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Tumore del seno. Un test genomico può evitare la chemioterapia se non necessaria

di Viola Rita

Nei tumori ormono-responsivi, un test rapido e preciso su tessuto tumorale può aiutare a capire in quali casi, dopo l’intervento, la chemioterapia non è utile e in quali invece deve essere aggiunta all'ormonoterapia. A spiegarlo, ieri, gli esperti Francesco Cognetti, Riccardo Masetti e Giuseppe Naso in un convegno a Roma.

01 FEB - Evitare, laddove indicato, la chemioterapia dopo un intervento chirurgico, ricorrendo soltanto alla terapia ormonale. E viceversa, effettuare la chemioterapia quando necessaria. Tutto ciò è oggi possibile, grazie ad un test genomico (Oncotype DX) che analizza il Dna di alcuni tipi di tumore al seno, spiegano gli esperti. A illustrare come funziona, sono stati Francesco Cognetti, Riccardo Masetti e Giuseppe Naso, durante il Forum Internazionale sui test genomici a Roma (L’eccellenza a Roma per la cura del tumore del seno. La Genomica rivoluziona l’approccio e la scelta terapeutica), tenutosi ieri a Roma.

Ogni anno in Italia ci sono circa 40mila nuove diagnosi di tumore al seno, di cui 2000 soltanto nella capitale, e almeno il 15% di questi casi presentano dei fattori di dubbio rispetto alla terapia, come sottolineano gli esperti. I tumori in questione sono quelli in fase iniziale con espressione del recettore per l’estrogeno (ER+) o per il progesterone (PgR+) e linfonodi ascellari negativi (HER2 negativo).

“Disporre di questo tipo di test, che si affianchi agli altri parametri di tipo anatomico-clinico e biologico”, ha dichiarato Francesco Cognetti, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena – IFO di Roma, “consente di effettuare un’indagine sulla natura del tumore molto più raffinata. In generale, in alcune pazienti possono presentarsi dei dubbi sull’indice di rischio di una recidiva e sul trattamento più appropriato da mettere in atto dopo l’intervento chirurgico. Il test genomico, che si fa una volta nella vita, è in grado di evitare la somministrazione della chemioterapia laddove non necessaria in circa il 30% delle pazienti che altrimenti vi si sarebbero sottoposte e, al contrario, di aggiungerla in circa il 15-20% delle pazienti che altrimenti non l’avrebbero ricevuta. Questo test, oggi riconosciuto da alcune linee guida internazionali, non è ancora rimborsato dal Sistema Sanitario Nazionale e il suo costo è intorno ai 3000 euro. Attuando una rigida selezione, l'analisi apporterebbe un vantaggio sia al Sistema sanitario Nazionale sia alla qualità di vita delle pazienti”. 
 
Il test dà un riscontro numerico, rispetto al fattore di rischio del tumore, come spiega nel suo intervento durante la conferenza Riccardo Masetti, Direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia Senologica Dipartimento di Salute della Donna, Policlinico Agostino Gemelli. “Per una fetta di pazienti oltre dare benefici questi trattamenti danno anche effetti collaterali che possono avere impatto sulla qualità di vita in maniera importante. Nei casi di tumore al seno si cerca di personalizzare il trattamento in base alle necessità. Nel 15% dei casi, un numero non trascurabile sul totale, la scelta della terapia, anche in base ai protocolli condivisi, rimane opinabile. In generale i protocolli hanno come criterio principale quello di ridurre i rischi, così spesso si tende ad abbondare con chemioterapia, anche quando i dati non indicano con piena certezza un beneficio tale da giustificare gli effetti collaterali che ne conseguono. Questo strumento, con un indice di rischio che va da 0 a 100, differenzia i casi a basso, medio ed alto rischio: se una donna si trova nella categoria ad alto rischio, i benefici della chemioterapia sono presenti”.
 
La parola d’ordine del test è ‘standardizzare’ le terapie, "riducendo la disparità nella decisione del trattamento", ha illustrato durante la conferenza Giuseppe Naso, Responsabile U.O. Oncologia Traslazionale, Breast Unit, Sapienza Università di Roma. “Nel 70% dei casi il tumore mammario nelle donne presenta espressione del recettore per l’estrogeno: qui nasce il problema. Dopo la chirurgia, infatti, per stabilire se la chemioterapia è necessaria, ad oggi abbiamo pochi parametri. Anche tra ‘top oncologist’, questi parametri non indicano in maniera univoca qual è il trattamento migliore. Ma oggi disponiamo di questo test, che ci segnala con buona approssimazione se la chemioterapia deve essere applicata o meno, oppure al contrario può segnalare che nella donna apparentemente ‘ormonoresponsiva’ l’ormonoterapia non funziona, e dunque è necessaria la chemioterapia. In questo modo possiamo scegliere l’opzione più opportuna, standardizzando la terapia e dunque la decisione del trattamento tra i vari oncologi. Nella mia esperienza circa il 35% delle donne ha potuto evitare la chemioterapia grazie al test, evitando gli effetti collaterali di una chemioterapia tra l’altro del tutto inutile”.
 
Ma come avviene e qual è la precisione del test? Questo test, effettuato su 21 geni, analizza frammenti di tessuto tumorale piuttosto piccoli, prelevati durante un intervento chirurgico o una biopsia. “Essi vengono avvolti in paraffina”, ha spiegato Antonella Rossetti, anatomo-patologa a Roma, “e il metodo consente un’accuratezza della risposta - espressa con un punteggio da 0 a 100 - molto elevata, ad una precisione spaziale dell’ordine dei micrometri (millesimi di millimetro), rispetto al pezzo tumorale che può essere di pochi millimetri”. E tale risposta arriva quasi a tempi zero: 10-14 giorni al massimo, come sottolineano gli esperti. 
 
Il test in numeri
L’Oncotype Dx per il tumore invasivo della mammella è stato validato in 13 studi su oltre 4000 pazienti, riferiscono gli scienziati di Genomic Health. Ad oggi, sono stati richiesti oltre 275mila test da più di 10mila medici in 68 paesi. Studi multipli, attuati in diversi paesi europei, hanno dimostrato che il Recurrence Score ha permesso all’oncologo di cambiare le decisioni terapeutiche in circa il 30% di pazienti con tumore invasivo della mammella allo stadio iniziale, riferiscono ancora gli scienziati.
 
Viola Rita

01 febbraio 2014
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