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Pma e Covid, virus “nemico” della salute riproduttiva femminile. I risultati di uno studio italiano


Lo studio, pubblicato su “Diagnostic mdpi (2024)”, è stato condotto presso il Centro interaziendale di Pma dell’Aoor Villa Sofia-Cervello di Palermo. I dati mostrano che l’infezione da Sars-CoV-2 potrebbe influire negativamente sulla salute riproduttiva femminile, provocando una riduzione dei valori di AMH (-27,4%) e AFC (-1 follicolo antrale) e un incremento dei livelli di FSH (+13,6%) e LH (+13,4%), sebbene non si sia osservato un effetto sui livelli di E2.

25 OTT - Uno studio italiano su 203 donne, di età compresa tra i 25 ed i 45 anni con diagnosi di infertilità di coppia e storia clinica per SARS- CoV-2 mostra che il virus potrebbe avere un impatto negativo sulla salute riproduttiva delle donne con ricerca procreativa in corso per l’accesso ad un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) rispetto al periodo pre- infezione. Lo studio multicentrico, prospettico e osservazionale dal titolo “COVID-19 and Female Fertility An Observational Prospective Multicenter Cohort Study: Upholding Reproductive Rights in Emergency Circumstances”, è stato pubblicato sulla rivista scientifica “Diagnostic MDPI (2024)” e vede come Principal investigator Giuseppe Gullo, dirigente medico, specialista in Ostetricia e Ginecologia, con incarico di Alta Specializzazione in Medicina della Riproduzione, dell’azienda “Ospedali Riuniti Villa Sofia - Cervello” di Palermo ed è in servizio presso l’UOC di Ostetricia e Ginecologia ( diretta dal prof. Gaspare Cucinella), che è anche sede operativa del Centro Interaziendale di P.M.A, di cui è responsabile il prof. Antonio Perino.

Da Settembre 2022 a Marzo 2024 lo studio ha arruolato 203 donne, di età compresa tra i 25 ed i 45 anni con diagnosi di infertilità di coppia e storia clinica per SARS- CoV-2. Sono state escluse dal trial le donne positive ad altre infezioni virali (HIV, HCV, HBV) e quelle con storia di K (Tumore) ovarico, che hanno subito la rimozione delle ovaie, oppure trattamenti con farmaci gonadotossici (che incidono sulla fertilità). L’obiettivo è quello di comprendere quanto l’infezione da SARS-COV-2 incida sulla salute riproduttiva femminile e sui principali parametri clinico-laboratoristici predittivi di fertilità, cioè i livelli ematici (rilevati nel sangue) degli ormoni FSH (ormone follicolo-stimolante prodotto dall’ipofisi, la cui attività stimola la crescita e la maturazione degli ovuli - follicoli - nelle ovaie); LH (ormone luteinizzante/ prodotto a livello ipofisario), AMH (ormone antimulleriano - espressione della riserva ovarica), E2 (estradiolo) e conta ed AFC (conta ecografica dei follicoli antrali).

Il campione preso in esame è stato sottoposto a dosaggi plasmatici di FSH, LH, Estradiolo e AMH (ormone antimulleriano) ed è stata effettuata una conta follicolare antrale (AFC) prima e dopo l’infezione. Da un punto di vista statistico l’endpoint (tipologia di misurazione dell’esito in uno studio clinico) è stato valutato mettendo a confronto tali parametri post- infezione con quelli registrati pre-infezione. I livelli ematici di AMH sono espressione della riserva ovarica, pertanto una loro riduzione dopo l’infezione da SARS-COV-2 indica un possibile effetto negativo del virus sul potenziale riproduttivo della donna.

“I dati ottenuti dal campione in esame – spiega Giuseppe Gullo - rivelano che l’infezione da SARS-CoV-2 sembra aver influito negativamente sulla salute riproduttiva femminile, provocando una riduzione statisticamente significativa dei valori di AMH (-27,4%) e AFC (-1 follicolo antrale) e un incremento statisticamente significativo dei livelli di FSH (+13,6%) e LH (+13,4%), sebbene non si sia osservato un effetto sui livelli di E2. Si è osservato, inoltre, che alcune variabili: sovrappeso, obesità, endometriosi sembrano essere in grado di modificare l’effetto del virus sulla fertilità femminile (Considerata in termini di riduzione dei livelli ematici di AMH rispetto ai livelli preesistenti). In particolare: è stato osservato come le donne in sovrappeso-obese abbiano risentito maggiormente dell’effetto del virus, rispetto alle pazienti con BMI (Indice Massa Corporea) inferiore a 25. Mentre nelle donne affette da endometriosi il calo dell’AMH è risultato maggiore rispetto alle non affette”.

“Quindi - prosegue Gullo -, la condizione di endometriosi sembra essere capace di accentuare l’effetto del virus (AMH -24% in assenza di endometriosi, -49% in presenza di endometriosi). Il rapporto tra le medie geometriche di AMH post/ pre COVID-19 è risultato pari a 0,76 (ossia -24%) in assenza di endometriosi e a 0,51 (ossia -49%) in presenza di endometriosi. Tale differenza è statisticamente significativa a livello 5%. Per contro, l'età e la condizione preesistente di infertilità non modificano gli effetti del COVID-19 in termini di riduzione dei livelli di AMH”.

“Questo studio - commenta il prof. Antonio Perino, responsabile del Centro Interaziendale di P.M.A tra le voci più autorevoli in materia - apre a significative riflessioni in un periodo storico di inverno demografico, in cui i tassi di natalità, secondo le statistiche, si attestano ai minimi storici, mentre sopravanza l’invecchiamento generale della popolazione con conseguente aumento di malattie croniche e outcome di comorbidità (presenza di più patologie) e mortalità, con notevoli ripercussioni da un lato, sul welfare state (stato sociale - forza lavoro attiva), mentre, dall’altro lato, sul piano dell’organizzazione dell’SSN, relativamente all’ingresso della P.M.A. nei L.E.A. (Livelli Essenziali di Assistenza), rileva il dibattito circa l’introduzione di un tariffario unico per le tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita”.

25 ottobre 2024
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