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Cancro seno. Fondo da 20 milioni di euro per i test genomici utilizzato solo per la metà. La call to action di Europa Donna Italia


Questi test possono consentire di migliorare in modo significativo la qualità della vita di molte pazienti e dei loro familiari. In base al risultato del test, la paziente potrebbe evitare la chemioterapia senza che ciò vada a modificare il suo rischio di ritorno di malattia.

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Il decreto 18 maggio 2021 del Ministro della Salute, pubblicato in Gazzetta Ufficiale a luglio 2021, ha reso i test genomici rimborsabili in tutta Italia per le pazienti con tumore del seno in fase iniziale responsivo alle terapie ormonali e negativo per HER2. Questo alla luce dei benefici degli esiti di tali test per questa categoria di pazienti, dimostrati da numerosi studi scientifici. Nel decreto vengono spiegate nel dettaglio le modalità e i requisiti necessari, al fine di accedere al fondo specifico per il rimborso dei test genomici, pari a 20 milioni di euro, stanziato con la legge di bilancio del 2020. Si stima però che nel 2022 ne sia stato effettivamente utilizzato solo la metà. E’ la denuncia di Europa Donna Italia.

Un censimento Regione per Regione, per mettere a punto la mappa aggiornata dei Centri Senologici dove vengono utilizzati i test genomici. Una comunicazione mirata alle Istituzioni delle Regioni meno virtuose, al fine di portare in luce le problematiche e arrivare a una risoluzione. Una call-to-action che coinvolga le Breast Unit sul territorio nazionale, per stimolare una maggiore consapevolezza sui test genomici da parte degli oncologi. Sono le prossime iniziative dell’associazione, messe in campo affinché tutte le pazienti eleggibili possano usufruire dei test genomici.

“Abbiamo seguito passo dopo passo i tavoli di lavoro che hanno portato alla stesura e approvazione del Decreto Ministeriale nel 2021, le questioni burocratiche, le problematiche e ci siamo impegnate mettendo a punto diverse iniziative, verso i luoghi di cura, verso le pazienti e verso le amministrazioni locali “, dichiara Rosanna D’Antona, Presidente Europa Donna Italia. “È basilare, infatti – prosegue - che in caso di tumore al seno, tutte le donne ne siano a conoscenza e che chi ha le caratteristiche stabilite nel DM, ne possa usufruire, cosa che purtroppo ad oggi non accade. Ma è una realtà che deve cambiare: nessuna donna deve essere costretta a rinunciare al test genomico se rientra nei canoni previsti, perché vive nella Regione sbagliata o perché la burocrazia ne ostacola o rallenta l’assegnazione”.

“Le ipotesi del sottoutilizzo dei fondi sono diverse – sottolinea Corrado Tinterri, Docente di Humanitas University di Rozzano, Milano e Direttore Breast Unit Humanitas e Direttore scientifico CTS Europa Donna Italia – probabilmente in origine si stimava un utilizzo in un maggior numero di casi clinici, ma credo che la causa maggiore sia stato il ritardo di implementazione regionale. Resta critico il rimborso extraregionale per le pazienti migrate in altre Regioni per farsi curare, rimborso che era stato contemplato nel Decreto del 2021 ma che spesso non avviene, tutto ciò rende molto difficoltoso usufruirne a scapito delle donne ammalate che non trovano nelle regioni di origine una Rete delle Breast Unit efficace e rispondente a questa esigenza. Credo che rendere operativo e accessibile come Lea il test genomico nei Centri di Senologia in tutte le Regioni italiane, potrebbe garantire equità di cura a tutte le donne italiane che si ammalano di tumore al seno”.

Ma l’elenco delle ipotesi che hanno portato a un utilizzo del 50% dei fondi non si ferma qui. “Il Decreto Ministeriale dà la possibilità di proporre il test genomico a una popolazione di donne molto ampia – chiarisce Lucia Del Mastro, Professore ordinario e Direttore Clinica di Oncologia Medica dell’Ospedale Policlinico San Martino IRCCS, Università di Genova. “Nella pratica clinica però noi oncologi ne prescriviamo meno perché in certi casi le caratteristiche anatomo-patologiche del tumore ci aiutano a capire di per sé senza l’aiuto del test se indirizzare o meno la donna alla chemioterapia. Sicuramente, poi, va considerata la burocrazia che quanto meno nella fase iniziale di applicazione del decreto ministeriale del 2021 ha reso più indaginosa la prescrizione dei test. In Liguria nel 2022, come in molte altre regioni italiane, la percentuale di donne sottoposte al test è stata più bassa rispetto al previsto. Tuttavia, i dati dei primi 6 mesi del 2023 hanno visto un raddoppio dell’utilizzo rispetto all’anno precedente, confermando il superamento degli ostacoli burocratici”.

I 21 sistemi sanitari regionali e provinciali presenti in Italia hanno reso effettiva la legge nazionale (il decreto 18 maggio 2021) con decreti attuativi e l’avvio delle gare d’acquisto. Nel 2022 si sono creati ostacoli burocratici in diverse zone d’Italia che oggi non ci sono più. Ma i numeri parlano chiaro e dicono che qualcosa anche ora non va come dovrebbe, in alcune Regioni. “La media nazionale nel primo semestre 2023 è del 58% – interviene Francesco Cognetti, Presidente della ConFederazione Oncologi Cardiologi Ematologi (Foce) – ma ci sono Regioni che hanno performato molto bene, come la Lombardia con il 77% di test genomici effettuati, il Lazio con il 92% e per contro, altre con numeri deprimenti, come la Calabria con l’1%, il Piemonte, 14%, la Puglia col 33%. Di fronte a questi dati, posso solo fare una riflessione: penso ci sia un problema di consapevolezza anche tra i medici specialisti soprattutto oncologi e penso che le Società scientifiche dovrebbero avviare ed implementare iniziative informative ed educative verso i propri associati al fine di migliorare questo gap perché bisogna porre molta attenzione a questi che sono bisogni primari per tante donne”.

L’utilizzo dei test genomici è anche coerente con quanto viene sancito nell’ambito della medicina difensiva. È un aspetto da non sottovalutare e che potrebbe remare a favore di un potenziamento nell’utilizzo dei test genomici per le donne che ne hanno diritto. “Abbiamo dati solidi a fronte di studi randomizzanti validati, sono inclusi nelle linee guida internazionali e sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale – dice Valentina Guarneri, Professore Ordinario di Oncologia Medica e Direttore della Scuola di Specializzazione in Oncologia Medica, Università di Padova – Certo, non sostituiscono l’esame istologico e neppure la corretta diagnosi, ma rappresentano un’informazione aggiuntiva, fondamentale per la donna perché le può permettere di evitare la chemioterapia, e di tutela per l’oncologo. Un altro aspetto importante è che per la prescrizione dei test genomici è necessaria la discussione nell’ambito del team multidisciplinare e anche questo è una garanzia per il medico e per la paziente”. Il passo successivo? “Sarà l’inserimento dei test genomici nei Livelli Essenziali di Assistenza – conclude Cognetti – Il parere positivo di Foce è stato recepito e si spera che il documento finale sia approvato entro la fine dell’anno. Il provvedimento rappresenterebbe un ulteriore strumento oltre a quelli già menzionati, per potenziare l’utilizzo dei test genomici nelle donne che ne hanno diritto e che se ne possono giovare”.



13 luglio 2023
© Riproduzione riservata

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