Speciale farmaco biologico. Convegno in Sicilia. Ecco gli scenari
I biologici hanno modificato drasticamente la cura dei pazienti, ma le necessità di contenimento dei costi hanno indirizzato le scelte regionali verso l’adozione di farmaci a prezzo più sostenibili. Nel corso dell’ottavo incontro promosso da Fondazione Charta a Palermo i pro e i contro dei clinici
26 DIC - È innegabile, in Sicilia la parola d’ordine è contenere i costi. Un diktat reso necessario dalle politiche stringenti imposte dal Piano di rientro che stanno portando la Regione verso un piano di consolidamento. E così, in ottica di contenimento della spesa sanitaria, è stato emanato un Decreto che promuove l'utilizzo della terapia a minor costo per il trattamento di tutti i pazienti “drug naive”. Un’indicazione che il medico deve motivare qualora non intendesse applicarla. La Regione garantisce la continuità terapeutica per i pazienti in trattamento con il biologico ma, anche in questo caso, il medico deve dare opportuna documentazione in sede di prescrizione.
Tirando le somme, regole stringenti. E così i clinici si trovano tra due fuochi: garantire da un lato ai propri pazienti sicurezza delle cure, continuità terapeutica e quindi possibilità di scelta e dall’altro rispettare le esigenze di risparmio. E il dibattito è ancora tutto aperto.
È quanto emerso nel corso dell’ottavo incontro “Il valore del farmaco biologico tra continuità terapeutica e sostenibilità economica” organizzato a Palermo dalla Fondazione Charta. Un incontro durante il quale si sono confrontati clinici ospedalieri e universitari dell'Azienda Ospedaliera Universitaria di Palermo, dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia – Cervello di Palermo, dell’Università degli Studi di Messina, del Civico Di Cristina Benfratelli di Palermo e rappresentanti dei pazienti.
Presente al dibattito
Antonio Lo Presti, dirigente responsabile del Servizio Farmaceutica della regione Sicilia che non ha nascosto i problemi di sostenibilità che hanno vincolato e vincolano il bilancio regionale. Criticità che investono inevitabilmente le politiche del farmaco dando vita appunto a regole stringenti. Anche se Lo Presti, nel corso del confronto a Palermo, ha mostrato grande attenzione alle osservazioni mosse dai clinici dichiarandosi aperto a un confronto costante per indirizzare al meglio le strategie regionali. “ Dal 2007 in poi – ha spiegato – siamo stati vincolati a un Piano di rientro rigoroso che è stato coronato da un successo: dal 2013 la regione sta vivendo una stagione di consolidamento e crescita che farà da trampolino di lancio verso un nuovo sviluppo regionale. Sono state messe in atto numerose azioni di riorganizzazione del servizio sanitario regionale a partire dalla rete ospedaliera. Una riorganizzazione dalla quale non poteva rimanere estranea la politica del farmaco: bisogna razionalizzare la spesa e il biosimilare è una delle tante occasione di riorganizzazione”. Tuttavia, ha ricordato, la politica della regione è abbastanza “lasca” e comunque legata al benessere del paziente.
Rimane il fatto che i biosimilari - nonostante siano farmaci che dovranno entrare ed entreranno nella pratica, così come sono entrati in altre branche della medicina, basta pensare a esperienze già consolidate come l’ormone della crescita e le eritropoietine - per la maggioranza dei clinici siciliani hanno bisogno ancora di un periodo di osservazione clinica. E parlare di sostituibilità sic et sempliciter è ancora più difficile.
“L’Aifa sostiene che il biosimilare è simile ma non identico al biologico originator di riferimento. Ed è proprio così. Sebbene il principio attivo del biosimilare sembrerebbe uguale a quello dell’originator di cui è scaduto il brevetto, in realtà sappiamo che possono esserci molte differenze con l’originator – ha affermato
Ambrogio Orlando, Dirigente Medico di Medicina Interna, Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia Cervello di Palermo – il punto è su quali basi si afferma la similitudine tra i due? Le evidenze scientifiche sull’utilizzo di questi farmaci sono solo in ambito reumatologico, sull’artrite reumatoide in primis, mentre ad esempio i dati sulla spondilite anchilosante si basano solo su pochissimi pazienti. Non ci sono dati sulle malattie infiammatorie gastrointestinali. Bisognerebbe fare un esercizio di comparabilità sia a livello fisico-chimico sia a livello biologico e procedere con una validazione pre-clinica e poi clinica attraverso strumenti che hanno precisi standard come appunto i trial clinici, studi che confrontano alla cieca sia per il medico sia per il paziente, il principio attivo del biologico e il principio attivo del biosimilare”.
Le società scientifiche, rileva Orlando sarebbero anche favorevoli all’introduzione di un farmaco che consenta di trattare sempre più pazienti, ma è altrettanto vero che è indispensabile una sorveglianza post marketing rigorosissima. “Efficacia e sicurezza devono essere confermate per ogni singola situazione” ha concluso Orlando.
