Atassia Teleangectasia. Sviluppato in Italia un test diagnostico veloce ed economico
L’1.5-3.5% della popolazione generale è portatore sano, ma tanti non lo scoprono finché non hanno un figlio malato. La malattia incurabile dà degenerazione neuronale, immunodeficienza e predisposizione a infezioni e tumori, e un test diagnostico potrebbe essere utile per iniziare al più presto terapie di supporto.
05 MAR - L’Atassia Teleangectasia (A-T) è una malattia caratterizzata da progressiva degenerazione neuronale, sensibilità alle radiazioni, immunodeficienza e predisposizione allo sviluppo di infezioni ricorrenti e di tumori, causata da una mutazione genetica. I portatori sani sono l’1.5-3.5% della popolazione generale, ma spesso scoprono di esserlo solo dopo la nascita di un figlio malato. Oggi, un team di ricerca con scienziati dell’Istituto Regina Elena (IRE), dell’Università “Sapienza” e del CNR di Roma hanno tuttavia messo a punto un test diagnostico economico e veloce che potrebbe individuare gli affetti e i portatori sani su un ampia popolazione e consentire così fin dall’infanzia l’inizio di terapie e comportamenti di prevenzione. I risultati sono stati pubblicati su
Journal of Clinical Investigation.
I ricercatori hanno verificato la possibilità di utilizzare la localizzazione ai centrosomi di p53, il più importante oncosoppressore, come un indicatore indiretto, ma fedele, della presenza di mutazioni nel gene ATM. È nato così un nuovo test diagnostico specifico che, per la prima volta, consente di individuare in modo veloce, economico e non invasivo i portatori sani di mutazioni ATM nella popolazione generale e di distinguere i bambini con A-T da quelli con altre patologie atassiche, malattie che determinano perdita di coordinazione nei movimenti. “Durante la divisione delle cellule- i cromosomi devono essere equamente divisi tra le cellule figlie. I centrosomi sono i fulcri a cui si legano le funi (i microtubuli) che tirano i cromosomi verso le due cellule figlie. Studiando gli spostamenti all’interno delle cellule dell’oncosoppressore p53, abbiamo scoperto che ATM dirige p53 ai centrosomi ad ogni divisione cellulare”, ha spiegato
Andrea Prodosmo, primo autore dello studio. “La sorpresa maggiore è però arrivata dall’osservazione che p53 non è più capace di raggiungere i centrosomi nel 100% dei globuli bianchi dei pazienti colpiti da A-T e nel 50% dei globuli bianchi dei portatori sani”, ha spiegato Silvia Soddu.
Questa osservazione ha aperto la strada alla messa a punto del test oggetto della pubblicazione.
Le mutazioni del gene ATM, se ereditate da genitori entrambi portatori sani, sono responsabili dell’A-T, una malattia rara che colpisce un bambino su 10.000-50.000 nati. I portatori sani di mutazioni ATM (eterozigoti A-T) sono molto più frequenti, ma di solito solo una piccola parte di loro sa di esserlo, e più spesso lo scopre in seguito alla nascita di un figlio malato. L’identificazione dei portatori sani sarebbe molto importante non solo per i piccoli, ma anche perché questi individui sono più sensibili alle radiazioni ionizzanti, come RX e raggi gamma, e sembrano avere una maggiore propensione ad ammalarsi di diabete e psoriasi nonché un’incidenza di tumori, in particolare alla mammella, almeno quattro volte superiore rispetto ai non portatori.
In questi ultimi, la diagnosi precoce è stata dunque fondamentale per iniziare le terapie di supporto il prima possibile. Come dice
Luciana Chessa, dell’UO di Genetica Medica dell’Ospedale Sant’Andrea, non esistono terapie risolutive della malattia, ma trattamenti di supporto specifici come la fisioterapia, la terapia del linguaggio e il trattamento delle infezioni e delle complicazioni polmonari sono in grado di rallentarne il decorso. La complessità e il costo dei test genetici fino ad ora disponibili non consentivano una diagnosi precoce se non in centri altamente specializzati e solo in casi selezionati. “Lo sviluppo di un test specifico non invasivo, economico e veloce apre per la prima volta la possibilità di valutare diversi aspetti predittivi su un’ampia popolazione, dare specifiche indicazioni comportamentali per la prevenzione di tumori ed intervenire con una precocità impensabile fino ad oggi”, ha concluso
Ruggero De Maria, Direttore Scientifico dell’IRE.
05 marzo 2013
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