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Legalon®SIL di Rottapharm | Madaus diventa un farmaco orfano


L’Ema ha approvato la qualifica di Legalon®SIL di Rottapharm | Madaus a farmaco orfano per la prevenzione delle recidive dell’epatite C in pazienti sottoposti a trapianto di fegato.

20 GEN - Per la prevenzione delle recidive dell’epatite C in pazienti sottoposti a trapianto di fegato c’è da oggi una nuova possibilità terapeutica. La Commissione Europea, su parere favorevole del comitato per i medicinali orfani (Comp) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (Ema), ha infatti deciso di assegnare la qualifica di farmaco orfano al Legalon®SIL (Silibinina-C-2’,3-diidrogenosuccinato, sale disodico) per questa indicazione.
Ricordiamo che nella Ue la qualifica di farmaco orfano è riferita a medicinali destinati alla cura di  malattie rare, quelle cioè che colpiscono non più di 5 individui su 10.000 nella Comunità Europea.

La silibinina è una sostanza estratta dal cardo mariano (Farmacopea Europea, PhEur) nonché il componente principale della silimarina, il principio attivo della specialità medicinale per uso orale Legalon®. Legalon® è approvato per diverse indicazioni nel campo delle malattie del fegato e viene commercializzato su scala mondiale. “Silibinina-C-2’,3-diidrogenosuccinato, sale disodico”, la forma iniettabile di silibinina, costituisce il principio attivo di Legalon®SIL, un farmaco commercializzato sin dalla metà degli anni ’80 e autorizzato per il trattamento acuto in caso di intossicazione da fungo Amanita phalloides. È stato dimostrato che Legalon®SIL esercita un’azione antivirale diretta sul virus dell’epatite C (HCV) in pazienti che non rispondono alle terapie convenzionali e si ritiene sia efficace nel prevenire le recidive dell’epatite C in pazienti sottoposti a trapianto di fegato.

Rottapharm | Madaus ha avviato una serie di studi clinici con “Silibinina-C-2’,3-diidrogenosuccinato, sale disodico” (Legalon®SIL), tra cui alcuni trial di fase 2-3 in pazienti sottoposti a trapianto di fegato.

Il crescente impatto sociale dell’infezione cronica da HCV riflette l’aumentata prevalenza delle malattie epatiche terminali associate all’infezione stessa, quali cirrosi ed epatocarcinoma. Il trapianto di fegato è una procedura chirurgica tanto straordinaria quanto complessa, e per tale ragione spesso associata a complicanze. Pur essendo l’unico intervento di tipo terapeutico in questi casi di malattia epatica allo stadio terminale, il trapianto non cura l’infezione da HCV. È noto che il fegato trapiantato viene invariabilmente infettato dal virus nell’arco di breve tempo. Diversamente da quanto accade nel 20% dei pazienti non sottoposti a trapianto, la guarigione spontanea (scomparsa del virus HCV) non avviene mai nei pazienti trapiantati, che sono a rischio di sviluppare infezione cronica da HCV post-trapianto. Ad oggi, nell’Unione Europea non è approvata alcuna misura preventiva soddisfacente per questa tipologia di pazienti, la cui condizione clinica comporta minaccia per la vita o debilitazione cronica a causa di complicanze quali cirrosi epatica ed epatocarcinoma.
 

20 gennaio 2011
© Riproduzione riservata

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