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Dispositivi medici. Come cancellare il payback in tre mosse, la proposta di Confindustria DM


“Il payback porterà il 58% delle aziende a ricorrere a licenziamenti nei prossimi 4 anni. Necessario agire oggi per rendere sostenibile ed efficiente il Ssn”, spiega il presidente Boggetti. Secondo un’indagine di Confindustria Dm l’incertezza generata dalla norma ha bloccato le assunzioni nel 61% delle aziende, causato licenziamenti (31%), ridotto gli investimenti in R&S (38%), avviato procedure di cassa integrazione (27%) e creato un rischio di insolvenza nel 37%

23 NOV -

Offerta sanitaria programmata per patologia, allocazione delle risorse sulla base dei bisogni di salute, introduzione controllata dell’innovazione.

Sono queste, in sintesi, le tre mosse per arrivare ad una nuova governance del settore dei dispositivi medici e superare il meccanismo del payback, presentate da Confindustria Dispositivi Medici alla XVIII edizione del Forum Risk Management di Arezzo. Proposte che sono confluite nel tavolo di lavoro Gutenberg per una nuova governance dei dispositivi medici composto da esperti del settore.

Una nuova governance che il settore reclama da tempo. Anche perché l’incertezza generata sul payback ha causato una situazione di stallo pericolosa per l’industria innovativa. Parlano chiaro i numeri emersi da un’indagine ah hoc del Centro Studi di Confindustria Dispositivi Medici, presentata ad Arezzo: il 61% delle aziende ha bloccato le assunzioni, mentre il 31% ha ricorso a licenziamenti, 4 aziende su 10 hanno ridotto gli investimenti in ricerca e sviluppo, mentre il 27% ha avviato procedure di cassa integrazione.

“Chiediamo da tempo nuove regole di governance del settore – ha dichiarato il Presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Massimiliano Boggetti – che si basino sulle reali esigenze della popolazione e siano tarati sull’analisi dei fabbisogni per un migliore investimento delle risorse pubbliche nell’interesse dell’intero sistema Paese. Ci auguriamo che il Tar si esprima quanto prima sul payback e che metta in luce l’incostituzionalità di questa norma, aprendo la strada al superamento della stessa”.

Non solo paralisi delle industrie del settore, dall’indagine è emerso che la situazione di incertezza legata alla possibilità di pagare lo sforamento del tetto di spesa delle Regioni, ha anche un impatto diretto sulla sanità pubblica e sulla qualità tecnologica dei dispositivi medici disponibili destinati alla cura del cittadino: è infatti più della metà delle aziende (61%) ad astenersi dalla partecipazione alle gare pubbliche, limitando al mercato privato le soluzioni più avanzate (54%) privando, di fatto, la stragrande maggioranza degli italiani delle migliori tecnologie disponibili e limitando gli investimenti nella formazione della classe medica (54%).

E nel futuro la situazione non migliorerà: di qui al 2028, 8 aziende su 10 limiteranno l’uso di tecnologie avanzate nelle gare italiane, 7 aziende su 10 dichiarano di prevedere di rivolgersi prevalentemente ai mercati esteri e la riduzione delle assunzioni riguarderà il 72% delle imprese.

“Il comparto dei dispositivi medici – ha continuato il Presidente Boggetti – rappresenta uno dei settori con maggiori potenzialità di crescita e capacità di attrarre investimenti esteri. In quanto tale, dovrebbe essere considerato settore di importante rilevanza strategica. Oggi più che mai si rende necessario un cambio di paradigma del sistema salute, tenendo conto delle peculiarità del settore nonché delle evoluzioni attese nel prossimo futuro, attraverso la concretizzazione di una nuova governance fondata su pilastri identitari chiari e ben definiti”.

I tre pilastri delle proposte di Confindustria Dispositivi Medici. Entrando nel dettaglio delle proposte, secondo Confindustria Dispositivi Medici, per superare il payback, guardando sempre alla sostenibilità economica del Ssn, in primis è fondamentale un cambio di approccio nella programmazione dell’offerta sanitaria non più incentrata sulle singole prestazioni ma per patologia. In secondo luogo, la programmazione sanitaria dovrebbe allocare le corrette risorse sulla base dei fabbisogni di salute e non sui tetti di spesa.

Ancora, l’innovazione tecnologica andrebbe valutata attraverso l’Health Technology Assesment, garantendo percorsi accelerati di introduzione dell’innovazione e il public procurement non dovrebbe essere più basato su gare centralizzate al prezzo. Infine, ci dovrebbe essere una rivalorizzazione del ciclo di acquisto misurando i reali impatti sulla salute e sui processi di salute dei beni e dei servizi acquisti.



23 novembre 2023
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