Esclusivo. Intervista a Scaccabarozzi: “Per i farmaci vale quanto detto da Marchionne per le auto. Senza Patto produzione in Italia a rischio"
di Luciano Fassari
"Senza un Patto di stabilità che offra garanzie di norme e investimenti sarà difficile continuare a produrre farmaci in Italia". Sull'onda delle dichiarazioni dell'AD di Fiat anche il presidente di Farmindustria lancia l'allarme al Governo. "Dobbiamo far capire alla politica che le aziende farmaceutiche non sono un bancomat". Ma sul futuro è ottimista: “Guai a pensare di non farcela”
31 LUG - Immissione dei farmaci sul mercato, Payback, debiti Pa, Tavolo sulla farmaceutica e prospettive per il comparto. Queste e non solo, alcune delle questioni toccate da
Massimo Scaccabarozzi, da poco confermato per il secondo mandato alla guida di Farmindustria, in questa intervista a tutto tondo su Qs. Una presidenza caratterizzata da un estremo realismo, dalla volontà di diffondere l’idea del farmaco come valore e non solo come costo, ma pure dalla voglia di far capire alla Politica che le aziende farmaceutiche non sono più in bancomat cui attingere. “Senza un Patto di stabilità difficile continuare a produrre farmaci in Italia”, ci dice alla fine della nostra conversazione quando gli abbiamo chiesto se per il farmaco valgono le parole dell'AD Fiat
Sergio Marchionne che, nell'ultima
conference call dell'azienda automobilistica, aveva detto che “Le condizioni industriali in Italia rimangono impossibili”.
Presidente, iniziamo dall’attualità. Come giudica il ddl Lorenzin nella parte che riguarda le sperimentazioni cliniche?
Il giudizio è positivo perché la misura cerca di semplificare, risolvere alcune problematiche e incentivare la ricerca clinica. Credo dunque sia un tentativo che va nella strada giusta.
Nonostante quest’ultima proposta sono anni però che si parla di attrarre e non far scappare gli investimenti in ricerca. Ma le cose non sembrano cambiare. Intravede qualche novità?
Sono ottimista per natura e credo il Paese ce la farà e l’errore più grande sarebbe proprio quello di pensare il contrario. È chiaro che siamo in un momento delicatissimo economicamente, ma è altresì vero che negli ultimi anni il nostro settore (non so per quale motivo) ha subito tagli pesantissimi. Le faccio un esempio: pesiamo per il 14% della spesa ma abbiamo subito il 30% dei tagli. C’è chi si è lamentato per i tagli lineari. Ecco per noi è stato anche peggio.
Ma cosa serve allora per uscire da questo stallo?
Basterebbero poche ricette. Ma il punto nodale che stiamo cercando ormai da qualche anno di far comprendere è che il nostro comparto non può essere visto solo come un costo. Esportiamo il 44% dei prodotti, abbiamo un elevato tasso occupazione qualificata e soprattutto, oltre al valore economico che produciamo, c’è quello in salute. Ogni 4 mesi di vita ne abbiamo guadagnato uno e questo anche grazie ai progressi del mondo del farmaco.
Farmaci e innovazione. Che posizione avete assunto sulla questione della Legge Balduzzi sui farmaci antitumorali immessi in commercio ma non ancora rimborsati dal Ssn su cui il Governo ha presentato un emendamento che fissa il tempo massimo in 100 giorni?
Sulla questione a mio avviso si è strumentalizzato un processo che era già in essere e che la Balduzzi ha semplicemente messo nero su bianco. Il punto nevralgico è proprio la questione del timing per l’immissione in commercio e per la fissazione dei prezzi che nel nostro Paese è lentissima (in media due anni in più rispetto ai principali partner europei). Ma su questo punto desidero ricordare che l’Aifa non ha avuto per molti mesi la possibilità di trattare i prezzi perché era senza le commissioni, ma soprattutto la legge non fissava un timing preciso. Per cui bene ha fatto il Ministro Lorenzin a mettere il tempo massimo di 100 giorni onde sgombrare il campo da ogni dubbio. Certo, vorrei che chi ha protestato contro le discriminazioni derivanti da questa situazione, lo facesse quotidianamente, perché ripeto il nostro sistema così frammentato crea già discriminazioni tra cittadini delle diverse Regioni. E in autunno arriva anche la direttiva sull’assistenza transfrontaliera.
