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Speciale ADA. Immunoterapia, una cura per il diabete di tipo 1?

di Maria Rita Montebelli

15 GIU - L’immunoterapia potrebbe essere la nuova frontiera del trattamento del diabete di tipo 1. Sono stati presentati all’ADA i risultati di uno studio di fase I su una terapia a base di linfociti T regolatori autologhi per il trattamento del diabete mellito di tipo I, che ne dimostrano l’efficacia e la safety. Lo studio, finanziato dalla Juvenile Diabetes Research Foundation, è stato condotto dal dottor Stephen Gitelman dell’Università della California di San Francisco e dal dottor Kevan Herold della Yale University. Il nuovo trattamento, messo a punto dalla Neostem, un’azienda specializzata in terapie cellulari, mira a ripristinare un equilibrio immunitario, aumentando il numero e la funzionalità dei linfociti T regolatori (Treg); questo dovrebbe indurre tolleranza immunitaria e quindi preservare la funzione beta pancreatica. Ad essere somministrati sono gli stessi linfociti del paziente, sottoposti però ad un trattamento particolare che prevede il loro isolamento ed espansione, prima di essere reinfusi.
 
La Neostem ha annunciato l’avvio di uno studio di fase 2 su questo prodotto cellulare (definito dalla sigla NBS-03) subito dopo l’estate. I Treg aiutano a mantenere il giusto equilibrio nel sistema immunitario, che si perde nel caso di patologie autoimmuni, quali appunto il diabete di tipo 1. “I risultati positivi di questo studio – afferma il dottor Gitelman – hanno fornito le prove della safety ed efficacia di questa terapia cellulare autologa, mirata a bloccare l’attacco autoimmune contro il pancreas. Alcuni dei pazienti trattati hanno mostrato una stabilizzazione della funzione beta cellulare fino a 24 mesi, dopo il trattamento con i Treg”.
Lo studio ha arruolato 14 pazienti tra i 18  e i 45 anni, con una durata media della malattia di 10 mesi e tutti con ancora conservata una certa produzione di insulina. I pazienti sono stati infusi con il prodotto cellulare contenente Treg espansi circa 500 volte. I Treg infusi raggiungevano le massime concentrazioni plasmatiche a 3-7 giorni ed erano ancora rintracciabili in circolo dopo 6 mesi. In alcuni dei pazienti trattati i livelli di C-peptide pancreatico, un indicatore di funzione beta-pancreatica, si sono mantenuti stabili, rispetto ai livelli basali, per oltre 2 anni.
 
Un altro studio su pazienti in età pediatrica, in pubblicazione sul numero di luglio 2014 di Clinical Immunology, conferma l’utilità di questo approccio. In questo lavoro, Natalia Marek-Trzonkowska, dell’Università di Gdansk (Polonia) ha dimostrato che il trattamento con i Treg autologhi espansi è riuscito a preservare la funzione beta-pancreatica e quindi ridotto il fabbisogno di insulina esogena nella maggior parte dei pazienti trattati. Dopo 12 mesi di follow up, il 66% circa dei bambini trattati erano in remissione, contro il 20% appena dei controlli; due dei bambini trattati con Treg inoltre hanno raggiunto l’indipendenza insulinica completa.
Il trattamento a base di NBS-03 potrebbe essere presto sperimentato anche in altre patologie autoimmuni, quali il lupus, la sclerosi multipla e la graft versus host disease.
 
Maria Rita Montebelli

15 giugno 2014
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