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Schizofrenia. Dall’imaging cerebrale precoce un possibile aiuto per capirne lo sviluppo


Uno studio del Dipartimento di Psicologia della City University of London pubblicato su Schizophrenia Research: Cognition suggerisce che la diagnostica per immagini potrebbe fornire nuovi indizi sullo sviluppo della schizofrenia negli adolescenti. Le aree cerebrali tracciate potrebbero diventare bersaglio di interventi farmacologici per migliorare i sintomi delle persone affette da questa patologia

26 SET -

Un nuovo studio  condotto dal Dipartimento di Psicologia della City University of London e pubblicato online sulla rivista Schizophrenia Research: Cognition, suggerisce che l’imaging cerebrale durante la tarda adolescenza potrebbe aiutare a tracciare le aree cerebrali colpite nella schizofrenia ad esordio precoce (EOS). Queste aree potrebbero poi diventare bersaglio di interventi farmacologici per migliorare i sintomi delle persone affette da questa patologia.

La schizofrenia è un disturbo debilitante con una manifestazione tipica dei sintomi clinici nella prima età adulta, tra la metà e la fine dei 20 anni, che comprende allucinazioni e deliri. Si ritiene che si tratti di un disturbo del neurosviluppo, il che significa che i sintomi sono causati da un cervello che non si è sviluppato normalmente fin dall’infanzia, piuttosto che da un danno subito più tardi nella vita. Sebbene la maggior parte delle persone affette da schizofrenia sviluppi i sintomi in età adulta, esistono rari casi di individui affetti da schizofrenia ad esordio precoce (EOS) la cui patologia debutta prima del 18esimo anno di età e che è tipicamente associata a una progressione dei sintomi peggiore rispetto alla schizofrenia con esordio più tardivo.

La schizofrenia è caratterizzata anche da disturbi cognitivi nei processi esecutivi, come la memoria di lavoro (WM), una memoria utilizzata per contenere una quantità limitata di informazioni in un tempo limitato per consentirne l’utilizzo nell’immediato.


Lo studio “Functional neurodevelopment of working memory in early-onset schizophrenia: A longitudinal FMRI study” ha utilizzato l’imaging cerebrale funzionale, come la risonanza magnetica funzionale (fMRI), per esaminare l’attività cerebrale di 14 persone affette da schizofrenia ad esordio precoce all’età media di 17 anni e poi di nuovo quattro anni dopo, all’età di 21 anni. Come termine di paragone, hanno eseguito fMRI anche su 15 partecipanti sani di età corrispondente.

Sono stati esaminati i cambiamenti nella funzione di varie strutture cerebrali tra le scansioni cerebrali iniziali e finali nel corso dei quattro anni di studio, e se vi fosse una differenza tra i pazienti EOS e i partecipanti sani, abbinati per età. Durante gli esami, i partecipanti hanno anche eseguito test di memoria di lavoro di difficoltà variabile per verificare se vi fossero stati cambiamenti nell’attivazione cerebrale nel tempo e tra i gruppi sottoposti al test e quelli corrispondenti per età.

Lo studio ha rilevato che i cambiamenti funzionali del cervello associati alla memoria di lavoro non differiscono tra i pazienti con schizofrenia a esordio precoce e i partecipanti con sviluppo cerebrale normale nell’arco dei quattro anni presi in esame. Tuttavia, è emerso anche che lo sviluppo della memoria di lavoro è associato a una diffusa riduzione funzionale dell’attività nelle regioni frontotemporali e del giro cingolato del cervello. È stato anche scoperto che la gravità dei sintomi della schizofrenia al momento della misurazione iniziale prediceva i cambiamenti funzionali longitudinali nelle aree frontali, cingolate e parietooccipitali del cervello.

“Questa è la prima indagine fMRI longitudinale sulla memoria di lavoro (WM) che analizza i cambiamenti funzionali del cervello in un campione di pazienti con schizofrenia ad esordio precoce – ha commentato Danai Dima autrice principale dello studio e docente presso il Dipartimento di Psicologia della City University of London – la riduzione dell’attività prefrontale e parietooccipitale è stata colpita dalla presenza clinica dei sintomi. Le implicazioni cliniche dello studio sulla memoria di lavoro nell’EOS sono cruciali per promuovere l’avanzamento di obiettivi farmacologici che potrebbero un giorno alleviare il deterioramento cognitivo nella schizofrenia, per cui attualmente non esistono farmaci efficaci conosciuti”.



26 settembre 2022
© Riproduzione riservata

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