Morte improvvisa giovanile da stress fisico ed emotivo: verso una possibile cura
Uno studio della Fondazione Maugeri evidenzia, per la prima volta, effetti positivi del trattamento condotto con terapia genica su uno dei due geni che causano la CPVT, un’aritmia cardiaca a esordio pediatrico che, in condizione di stress fisico ed emotivo, può portare a morte improvvisa.
30 SET - Un forte spavento, una partita a calcetto, quattro salti con gli amici: la condizione di affaticamento fisico o stress emotivo può essere per alcuni, pochissimi, ragazzini fatale. Almeno per quei soggetti affetti da CPVT (Tachicardia Ventricolare Polimorfa Catecolaminergica): un’aritmia cardiaca genetica che si manifesta in età pediatrica, colpisce 1 persona su 10.000 e porta a perdita di coscienza, arresto cardiaco e morte improvvisa.
Un’indagine preclinica condotta dallo staff del Servizio di Cardiologia Molecolare dell’Istituto Scientifico di Pavia dell’IRCCS Fondazione Maugeri, guidato da Silvia Priori, ha evidenziato, per la prima volta, una possibile terapia genica che consente di ripristinare, in maniera duratura, i deficit causati da uno dei due geni che portano l’insorgere della CPVT. Dopo 12 mesi i topi affetti da malattia, e trattati con terapia genica sviluppata dalla Fondazione Maugeri, hanno risposto positivamente: non si sono verificate aritmie fatali nel 100% dei casi; al contrario, invece, i topi affetti da CPVT ma senza terapia genica hanno sviluppato gravi aritmie. Inoltre, l’analisi del cuore dei topi trattati ha evidenziato che la terapia sviluppata garantisce la correzione di tutte le alterazioni tipiche della malattia, come quelle ultra-strutturali (tra queste la dilatazione delle strutture che immagazzinano calcio nel muscolo cardiaco).
Si tratta del primo approccio di terapia genica per la cura della CPVT che, qualora fosse replicata nell’uomo, consentirebbe di pianificare un eventuale trattamento curativo nel lungo periodo.
In questa indagine lo staff di Priori è intervenuto direttamente sul gene CASQ2 che produce la proteina della calsequestrina; questa sostanza, con la rianodina generata dal gene hRyR2 scoperto nel 2001 dai ricercatori della Maugeri, regola il rilascio di calcio nel cuore garantendo il corretto funzionamento dell’attività elettrica. Alla base della malattia, infatti, vi è un’anomalia nel controllo di questa sostanza a livello cardiaco: in situazioni di stress emotivo e fisico l’organismo produce le catecolamine, ovvero sostanze che favoriscono il rilascio di calcio all’interno delle cellule cardiache permettendo al cuore di contrarsi più in fretta e con maggiore forza. In presenza di alterazioni del gene CASQ2 i livelli di calsequestrina si abbassano provocando un deficit sulla quantità di calcio: è questo il fattore che induce lo sviluppo di aritmie ventricolari spesso fatali.
Come è possibile ripristinare nel cuore la proteina compromessa dalle mutazioni del gene CASQ2 e consentire, in maniera permanente, la regolare attività del muscolo cardiaco? A questa domanda ha risposto lo staff del Servizio di Cardiologia Molecolare della Fondazione Maugeri nello studio condotto con la collaborazione dei ricercatori del Tigem (Telethon Institute for Genetics and Medicine) e dell'Università di Chieti coordinati dal Prof. Feliciano Protasi. Lo studio, pubblicato sulla rivista
Circulation Research, ha raggiunto conferma di efficacia a lungo termine; a fine agosto, inoltre, i risultati dei recenti esperimenti sono stati presentati al Congresso Europeo di Cardiologia.
“Nell’indagine preclinica - spiega Priori, Responsabile dell’U.O. di Cardiologia Riabilitativa e del Servizio di Cardiologia Molecolare dell’Istituto Scientifico di Pavia della Fondazione Maugeri - abbiamo iniettato in un gruppo di topi neonati carenti di calsequestrina il virus contenente il cDNA del gene CASQ2, mentre in un altro gruppo di topi è stato somministrato il virus vuoto. Per fare questo ci siamo serviti del vettore virale (chiamato Virus adenoassociato di serotipo 9) realizzato dallo staff del Prof. Auricchio del Tigem. Si tratta di una tecnologia che utilizza un virus innocuo per l'uomo, precedentemente modificato con l’obiettivo di infettare solo le cellule cardiache. Le conseguenze dell'intervento di terapia genica sono state poi osservate nel tempo dimostrando efficacia terapeutica a 4 mesi dalla iniezione del vettore virale. Oggi, però, dopo 12 mesi, la stessa efficacia terapeutica è ancora presente al 100%. Questo dato è fondamentale perché ci permette di prevedere l’utilizzo di questo approccio anche nell'uomo”.
30 settembre 2012
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