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Ipotiroidismo. Nuova puntata di Hospital Pharmacist: dall’efficacia al profilo farmaco-economico delle terapie


Le differenze di impatto economico delle diverse formulazioni del farmaco utilizzato ormai da anni per la terapia di un disturbo ad alta prevalenza in Italia: si stima ne soffra il 5% della popolazione, con una maggiore prevalenza fra le donne

02 DIC -

L'ipotiroidismo ha un’ampia prevalenza in Italia: si stima infatti che ne sia affetto il 5% degli italiani, un dato destinato ad aumentare con l'invecchiamento progressivo della popolazione. Le terapie oggi a disposizione sono largamente efficaci, ecco perché è importante soffermarsi sul profilo farmaco economico dei trattamenti. Questo è stato il focus della nuova puntata di The Hospital Pharmacist.

“Si tratta di una patologia largamente diffusa – ha ribadito Andrea Lenzi, professore emerito di Endocrinologia alla Sapienza Università di Roma - con una prevalenza superiore nelle donne rispetto agli uomini in larga misura legata alle differenze ormonali nella vita femminile rispetto a quella maschile. Oggi abbiamo a disposizione un ormone sintetico che è esattamente quello che il nostro organismo produce, quindi siamo in grado di supplire con un farmaco alle disfunzioni di questa ghiandola. Ci sono varie formulazioni, ma di fatto la L-tiroxina è una terapia sostitutiva del tutto valida e che consente in ogni caso di risolvere la problematica con un solo un minimo di attenzione all'anamnesi del paziente e alla sua preferenza di formulazione. Questo aspetto è importante per la compliance, considerando che parliamo di una patologia che si inizia a trattare molto presto e che fortunatamente, essendo appunto la vita media in crescita, deve essere trattata per un lungo periodo”.

Una recente indagine del centro studi SAVE ha costruito un modello di analisi di costo delle terapie a base di levotiroxina nelle diverse forme farmaceutiche attualmente in commercio, che ha consentito di effettuare delle simulazioni per valutare l’impatto economico derivante dalla variazione delle loro quote all’interno del mercato dei farmaci per il trattamento dell’ipotiroidismo. L’analisi ha preso in considerazione solamente i costi diretti dei farmaci ed è stata condotta secondo due punti di vista: SSN e paziente. Le simulazioni mostrano un risparmio economico derivante dall’incremento delle quote di mercato dovute all’impiego di levotiroxina in compresse, dal punto di vista del SSN e del paziente; dall’analisi di Budget Impact emerge come un incremento dell'1% nella quota di mercato della formulazione solida permetta al sistema sanitario di risparmiare 1.869.419 €, mentre un aumento del 2% comporta un risparmio di 3.738.838 €, ossia il doppio e così per quote successive di incremento.

“Nonostante ci sia una percentuale di popolazione maggiore che assume la forma solida – fa notare Giacomo Bruno, senior project lead e associate di Save (Studi analisi valutazioni economiche), autore di uno studio sul profilo farmaco-economico delle terapie per l’ipotiroidismo - in realtà si spende decisamente meno rispetto con questa formulazione rispetto a quello che si spende per la forma liquida. Alla luce della percentuale di incidenza molto alta della patologia è fondamentale, a mio avviso, dal punto di vista della sostenibilità economica, far sì che il paziente sia gestito dal medico in scienza e coscienza tenendo però bene in considerazione anche l'aspetto di economia sanitaria”.

“Siamo di fronte a una patologia ad ampia prevalenza e a una molecola di diffusissimo utilizzo sul territorio da decenni - aggiunge Fulvio Pandico, dirigente dell'Unità operativa complessa di farmaceutica convenzionata e distribuzione per conto dell'Asl Caserta e collaboratore della struttura farmaceutica regionale campana - quindi questo studio è particolarmente interessante dal punto di vista delle valutazioni di Budget Impact perché lascia intravedere degli importanti margini di risparmio sulla spesa farmaceutica. E’ evidente che abbiamo una fetta molto importante dal punto di vista economico di farmaci in formulazione liquida che va attentamente analizzata”.

“Siamo davanti a un dato talmente chiaro e consolidato – fa sapere Fausto Bartolini, direttore del Dipartimento farmaceutico USL Umbria 2 - che impone a ogni Regione di affrontarlo in termini diretti insieme a tutti i prescrittori sia specialisti o medici. Se poi notiamo la crescita generale in Italia di numero di dosi medie e osserviamo una diminuzione della crescita della spesa, ciò vuol dire che tutti hanno affrontato in tali termini lo switch da formulazioni liquide a compresse al costo sicuramente inferiore”.

“Per una volta la clinica va d'accordo con la farmaco economia – aggiunge Lenzi – molto spesso i clinici desiderano sempre farmaci più innovativi che poi ai gestori della sanità pubblica fanno paura perché sì probabilmente funzionano meglio, ma ahimè sì senz'altro costano. Noi medici dobbiamo necessariamente tenere presente la differenza economica” fra due prodotti, “e utilizzare l'eventuale variante solo nei casi in cui il paziente abbia difficoltà di mantenimento della terapia con l'altra formulazione farmacologica, ad esempio la difficoltà del paziente ad assumere la forma solida rispetto alla forma liquida”.


Per vedere la puntata clicca qui



02 dicembre 2024
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