulante, lasciando dunque poco spazio di miglioramento, attraverso un programma educativo. Da un certo punto di vista questo ha dunque portato in luce un ulteriore vantaggio dei nuovi anticoagulanti orali, rispetto a quelli tradizionali: l’apparente non necessità di impegnarsi in ulteriori sforzi educativi o informativi”.
 
Lo studio ha interessato 1.162 pazienti affetti da fibrillazione atriale e in terapia con un nuovo anticoagulante orale. Metà di loro sono stati inseriti in un progetto educativo di sensibilizzazione alla compliance terapeutica; gli altri fungevano da controlli. Gli endpoint erano: aderenza al trattamento e persistenza nel trattamento (cioè non interruzione per 30 giorni consecutivi) in un periodo di osservazione di 6 mesi. A 24 settimane, il tasso di aderenza era 88,5% nel gruppo di controllo e 88,3% in quello ‘educational’, mentre i tassi di persistenza sono stati rispettivamente 90,5% e 91,1%.
“Studi futuri – conclude Montalescot - potranno magari testare dei progetti educativi più aggressivi e costosi, ma nel frattempo i tassi di persistenza e di aderenza che abbiamo riscontrato sono abbastanza rassicuranti per la pratica clinica e le modalità attuali di prescrizione di questi trattamenti.”
 
Studio BELIEF. Nei pazienti con fibrillazione atriale persistente di lunga durata, nonostante i trattamenti standard, un ulteriore isolamento elettrico dell’auricola dell’atrio sinistro, può prolungare il periodo libero da fibrillazione atriale, senza un aumento delle complicanze.
“L’isolamento elettrico dell’auricola dell’atrio sinistro – afferma Luigi Di Biase, Montefiore-Albert Einstein Center for Heart & Vascular Care, New York e Texas Cardiac Arrhythmia Institute presso il St. David's Medical Center di Austin, (USA)-  associato all’approccio standard di isolamento delle vene polmonari (PVI) e di ablazione deitrigger extra-polmonari, risulta superiore al solo approccio standard, nel migliorare il tasso di successo a lungo termine dell’ablazione trans-catetere.
Già dal 2010 avevamo suggerito che l’auricola atriale rappresentasse un trigger per fibrillazione atriale rilevante e sottostimato; questotrial conferma la nostra intuizione”.
 
Lo studio BELIEF ha interessato 173 pazienti con fibrillazione atriale persistente di lunga durata (cioè datante da oltre un anno), che sono stati randomizzati al trattamento ablativo tradizionale (PVI + ablazione di trigger extra-polmonari) o al trattamento standard con l’aggiunta dell’ablazione dell’auricola sinistra (LAA). L’endpoint primario, cioè l’assenza di recidive di fibrillazione atriale ad un anno, è stato osservato nel 28% dei pazienti del gruppo ‘trattamento standard’ e nel 56% dei pazienti sottoposti anche a isolamento LAA.
 
I pazienti di entrambi i gruppi che avevano presentato delle recidive, sono stati sottoposti in un secondo momento a isolamento LAA nel corso di un’ulteriore procedura. A 24 mesi, dopo una media di 1,3 procedure di ablazione, il tasso cumulativo di successo è stato del 76% nel gruppo ablazione LAA e 56% nel gruppo di trattamento standard. Non sono state rilevate invece differenze nel tasso di complicanze, quali ictus e TIA, anche se il tempo medio di ablazione con le radiofrequenze fosse superiore nel gruppo LAA (93 minuti), che in quello trattamento standard’ (77 minuti).
 
“E’ logico pensare – spiega Di Biase - che l’auricola possa dare inizio alla fibrillazione atriale, così come le vene polmonari, perché embriologicamente l’auricola deriva dall’atrio primordiale, che si forma principalmente dall’assorbimento delle vene polmonari primitive e dai loro rami. Un precedente studio del nostro gruppo aveva dimostrato che la LAA fosse la fonte della fibrillazione atriale nel 27% dei pazienti e che dopo ablazione LAA, il 93% di questi rimanesse a lungo libero da fibrillazione atriale”.
 
Studio LEADLESS II. In questo studio l’impianto di un pacemaker ‘senza fili’ ha dimostrato di essere sicuro e affidabile nel funzionamento, risultati che rappresentano un ulteriore passo avanti verso l’epoca del pacemaker ‘wireless’. I risultati sono stati presentati a Londra in occasione del congresso della Società Europea di Cardiologia e pubblicati in contemporanea sul New England Journal of Medicine.
“I pacemaker senza elettrocateteri hanno le potenzialità di superare tutta una serie di complicanze tipiche dei pacemaker tradizionali – afferma Vivek Reddy della Icahn School of Medicine presso il Mount Sinai di New York (USA) – Gli elettrocateteri impiantati per via transvenosa sono considerati il tallone d’Achille dei pacemaker tradizionali, in quanto particolarmente suscettibili di complicanze”.
Lo studio LEADLESS II ha arruolato 526 pazienti di età media 75,8 anni, presso e 56 centri di tre diverse nazioni. Tutti avevano l’indicazione a pacing ventricolare monocamerale permanente e sono stati sottoposti ad impianto di un pacemaker a frequenza adattabile, per via non chirurgica e fissaggio attivo, utilizzando un catetere ‘delivery’.
L’endpoint primario di efficacia era il raggiungimento di una soglia di cattura del pacing (≤ 2.0 V at 0.4 ms) e sensing (onda R ≥ 5.0 mV o ≥ valore di impianto) clinicamente accettabili a sei mesi; l’endpoint primario di sicurezza era l’assenza di effetti collaterali gravi nello stesso arco temporale.
 
Su 300 soggetti, l’endpoint primario di efficacia è stato raggiunto nel 90% di loro e quello di sicurezza nel 93,3%. A 6 mesi si è registrato un 6,7% di eventi avversi, compresi perforazione cardiaca (1,3%), dislocazione del device con recupero percutaneo di successo (1,7%) e aumento della soglia di cattura che ha richiesto un recupero percutaneo e un successivo impianto dipacemaker senza fili (1,3%). Non sono state registrate infezioni correlate al device. Tra i 5 casi di dislocazione osservati, si sono verificati 3 embolizzazioni del device al polmone e, in altri due soggetti, la sua migrazione verso la vena femorale destra.
Gli autori dello studio sottolineano come nessuno dei cardiologi che hanno impiantato questi pacemaker, con un’unica eccezione, avesse alcuna esperienza precedente di impianto di un pacemaker senza fili; fatto questo che fa sperare in un futuro ulteriore abbattimento delle complicanze e degli eventi avversi, man mano che crescerà la curva di apprendimento e l’esperienza degli operatori.
 
Maria Rita Montebelli

31 agosto 2015
© Riproduzione riservata

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