Scrivono gli autori: "Questo studio evidenzia che i soggetti immunocompetenti con pregressa infezione da Sars-CoV-2 sviluppano e mantengono nel medio-lungo termine risposte di memoria immunitaria cellulare e umorale. I tassi di reattività delle cellule T e di positività anticorpale non differiscono significativamente da quelli osservati nei vaccinati, confermando e ampliando evidenze recenti" secondo cui le "risposte delle cellule T" sono "altrettanto elevate a seguito di infezione o vaccinazione". I ricercatori suggeriscono che "la combinazione dei test Qfn e Aim può migliorare la valutazione della memoria immunitaria acquisita naturalmente", per effetto della sola infezione, "e permettere la stratificazione" dei guariti "in base a diversi gradi di protezione contro la reinfezione o la ricaduta, che possono richiedere differenti strategie di monitoraggio e vaccinazione".
Già 2 anni fa, nel maggio 2021, insieme al suo team Mazzone aveva firmato una Research Letter su 'Jama Internal Medicine', indicando che a distanza di un anno i tassi di reinfezione nei guariti da Covid erano inferiori all'1%. Dati successivamente confermati da altri gruppi anche su 'The Lancet', ricorda lo specialista. E convalidati adesso dal nuovo lavoro in cui si legge che "questo studio estende ulteriormente, fino a 2 anni, l'evidenza da noi prodotta in precedenza sulla protezione offerta dall'immunità acquisita naturalmente".
Mazzone rammenta inoltre quanto detto da Robert Redfield, ex capo dei Cdc americani, nel dicembre 2021 in un'intervista a 'La Repubblica': per capire chi vaccinare il test degli anticorpi andava fatto ogni 3 o 6 mesi, sosteneva l'esperto fissando delle soglie di sicurezza. "Calcolo il livello minimo di resistenza fra i 300 e i 500 anticorpi senza altre patologie", precisava Redfield, mentre "a quota 1.000 anticorpi si è molto più sicuri" anche in caso di altre malattie concomitanti. Se si va sotto, serve "subito un booster che può riportare" gli anticorpi "fino a circa 2.500 e oltre". Ma se si resta sopra no. "Avremmo evitato gli overtreatment - ragiona Mazzone - avremmo fatto il vaccino a chi doveva farlo e poteva trarne sicuro giovamento".
"Abbiamo sempre sostenuto che i pazienti guariti sviluppano un'immunità solida e che non andavano vaccinati all'inizio della campagna vaccinale. Bisognava aspettare", non si stanca di ripetere il medico, da guarito e da vaccinato regolarmente contro Covid-19, così come richiesto dalle disposizioni sugli operatori sanitari. "Non c'era nessun lavoro di medicina basata sull'evidenza - incalza l'internista, specializzato anche in Immunologia - a dimostrare che vaccinare i guariti dall'infezione avrebbe prodotto loro dei benefici. Nonostante questo, andando persino contro i principi di Galileo, la politica adottò contro la scienza la vaccinazione di tutti". Ora, "a distanza ormai di 3 anni, è arrivato il momento di chiarire alcuni aspetti dell'immunità indotta dal vaccino e dall'infezione. Il nostro studio vuole contribuire a questo", conclude Mazzone. "La lezione per il futuro è che la vaccinazione va mirata. Primum non nocere".