Come procede invece il pagamento dei debiti che la Pa ha nei confronti delle aziende?
Glielo dico chiaramente. Abbiamo visto poco e nulla. Avevamo fatto una proposta a costo zero che avrebbe portato al ripiano di almeno il 25% dei debiti delle imprese ma non è passata.
E in cosa consisteva la proposta?
Noi siamo l’unico settore che è al contempo creditore e debitore in quanto sottoposti al payback. Avevamo chiesto di poter fare una compensazione tra i crediti vantati e il payback. Un’operazione di mera ragioneria che non avrebbe intaccato in alcun modo la fiscalità generale e il rispetto dei vincoli di bilancio imposti dall’Ue. Sarebbe stata una grande operazione, anche d’immagine, che ci avrebbe consentito di risolvere almeno il 25% dei crediti vantati dalla farmaceutica.
Parlavamo di payback. Ne auspicate una riforma?
Ciò che noi avversiamo non è il payback in se, anche se molto spesso, le risorse ricavate sono andata a ripianare debiti fatti da altri. Il punto è che se c’è un tetto generale, non si capisce perché vi debbano essere sottotetti di prodotto o classe terapeutica che tra l’altro creano sperequazioni tra i pazienti. Del resto se ci sono sforamenti pagano in ogni caso le aziende. Quindi continuiamo a non capire la ratio.
Si è da poco riattivato il Tavolo sulla farmaceutica. Che giudizio ne dà e quali prospettive intravede?
La mia opinione è certamente positiva. La convocazione di un Tavolo che mettesse tutti gli attori della filiera e le Istituzioni interessate era tra le nostre richieste da molto tempo. La prima riunione è servita proprio per fissare gli ulteriori step e si è affrontata la questione della spesa ospedaliera che presenta alcune criticità. Ma a prescindere da ciò, ho riscontrato molti segnali positivi e soprattutto la volontà concreta di questo nuovo Esecutivo di voler ascoltare e di volersi confrontare sulle problematiche del comparto. Poi è chiaro che per il ruolo che ha sarà il Governo a fare la sintesi, ma i segnali sono positivi.
Ma non vi attendete qualche ‘sorpresina’ in autunno quando si appronterà la legge di stabilità?
È accaduto in passato che i Governi parlassero in un modo e agissero in un altro. Ma le ripeto le sensazioni concrete ci portano a dire che questo Governo sembra aver capito l’importanza del nostro comparto e non credo si userà ancora la tagliola, anche perché abbiamo bisogni di stabilità e ulteriori tagli affosserebbero il settore. Lo ribadisco per l’ennesima volta: abbiamo già dato.
Si rumoreggia sempre più insistentemente di creare un Fondo ad hoc per la farmaceutica, slegandolo di fatto dal Fsn. Come valuta un’ipotesi di questo genere?
Non sarebbe male. Almeno saremmo sicuri del destino dei risparmi sulla farmaceutica.
Presidente mi dice cosa conserverebbe del nostro Ssn anche in futuro?
Non ho dubbi: l’universalismo. Magari guardando anche allo sviluppo dei Fondi integrativi.
E cosa invece non conserverebbe?
Abbiamo la necessità di rafforzare la governance centrale. Come le dicevo oltre all’Aifa abbiamo poi 21 sistemi regionali che rendono farraginoso il percorso. Ebbene occorre un riequilibrio, almeno per la farmaceutica, e anche urgentemente. In autunno sarà operativa la direttiva transfrontaliera e il nostro Paese non può pensare di affrontare questa sfida con un sistema così variegato.
L’Ad di Fiat Marchionne ha dichiarato che se si continua così in Italia non si potranno produrre più auto. Vale lo stesso per i farmaci?
Sì, se non si riuscirà a fare un Patto di stabilità anche per i farmaci il destino non potrà che essere quello. Siamo stati colpiti da misure di austerity che però non sono servite a calmierare la spesa per il Ssn. Le aziende sono al limite. Oltre non si può più andare.
Luciano Fassari
31 luglio 2013
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