Sul tappeto c’è poi il tema dell’estrapolazione automatica. Il regolamento dell’Ema, pur consentendo l’estrapolazione dal biologico al biosimilare, impone una stretta farmacovigilanza per valutare la comparsa di effetti collaterali. E le perplessità senza ulteriori sperimentazioni, aumentano. “Il problema è abbastanza complesso – ha detto
Gianfilippo Bagnato, Direttore della Scuola di Specializzazione in Reumatologia, Università degli Studi di Messina – da un punto di vista strettamente teorico è possibile estrapolare al biosimilare le indicazioni dell’originario, ma l’azienda farmaceutica che produce il biosimilare deve essere in grado di garantire la qualità del prodotto e soprattutto deve poter garantire i dati clinici di equivalenza, che come clinico ritengo indispensabili”.
Invece, per
Mario Cottone, Responsabile Uo Medicina interna Ao Ospedali Riuniti Villa Sofia Cervello, Palermo, la prova indiretta che il biosimilare funziona nell’artrite reumatoide potrebbe essere un buon elemento per pensare che funzioni altrettanto bene anche in altre patologie, non solo quelle reumatologiche, ma anche del tratto gastrointestinale. “Il punto di riferimento – ha sottolineato – devono essere sempre i dati di efficacia e sicurezza dimostrati nell’artrite reumatoide. Sulla base di questi dati si potrebbe dire che il biosimilare presenti caratteristiche sovrapponibili a quelle del suo originator. Ovviamente bisognerà vedere come si comporterà il farmaco una volta entrato nella pratica clinica. Personalmente lo prescriverò nei pazienti naïve, anche se in qualche modo saranno gli stessi nostri Direttori Generali a farcelo prescrivere.
Comunque la decisione ultima rimane nelle mani del medico, anche se per
Giovanni Triolo, Direttore di Uoc di Reumatologia Aou Università degli Studi di Palermo: “Il rischio che la centralità della libera prescrizione da parte del clinico, nonché l’accettazione da parte del paziente, possano essere disattese è piuttosto elevato. Questo perché si tratta di terapie che vanno portate avanti per lunghi periodi, a volte somministrate per tutta la vita, e la sostenibilità economica è un problema importante che deve essere preso in considerazione da parte delle Regioni. In Sicilia in particolare – ha aggiunto – se in astratto si riconosce il principio della libera scelta del medico, in pratica si prevede che il medico debba comunque utilizzare il farmaco a minor costo, biologico o biosimilare che sia, e che debba sottoporre una scelta diversa alla valutazione di una commissione regionale”.
Per
Salvatore Amato, Medico responsabile Uo di Dermatologia Arnas Civico Di Cristina Benfratelli, Palermo bisogna salvaguardare sempre la libertà prescrittiva del clinico, anche a fronte di un maggior risparmio economico.
“Aifa è molto chiara sul principio della libera scelta del medico prescrittore – ha spiegato Amato – e tutto il documento è improntato alla salvaguardia di questo principio. Al momento i medici sono ancora liberi di scegliere il trattamento più appropriato, ma in alcune Regioni sottoposte a piani di rientro come la Regione Sicilia, è molto alto il rischio che l’affermazione di Aifa possa essere messa in discussione o addirittura scavalcata. Spesso si parla di appropriatezza prescrittiva solo in riferimento al fattore economico, piuttosto che al fattore efficacia del farmaco. È evidente a tutti noi che gli Assessorati cercano il risparmio e questo potrebbe comportare una forte limitazione della libertà prescrittiva. Inoltre pur essendo diversi i percorsi con cui le Agenzie regolatorie del farmaco hanno approvato gli studi clinici, le differenze di impiego tra i biosimilari e gli originator potrebbero non essere significative. Grande importanza possono avere anche i report della farmacovigilanza, che in questo caso, dovrebbe essere molto attiva nel lungo periodo”.
Ma in questo scenario ad alta variabilità quella che dovrebbe pesare di più è la voce dei pazienti utilizzatori ultimi di questi farmaci, i quali chiedono il passaggio dall’originatore a biosimilare si basi su dati clinici ne avvalorino efficacia e sicurezza piuttosto che sul risparmio. “Occorre cautela nell’effettuare lo ‘scambi’ e la decisione può essere presa solo dal medico – ha detto
Salvatore Leone, Direttore Generale di Amici, Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino – è però indispensabile ottenere l’evidenza richiesta per poter concludere che tra i vari prodotti non sussistano differenze in termini di potenziale immunogenico. Il ruolo del medico diventa ancora più delicato quando, oltre alla scelta tra molteplici opzioni terapeutiche, egli debba gestire problemi connessi alle varietà di nuovi farmaci utilizzabili per ottenere uno stesso scopo. In questi casi è fondamentale garantire al medico la possibilità di poter praticare tutte le opzioni”.
26 dicembre 2014
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