Obesità. Ecco come il cervello perde la capacità di controllare l’appetito
Spiegato per la prima volta da ricercatori italiani il meccanismo che nel cervello delle persone obese porta a non controllare più fame e ritmo del sonno. Una scoperta che potrà portare a opzioni terapeutiche contro le comorbidità della patologia: ipertensione, cardiopatie, ansia e insonnia intermittente. Lo studio su Pnas.
10 MAG - Quando si diventa obesi, il cervello perde la capacità di regolare appetito e sonno. Ma come avviene tutto ciò? A spiegarlo sono stati i ricercatori dell’ Endocannabinoid Research Group (ERG) dell’Istituto di Cibernetica “Eduardo Caianiello” e dell’Istituto di Chimica Biomolecolare del Cnr di Pozzuoli, in uno studio pubblicato sulla rivista
Proceedings of the National Academy of Sciences: l'obesità è accompagnata da un rimodellamento delle sinapsi dell’ipotalamo laterale, che agisce sul modo in cui il sistema endocannabinoide controlla l'attività dei neuroni che producono il neuropeptide orexina, responsabile per l'appunto della regolazione dell’appetito e del sonno. La comprensione dei meccanismi che regolano questo rimodellamento potrà avere importanti potenziali applicazioni sulla preparazione di nuovi farmaci contro l’obesità.
L’obesità è una vera e propria malattia classificata di tipo “cronico” non solo perché facilita l’insorgere di patologie croniche (dal diabete all’ipertensione) ma anche perché il tessuto adiposo (in eccesso nei soggetti obesi) libera in circolo una serie di sostanze pro-infiammatorie. Una di queste è un ormone, chiamato leptina, che agisce sul senso di fame “comunicando” ad una particolare regione del cervello, l’ipotalamo, che l’apporto di cibo è stato sufficiente e che bisogna smettere di mangiare.
Tuttavia, quando si ingrassa il tessuto adiposo produce quantità maggiori di leptina fino al punto che il cervello non spegne più il senso di fame. Nei soggetti obesi si instaura quindi una vera e propria “resistenza alla leptina” alla base del circolo vizioso per cui si continua a mangiare e si ingrassa perché la comunicazione tra periferia e cervello è interrotta.
Brevi periodi di digiuno sono noti per ridurre i livelli di leptina ed eccitare i neuroni ipotalamici che controllano la fame. Tra questi, i neuroni orexinergici contenenti il neuropeptide orexina-A (OX), generano i segnali che spingono il corpo a mangiare ed assumere comportamenti esplorativi legati alla ricerca di cibo. Come il controllo dei neuroni orexinergici sia deregolato in individui obesi, tuttavia, rimane poco chiaro.
Luigia Cristino e
Vincenzo Di Marzo del Cnr hanno affrontato questo problema in collaborazione con un gruppo di Neurologi dell’Università di Verona, esplorando le basi del sistema endocannabinoide ipotalamico, che modula la trasmissione sinaptica di segnali che controllano l'appetito. Gli autori hanno confrontato l’assetto sinaptico degli input afferenti ai neuroni orexinergici in topi normopeso e obesi (o per causa di una dieta grassa, HFD, o per un difetto genetico nella produzione di leptina, ob/ob) ed hanno osservato uno shift nel rapporto tra il numero di sinapsi eccitatorie ed inibitorie sul numero totale delle sinapsi che, invece, rimaneva invariato. Nel cervello degli animali obesi il 70-80% delle sinapsi era di tipi inibitorio/GABAergico mentre la stessa percentuale era eccitatoria/glutamatergica nel cervello degli animali normopeso.
Tuttavia, il modello di organizzazione dei circuiti neuronali orexinergici così svelato poco si adattava a spiegare l’elevata presenza di orexina che gli autori osservavano nelle fibre eccitatorie ipotalamiche di proiezione alle aree del cervello responsabili del controllo dell’appetito (nucleo arcuato e periventricolare) e del “reward” alla base dell’aspetto edonistico dell’appetibilità del cibo (nucleo accumbens e area tegmentale ventrale). L’inaspettata scoperta della presenza del recettore cannabinoide CB1 sulle afferenze sinaptiche ai neuroni orexinergici ha spiegato definitivamente questa apparente incongruenza. Gli autori hanno infatti osservato che, relativamente ai neuroni orexinergici, il recettore CB1 si esprime morfologicamente in misura costante sulle afferenze sinaptiche eccitatorie ed inibitorie, sia nei topi normopeso che obesi. Sotto il profilo funzionale però, il recettore CB1 è maggiormente attivato nelle afferenze sinaptiche inibitorie dei topi obesi i cui neuroni orexinergici producono e liberano una quantità di endocannabinoide 2-AG molto superiore a quella misurata negli stessi neuroni dei topi normopeso. Nel cervello degli animali obesi questo assetto sinaptico si traduce, in termini elettrofisiologici, in una forte disinibizione dei neuroni orexinergici ed in un aumento del rilascio di neuropeptide dai terminali orexinergici.
L’incremento del rilascio di orexina registrato in specifiche aree cerebrali sarebbe alla base del circolo vizioso dell’aumento di appetito e del peso corporeo che porta al punto che il cervello non spegne più il senso di fame perchè la comunicazione tra periferia e cervello si interrompe per l’ instaurarsi di una vera e propria “resistenza alla leptina”. La somministrazione di leptina riesce a trasformare questo circolo vizioso in circolo virtuoso solo nei soggetti obesi a causa di difetto genetico nella produzione di leptina (ob/ob) mentre per i soggetti obesi con “resistenza alla leptina” potrebbe essere utile esplorare lo sviluppo strategie che blocchino i recettori dell’orexina.
Gli autori hanno infatti dimostrato che le comorbidità legate all’obesità quali ipertensione, cardipatie, ansia e insonnia intermittente possano essere contrastate bloccando selettivamente i recettori dell’orexina-A con la molecola antagonista SB334,867.
In definitiva lo studio rivela un fondamentale meccanismo di plasticità sinaptica dei neuroni orexinergici la cui modulazione potrebbe essere alla base della progettazione di nuovi farmaci per l'obesità.
10 maggio 2013
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