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Il Biotech tira ancora ma la crisi è in agguato. E la crescita è inferiore al potenziale


La punta di diamante del settore è la salute con 235 imprese e un fatturato di 6,7 miliardi pari all’83% del fatturato globale. Ma dopo anni di crescita continua i primi segnali di difficoltà. Soprattutto per il mancato sostegno alla ricerca e allo sviluppo. Il rapporto sui farmaci e quello su tutte le biotecnologie.

07 MAG - In tempi di crisi profonda, il settore delle imprese biotech è ancora uno dei pochi a resistere in Italia e ad avere un bilancio positivo, sia in termini di crescita economica (una crescita complessiva del fatturato di settore del 6,3%) che di investimenti in ricerca e sviluppo (+3% nel solo segmento del farmaco biotech). Tuttavia, si tratta di una crescita inferiore al suo potenziale e dopo diversi anni di sviluppo a ritmo sostenuto, iniziano ad apparire i primi segnali di difficoltà, dovuti all'assenza di provvedimenti a sostegno della ricerca e sviluppo, e tutela dei prodotti innovativi. E' questo il quadro che emerge dai due rapporti “Biotecnologie in Italia 2013”, realizzato da Assobiotec ed Ernst & Young con Farmindustria e l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, e il Rapporto Ernst & Young-Farmindustria "Biotecnologie del settore farmaceutico in Italia 2013", realizzato con Assobiotec, presentati oggi a Milano.
 
Imprese in Italia. Gli ambiti di applicazione delle biotecnologie sono i più vari, dal farmaco all'agricoltura, dalle biomasse alle energie rinnovabili, anche se a guidare il comparto è il red biotech, cioè il settore della salute. Alla fine del 2012, le imprese impegnate in ricerca e sviluppo nel campo delle biotecnologie sono 407, di cui oltre la metà (256) 'pure biotech', e il 75% è di micro o piccole dimensioni. Anche se in leggero calo per numero di imprese (erano 412 nel 2011), l’industria biotecnologica italiana si posiziona al terzo posto in Europa, dopo Germania e Regno Unito per numero di imprese pure biotech. Il fatturato totale ammonta a 7.1 miliardi di euro, con un incremento del 6% rispetto allo scorso anno, mentre gli investimenti in ricerca sono saliti fino a 1.8 miliardi (+2,9%). Quasi settemila gli addetti nel 2013 ad attività di ricerca e sviluppo, un dato sostanzialmente in linea con quello del 2012. Nonostante però l'alto numero di imprese pure biotech, l'Italia rimane fanalino di coda in Europa per la capacità di accedere ad adeguati investimenti in capitale di rischio (venture capital). Rispetto a Regno Unito, Germania e Svizzera infatti, dove i progetti finanziati da venture capital sono più di 20 ciascuno, in Italia sono solo due.
 
Farmaco trainante. La 'punta di diamante' del settore biotech italiano è rappresentata dal comparto della salute e del farmaco, con 175 imprese che investono nello sviluppo di molecole e terapie altamente innovative, anche se in calo del 4,9% rispetto all'anno precedente (il numero delle imprese è sceso da 184 a 175), soprattutto per l'uscita dal mercato di piccole e medie aziende. Delle 407 imprese censite, 235 (58%) sono attive nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti terapeutici e diagnostici e il loro fatturato ammonta a 6.7 miliardi (+5%). La maggior parte dei ricavi è riconducibile alle imprese del farmaco che, pur costituendo il 25% delle imprese del campione, producono l'83% del fatturato totale. Complessivamente, la pipeline italiana conta più di 359 prodotti, 97 dei quali in fase preclinica, 50 in Fase I, 107 in Fase II e 105 in Fase III di sviluppo clinico. Circa il 52% dei progetti deriva da imprese a capitale estero – in particolare filiali di multinazionali in Italia – e il 48% da imprese a capitale italiano, comprese le farmaceutiche italiane.
“Il settore del farmaco biotech è competitivo, altamente tecnologico e innovativo, con le sue 175 imprese che hanno investito 1.410 milioni e occupano 4.846 addetti in ricerca e svilupo – commenta Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria – Una realtà radicata nel territorio, soprattutto in Lombardia, al primo posto per numero di imprese biotech (70), seguita da Lazio (23), Piemonte (18), Emilia Romagna (17), Toscana (14). I farmaci biotecnologici disponibili sono 109 e i prodotti in sviluppo 359, soprattutto nell’area oncologica (44% del totale)”.
 
Problemi. Nonostante il bilancio tutto sommato positivo, il cahier de doleances delle industrie è piuttosto ricco. “Dopo diversi anni di crescita – rileva Alessandro Sidoli, presidente di Assobiotec - il settore mostra segnali di difficoltà, per la cronica assenza di provvedimenti per sostenere la ricerca e lo sviluppo, come la mancanza del credito di imposta sulle spese in ricerca e sviluppo, o il decreto crescita 2.0, che di fatto esclude quasi tutte le pmi biotecnologiche, o i troppi crediti per finanziamenti di ricerca che le nostre imprese hanno nei confronti dello Stato. Una situazione che sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza delle aziende”. E Scaccabarozzi rincara la dose: questo è un “settore che può rappresentare una forte leva di crescita per il Paese – aggiunge – se si eliminano gli ostacoli che impediscono l’accesso rapido ai medicinali innovativi. Oggi un nuovo farmaco è disponibile in Italia con due anni e mezzo di ritardo rispetto ai principali Paesi europei. Nel nostro Paese le condizioni stabilite per l'accesso ai nuovi prodotti sono le più numerose d'Europa, tra tetti di spesa nazionale, definizione di prezzo e rimborso, autorizzazioni e brevetti e regioni che non inseriscono nei loro prontuari farmaci approvati a livello europeo e nazionale”. Senza dimenticare le sempre più frequenti “decisioni contro il rispetto della tutela brevettuale – conclude il presidente di Farmindustria - È necessaria quindi una politica che offra un quadro normativo stabile, condizioni competitive rispetto ai big Ue e tempi più brevi per l’accesso e per il pagamento, senza dimenticare la tutela della proprietà intellettuale. Il futuro è biotech. E l’Italia ha una grande chance.”

07 maggio 2013
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